giovedì 17 ottobre 2024

Può esistere la coscienza senza cervello?


Nella traduzione di Chiesa e post-concilio, di Antonio Marcantonio, da The Epoch Times. Gli scienziati hanno dedicato innumerevoli sforzi alla ricerca dell’elusivo correlato anatomico della coscienza. Ciononostante, le origini e la collocazione di quest’ultima restano poco chiare. L'articolo illustra le scoperte che consentono ipotesi interessanti.



Dr. Yuhong Dong, medico, e Makai Allbert
28 settembre 2024, aggiornato il 5 ottobre 2024


Questa è la prima parte di “Da dove viene la coscienza?”

Questa serie di articoli analizza le ricerche svolte da rinomati medici per sviscerare questioni profonde sulla coscienza, sull’esistenza e su cosa possa trovarsi al di là di esse.
“Come neurochirurgo, mi è stato insegnato che il cervello crea la coscienza”, ha affermato il Dr. Eben Alexander, che ha scritto in dettaglio sui suoi studi sulla coscienza di persone in coma profondo.

È probabile che a molti dottori e studenti di medicina sia stata insegnata la stessa cosa sulla coscienza. Ma gli scienziati stanno ancora dibattendo se questa teoria sia vera.


Si immagini un bambino che osserva un elefante per la prima volta. La luce si riflette sull’animale ed entra negli occhi del bambino. I fotorecettori retinici nella parte posteriore dei suoi occhi convertono la luce in segnali elettrici, che viaggiano attraverso il nervo ottico fino alla corteccia cerebrale. Ciò forma la visione o coscienza visiva.

Come fanno questi segnali elettrici a trasformarsi miracolosamente in una vivida immagine mentale? Come si trasformano nei pensieri del bambino, seguiti da una reazione emotiva: “Wow, l’elefante è così grande!”?

Nel 1995, la questione di come il cervello generi percezioni soggettive, tra cui immagini, sentimenti ed esperienze, è stata definita dallo scienziato cognitivo australiano David Chalmers un “hard problem”, un “problema difficile”. A quanto pare, avere un cervello potrebbe non essere un prerequisito per la coscienza.


‘Senza cervello’ ma non senza mente


The Lancet ha riportato il caso di un francese a cui è stato diagnosticato un idrocefalo postnatale, ovvero un eccesso di liquido cerebrospinale sul cervello o attorno ad esso, all’età di 6 mesi.

Nonostante le sue condizioni, è cresciuto sano, si è sposato, è diventato padre di due figli e ha lavorato come dipendente pubblico.

All’età di 44 anni, è andato dal medico a causa di una lieve molestia alla gamba sinistra. I dottori gli hanno esaminato attentamente la testa e hanno scoperto che il suo tessuto cerebrale era quasi completamente scomparso. La maggior parte dello spazio all’interno del suo cranio era pieno di liquido, con solo un sottile strato di tessuto cerebrale.

“Il cervello era praticamente assente”, ha scritto l’autore principale dello studio del caso, il Dr. Lionel Feuillet, del Dipartimento di neurologia dell’Hôpital de la Timone.



Didascalia dell'immagine: The Lancet ha riportato il caso di un dipendente pubblico francese a cui è stato diagnosticato un idrocefalo postnatale all’età di 6 mesi. Successivamente, una risonanza magnetica ha rivelato un ingrossamento massiccio dei ventricoli laterali, terzo e quarto, un mantello corticale molto sottile e una cisti nella fossa posteriore.

La corteccia cerebrale normale è responsabile dei sensi e del movimento, mentre l’ippocampo è responsabile della memoria. I pazienti con idrocefalo perdono queste regioni cerebrali o ne hanno un volume significativamente inferiore, ma possono comunque svolgere funzioni correlate.

Anche senza un cervello sostanziale, queste persone possono avere una funzione cognitiva superiore alla media.

Il professor John Lorber (1915–1996), neurologo dell’Università di Sheffield, ha analizzato più di 600 casi di bambini con idrocefalo. Ha scoperto che metà di circa 60 bambini con il tipo più grave di idrocefalo e atrofia cerebrale aveva un QI superiore a 100 e conduceva una vita normale.

