E’ di questi giorni il dibattito in una delle grandi città italiane ed europee a proposito di unioni civili, matrimoni omosessuali, coppie di fatto, poligamia e famiglia secondo la definizione della Carta Costituzionale.
In realtà, sono anni che il tema è nell’agenda politica. Non tanto come effettiva esigenza della società. Basta considerare l’esito nei comuni dove sono stati approntati i registri delle coppie di fatto, praticamente, rimasti in bianco.
La questione, pur non banale, per quel che attiene i diritti delle persone, ha un che di altamente ideologico. Si punta, cioè, ad introdurre e a legittimare attraverso il diritto positivo, l’idea che non esista la famiglia, ma esistano “le famiglie”. Tante quante possono essere le più svariate esperienze affettive. L’amore, purchè compiuta da soggetti consenzienti, nelle molteplici forme in cui si esprime, esige un riconoscimento giuridico. E’ quella che qualcuno definisce la “dittatura del desiderio”. Ogni istinto, ogni sentimento, ogni pur comprensibile rivendicazione deve potersi tradurre in un diritto.
L’attualità del dibattito, mentre è paradossalmente assente ed evasa la richiesta di una sostanziale tutela della famiglia, è solo il frutto più amaro di un processo che da anni sta disancorando l’esperienza umana da ciò che essa ha sempre conosciuto e nella quale è stato possibile costruire il patrimonio di bene su cui stiamo vivendo.
Lorenzo Bertocchi nel suo “Dio & famiglia, analisi di una dissoluzione” (ed. Fede & Cultura, pag. 124 € 10,00) è estremamente efficace nel cogliere le cause più profonde di uno smantellamento culturale e sociale dell’istituto familiare così come l’uomo lo ha conosciuto per secoli.
L’autore con uno stile brillante e incisivo, in poche pagine, nella prima parte del suo lavoro, ci porta alla consapevolezza di uno scontro. Quella in atto è una vera battaglia culturale che ha le sue strategie, i suoi apparati, i suoi mezzi, i suoi maestri. Alcune citazioni sono come degli squarci al torpore della coscienza e a un certo ingenuo modo di intendere, da un lato, la vita politica come pura ratificazione della realtà e non anche come indicazione di un bene comune, dall’altro, di confinare le proprie convinzioni di fede nella riserva del privato senza per ciò stesso che possano essere imposti a chiunque, ma piuttosto ogni posizione abbia la medesima legittimazione.
Il piano culturale è sempre più inclinato e sempre più avvilente è la condizione del protagonista della contesa: la persona umana. E’ alla vita dell’uomo, alla sua dignità e alla percezione del suo immenso destino che è rivolta, ultimamente, l’attacco frontale. La dissoluzione della famiglia è funzionale, come altre realtà, alla frantumazione dell’io. “Si aggredisce – ricorda l’autore – la famiglia per eliminare alla radice la fonte in cui si tramanda la tradizione, quel tesoro di conoscenza in cui ci si vuol emancipare per essere più liberi, in realtà si resta semplicemente senza riferimenti, se non quelli proposti dal potere di turno”. E così, l’uomo rimane sempre più isolato e desolato più facilmente manipolabile dall’inizio della vita fino al tramontare dei suoi giorni.
A fronteggiare questo conflitto che si tiene ormai su ogni fronte del vivere da quello economico, a quello sociale e morale. Bertocchi arruola alcune straordinarie famiglie.
L’antidoto al veleno del nichilismo serpeggiante una cultura di morte, è la santità. E’ la bellezza. E’ uno sguardo buono sulla realtà e sulla vita. Una posizione resa possibile dalla fede in un Dio presente. Alla cultura della dissoluzione, si contrappone la cultura della fiducia nella Provvidenza, della delicatezza degli sposi, della certezza nella prova, del senso della sofferenza, del valore del lavoro…I coniugi Beltrame Quattrocchi, Martin, Bernardini, Morelli, Gheddo e Amendolagine sono le avanguardie di una testimonianza per cui è possibile, anche in un contesto difficile come il nostro (perché i loro tempi tra guerre mondiali, governi liberali e anticlericali, difficoltà economiche, erano forse facili?), vivere la famiglia, le nozze, i figli, il lavoro come qualcosa di straordinario bello e avvincente. E’ così che nella seconda parte del suo saggio, Bertocchi ci conduce a vedere e a conoscere queste coppie alcune delle quali riconosciute dalla Chiesa come beate ed altre le cui storie sono già in cammino verso gli altari. Il suo è un condurci nelle loro case accostandoci come si potrebbero frequentare degli amici. “La famiglia – come suggerisce nella sua prefazione il Vescovo Mons. Negri – rende presente un mondo che la mentalità dominante non può sopportare”. E di fatto la familiarità con queste coppie pone al lettore una scelta come se le pagine lo interpellassero: “come vorresti la tua realtà, cosa desidererebbe il tuo cuore? Una prospettiva come quella tratteggiata nella prima parte o piuttosto qualcosa di simile a quella di queste vicende umane e spirituali?”.
E’ originale e appassionante il modo in cui nell’umile e semplice certezza di Dio, questi uomini e queste donne abbiano preso sul serio l’altezza vertiginosa delle nozze come via alla santità personale e come via di riedificazione dell’io, a partire da quello dei figli, fino a coinvolgere quanti a loro si accostavano. La storia di queste coppie di sposi si nutre della fede in Dio e non sarebbe altrimenti pensabile senza l’adesione a Dio e alla Chiesa che ne è il sacramento della Sua Presenza perché “tra eclissi di Dio e crisi della famiglia c’è un nesso fondamentale”.
Davvero, quella familiare, unitamente alla scelta della castità per il Regno dei cieli, è, tra tutte, l’unica avventura, sempre attuale, che vale la pena vivere avendo piena consapevolezza di realizzare qualcosa di più che non un’unione civile.
fonte: Libertà e Persona
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