venerdì 29 novembre 2019

San Pio X svelò l’inganno della fratellanza universale



dal Numero 44 del 10 novembre 2019

Già all’inizio del XX secolo papa san Pio X smascherava il grande inganno di un nuovo “cristianesimo planetario”, più universale della Chiesa Cattolica, che unisce gli uomini in una fratellanza universale senza Dio, né dogmi, né gerarchia.





di Fra’ Pietro Pio M. Pedalino
Giuseppe Sarto nacque a Riese, nella diocesi di Treviso, il 2 giugno 1835. Dopo l’Ordinazione sacerdotale fu inviato come cappellano nella parrocchia di Tombolo, dove rimase per nove anni; per altri otto svolse il ministero di parroco a Salzano, e successivamente fu nominato canonico e cancelliere della curia vescovile. Nel 1884 venne eletto vescovo della diocesi. Con la sua intensa azione pastorale anticipò, a Mantova, alcune delle linee che avrebbe adottato in seguito come pastore della Chiesa universale: promosse la vita del seminario, la pratica dei Sacramenti, il canto liturgico e l’insegnamento del catechismo. Nel 1888 convocò il Sinodo diocesano. Il 5 giugno 1892 fu chiamato alla sede patriarcale di Venezia e il 3 agosto 1903 fu eletto alla cattedra di Pietro, assumendo il nome di Pio X.

È il pontefice che nel Motu Proprio Tra le sollecitudini (1903) affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile della vita cristiana. Difese con forza l’integrità della Fede cattolica, propose e incoraggiò la Comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica, curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro. Morì il 21 agosto 1914. Pio XII lo beatificò nel 1951 e lo canonizzò nel 1954.

Soprattutto, però, san Pio X è giustamente noto per la lotta implacabile contro il modernismo che caratterizzò decisamente il suo pontificato: «La lucidità e la fermezza con cui Pio X condusse la vittoriosa lotta contro gli errori del modernismo – affermò Pio XII nel discorso di canonizzazione di papa Sarto – attestano in quale eroico grado la virtù della fede ardeva nel suo cuore di santo […]». Al modernismo, che si proponeva un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa, san Pio X opponeva un’autentica riforma che aveva il suo punto principale nella custodia e nella trasmissione della verità cattolica. L’enciclica Pascendi (1907), con cui fulminò gli errori del modernismo, è forse il documento teologico e filosofico più importante prodotto dalla Chiesa Cattolica nel XX secolo.



Eppure papa Sarto è stato anche uno “spirito veggente” capace di scrutare il senso della storia contemporanea offrendone una luce teologica e, soprattutto, cogliendo i gravi segni dei tempi della sua e – a fortiori – della nostra epoca.

Fin dalla sua prima Lettera enciclica E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903, se da una parte san Pio X annunciava il programma del suo pontificato (riassumibile nel motto Instaurare omnia in Christo) dall’altra affrontava, con parole di fuoco, la situazione di confusione e di errori sulla fede nel mondo e della sua perdita da parte di molti nella Chiesa. È in questo contesto che vanno letti e compresi i riferimenti alla figura dell’Anticristo nonché alla sua filosofia, ai suoi inganni, al suo pensiero, al suo modus operandi, già così radicati nel tessuto sociale del tempo da fargli temere che l’uomo empio fosse già presente e all’opera nel mondo…

Nel documento leggiamo parole luminose che vale la pena riportare per esteso:

«Perciò se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: “Rinnovare tutte le cose in Cristo”. Nell’intraprendere e perseguire questa magnifica opera, Venerabili Fratelli, infonde in Noi un grande ardore la certezza di avere in voi tutti degli strenui collaboratori nel realizzare tale impresa. Se ne dubitassimo, dovremmo giudicarvi, a torto, come ignari o indifferenti verso questa nefasta guerra che ora e dovunque è dichiarata e condotta contro Dio. Infatti contro il loro Creatore “le nazioni ebbero fremiti di ribellione e i popoli concepirono idee insensate” [Sal 2,1], e quasi unanime è il grido dei nemici di Dio: “Allontànati da noi” [Gb 21,14]. Perciò si è estinta del tutto nei più la riverenza verso l’eterno Dio, e nella condotta della vita, sia pubblica sia privata, non si tiene in alcun conto il principio della Sua suprema volontà; ché anzi con tutte le forze e con ogni artificio si tende a sopprimere completamente addirittura il ricordo e la nozione di Dio. Chi considera ciò, deve pur temere che questa perversione degli animi sia una specie di assaggio e quasi un anticipo dei mali che sono previsti per la fine dei tempi; e che “il figlio della perdizione”, di cui parla l’Apostolo [2Ts 2,3], non calchi già queste terre. Con somma audacia, con tanto furore è ovunque aggredita la pietà religiosa, sono contestati i dogmi della fede rivelata, si tenta ostinatamente di sopprimere e cancellare ogni rapporto che intercorre tra l’uomo e Dio! E invero, con un atteggiamento che secondo lo stesso Apostolo è proprio dell’“Anticristo”, l’uomo, con inaudita temerità, prese il posto di Dio, elevandosi “al di sopra di tutto ciò che porta il nome di Dio”; fino al punto che, pur non potendo estinguere completamente in sé la nozione di Dio, rifiuta tuttavia la Sua maestà, e dedica a se stesso, come un tempio, questo mondo visibile e si offre all’adorazione degli altri. “Siede nel tempio di Dio ostentando se stesso come se fosse Dio” [2Ts 2,2]. Ma nessuno sano di mente può mettere in dubbio l’esito della battaglia condotta dai mortali contro Dio. È concesso infatti all’uomo, che abusa della propria libertà, di violare il diritto e l’autorità del Creatore dell’universo; tuttavia è da Dio che dipende sempre la vittoria: ché anzi è tanto più prossima la sconfitta, quanto più l’uomo, sperando nel trionfo, si ribella con maggiore audacia. Dio stesso ci ammonisce nelle Sacre Scritture: “Chiude gli occhi sui peccati degli uomini” [Sap 11,24] come fosse immemore della propria potenza e della propria maestà [Sal 77,65], ma poi, dopo questo apparente ripiegamento, “risvegliandosi come un potente inebriato dal vino, spezzerà le teste dei suoi nemici” [Sal 77,22] affinché tutti sappiano “che Dio è re di tutta la terra” [Sal 46,8] e “perché le genti comprendano che sono soltanto uomini” [Sal 9,20]».

Sette anni più tardi il grande Pontefice rincarava la dose e, affrontando più nello specifico il tema dell’inganno religioso ad opera di certi cattolici che proponevano una nuova cristianità senza dogmi né culto al vero ed unico Dio (1), smascherava il grande inganno di un nuovo “cristianesimo planetario” al di fuori della Chiesa unente gli uomini in una fratellanza universale edificabile senza Dio. È la grande impostura religiosa che oggi vediamo pienamente e palesemente proposta.

San Pio X, già allora, la anatematizzava con queste audaci parole:

«Ma sono ancora più strane, nello stesso tempo spaventose e rattristanti, l’audacia e la leggerezza di spirito di uomini che si dicono cattolici, che sognano di rifare la società in simili condizioni e di stabilire sulla terra, al di sopra della Chiesa Cattolica, “il regno della giustizia e dell’amore”, con operai venuti da ogni parte, di tutte le religioni oppure senza religione, con o senza credenze, purché dimentichino quanto li divide, le loro convinzioni religiose e filosofiche, e mettano in comune quanto li unisce, un “generoso idealismo” e forze morali prese “dove possono”. Quando si pensa a tutto quanto è necessario in forze, in scienza, in virtù soprannaturali per istituire la città cristiana, e alle sofferenze di milioni di martiri, e alle illuminazioni dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e alla dedizione di tutti gli eroi della carità, e a una potente gerarchia nata dal Cielo, e ai fiumi di grazia divina, e il tutto edificato, collegato, compenetrato dalla Vita e dallo Spirito di Gesù Cristo, la Sapienza di Dio, il Verbo fatto uomo; quando si pensa, diciamo, a tutto questo, si è spaventati nel vedere nuovi apostoli intestardirsi a fare di meglio mettendo in comune un vago idealismo e virtù civiche. Che cosa produrranno? Che cosa sta per uscire da questa collaborazione? Una costruzione puramente verbale e chimerica, in cui si vedranno luccicare alla rinfusa e in una confusione seducente le parole di libertà, di giustizia, di fraternità e di amore, di uguaglianza e di umana esaltazione, il tutto basato su una dignità umana male intesa. Si tratterà di un’agitazione tumultuosa, sterile per il fine proposto e che avvantaggerà gli agitatori delle masse meno utopisti […]. Temiamo che vi sia ancora di peggio. Il risultato di questa promiscuità nel lavoro, il beneficiario di quest’azione sociale cosmopolitica, può essere soltanto una democrazia che non sarà né cattolica, né protestante, né ebraica; una religione […] più universale della Chiesa Cattolica, che riunirà tutti gli uomini divenuti finalmente fratelli e compagni, nel “regno di Dio”. […]. L’instaurazione di una chiesa universale, che non avrà né dogmi, né gerarchia, né regole per lo spirito, né freno per le passioni, e che, con il pretesto della libertà e della dignità umana, ristabilirebbe nel mondo, qualora potesse trionfare, il regno legale dell’astuzia e della forza, e l’oppressione dei deboli, di quelli che soffrono e che lavorano».

NOTA

1) Notre charge apostolique, Roma, 25 agosto 1910.












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