Uno di loro, uno studente universitario, aveva ottimi voti, una laurea con lode in matematica, un QI di 126 ed era socialmente normale. Il cervello di questo genio della matematica aveva lo spessore di 1 millimetro, mentre quello di una persona media è solitamente di 4,5 centimetri, ovvero 44 volte più grande.




Didascalia dell'immagine: L’analisi di oltre 600 casi di bambini con idrocefalo ha rivelato che, dei 60 casi in cui il fluido occupava il 95 percento del cranio, circa 30 avevano un QI superiore alla media. Il lato destro della figura illustra l’immagine del cervello di uno studente universitario con un cervello spesso 1 mm, che aveva un QI di 126, il che lo colloca nel 5 percento più alto della fascia più alta della popolazione. Le scoperte di Lorber sono state pubblicate sulla rivista Science nel 1980 con il titolo “Il tuo cervello è davvero necessario?”

Il cervello invisibile

“Quel che importa di più della scoperta Lorber è che questi ha fatto una lunga serie di scansioni sistematiche piuttosto che analizzare solo aneddoti”. Patrick Wall (1925-2001), professore di anatomia all’University College di Londra, è stato citato in un articolo di Roger Lewin, pubblicato su Science nel 1981, in cui si parlava dell’articolo di Lorber.

I casi di persone senza cervello sfidano gli insegnamenti convenzionali secondo cui la struttura cerebrale sarebbe la base per generare la coscienza. Il nostro cervello, che pesa circa tre libbre e che possiede circa due miliardi di neuroni collegati da circa 500 trilioni di sinapsi, è la vera fonte della coscienza?

Alcuni scienziati hanno proposto che siano strutture profonde e invisibili all’interno del cervello a spiegare la normale funzione cognitiva, anche con grave idrocefalo. Queste strutture potrebbero non essere facilmente visibili nelle scansioni cerebrali convenzionali o a occhio nudo. Tuttavia, il fatto che non siano immediatamente evidenti non significa che non esistano o non siano importanti per il funzionamento del cervello.

“Per centinaia di anni i neurologi hanno dato per scontato che tutto ciò che è loro caro sia eseguito dalla corteccia, ma potrebbe anche darsi che le strutture profonde del cervello svolgano molte delle funzioni che si presume siano di esclusiva competenza della corteccia”, ha commentato Wall nell’articolo del 1981.

Queste ignote strutture profonde ”sono senza dubbio importanti per molte funzioni”, ha affermato il neurologo Norman Geschwind (1926-1984) del Beth Israel Hospital, affiliato all’Università di Harvard, nell’articolo del 1981.

Inoltre, le strutture profonde “sono quasi certamente più importanti di quanto si pensi attualmente”, ha affermato David Bowsher, professore di neurofisiologia presso l’Università di Liverpool nel Regno Unito, nello stesso articolo.

La fonte della coscienza potrebbe esistere in regni che dobbiamo ancora esplorare. Quando le teorie mediche non riescono a risolvere un mistero, la fisica potrebbe intervenire con un colpo di scena, in particolare la fisica quantistica.


Oltre i neuroni


“Per comprendere la coscienza, non possiamo semplicemente osservare i neuroni”, ha detto a The Epoch Times il Dr. Stuart Hameroff, direttore del Center for Consciousness Studies presso l’Università dell’Arizona.

Anche organismi unicellulari come il paramecio mostrano comportamenti intenzionali come nuotare, evitare ostacoli, accoppiarsi e, cosa importante, imparare, senza avere una singola sinapsi o far parte di una rete neurale.



Didascalia dell'immagine: Persino organismi unicellulari come il paramecio mostrano comportamenti intenzionali come nuotare, evitare ostacoli, accoppiarsi e imparare, senza avere una singola sinapsi o essere parte di una rete neurale. Lebendkulturen.de/Shutterstock


Secondo Hameroff, questi comportamenti intelligenti, forse coscienti, sono mediati dai microtubuli all’interno del paramecio. Gli stessi microtubuli si trovano nei neuroni del cervello e in tutte le cellule animali e vegetali.

I microtubuli, come suggerisce il nome, sono tubi minuscoli che si trovano all’interno delle cellule. Svolgono ruoli essenziali nella divisione cellulare, nel movimento e nel trasporto intracellulare e sembrano essere i portatori di informazioni nei neuroni.

Le proteine che compongono i microtubuli (tubulina) sono “le proteine più diffuse o abbondanti in tutto il cervello”, ha detto Hameroff a The Epoch Times. Egli ipotizza che i microtubuli siano attori chiave nella coscienza umana.

“Perché [quando] si guarda all’interno dei neuroni, si vedono tutti questi microtubuli, che si trovano in un reticolo periodico, perfetto per l’elaborazione delle informazioni e delle vibrazioni”, ha affermato Hameroff.

Grazie alle loro proprietà, i microtubuli funzionano come antenne. Hameroff afferma che servono come “dispositivi quantistici” per trasdurre la coscienza da una dimensione quantistica.


Dispositivi quantistici

Il fisico, matematico e premio Nobel britannico Sir Roger Penrose e Hameroff hanno formulato una teoria secondo cui i processi quantistici generano la coscienza.

Il termine “quanto” si riferisce a una minuscola unità di energia o materia a livello microscopico. Le sue caratteristiche uniche possono aiutarci a comprendere molte cose che la scienza attuale non riesce a spiegare.

In parole povere, i microtubuli agiscono come un ponte tra il mondo quantistico e la nostra coscienza. Prendono i segnali quantistici, li amplificano, li organizzano e in qualche modo, attraverso processi che non comprendiamo appieno, li trasformano nei sentimenti, nelle percezioni e nei pensieri che costituiscono la nostra consapevolezza cosciente.

I microtubuli possono spiegare fatti sconcertanti sul cervello. Hameroff postula che il cervello degli individui nati con idrocefalo possa adattarsi poiché i loro microtubuli controllano la neuroplasticità e riorganizzano il tessuto cerebrale.
“Quindi, col tempo, i microtubuli che si trovano in quel cervello si adattano e si riorganizzano per sostenere la coscienza e la cognizione”, ha affermato. Pertanto, secondo Hameroff, i nostri cervelli funzionano come elaboratori di informazioni, ricevendo segnali dall’universo e trasformandoli in coscienza.

Il cervello elabora le informazioni su più scale, ciascuna delle quali vibra a frequenze diverse. Le onde cerebrali oscillano lentamente a 0,5–100 hertz (Hz). I singoli neuroni si attivano più velocemente, a 500–1000 Hz. All’interno dei neuroni, i microtubuli vibrano molto più velocemente, nell’ordine dei megahertz. Alla più piccola scala quantistica, le frequenze raggiungono livelli incredibilmente alti, teoricamente fino a 10^43 Hz.

Didascalia dell'immagine: Secondo il neuroscienziato Hameroff e il premio Nobel Sir Roger Penrose, i nostri cervelli fungono da elaboratori di informazioni, ricevendo segnali dall’universo e trasformandoli in coscienza. I microtubuli, le proteine più abbondanti nei neuroni, possono fungere da ponte per trasfondere le onde dal mondo quantistico nei nostri cervelli. Quando queste ultime sono elaborate nel cervello, si genera la coscienza.


Anche altri scienziati stanno usando teorie quantistiche alternative per spiegare le attività mentali. Uno studio pubblicato su Physical Review E mostra che le vibrazioni nelle molecole lipidiche all’interno della guaina mielinica possono creare coppie di fotoni aggrovigliati quantisticamente. Ciò suggerisce che questo aggrovigliamento quantistico potrebbe aiutare a sincronizzare l’attività cerebrale, fornendo intuizioni sulla coscienza.


Un’orchestra quantistica

“Piuttosto che un computer di semplici neuroni, il cervello è un'orchestra quantistica”, ha spiegato Hameroff, “perché ci sono risonanze, armonie e soluzioni su frequenze diverse, proprio come nella musica. E [quindi] penso che la coscienza sia più simile alla musica che a un calcolo”.

La scienza è in continua evoluzione. Lo studio della coscienza è ancora un’area di ricerca e dibattito attivi nella neuroscienza e nella filosofia.

Tuttavia, ogni nuova scoperta apre nuove possibilità. Mentre continuiamo a esplorare questi misteri, restiamo curiosi e mentalmente aperti.

Successivamente, tratteremo i resoconti pubblicati da medici su riviste di alto livello, che offrono maggiori approfondimenti sulla natura e l’origine della coscienza.









Un nuovo Decalogo per una nuova Chiesa





Martedì 15 ottobre 2024, alle ore 21,00, è andato in onda su diversi canali YouTube tra cui il nostro, un incontro sul Sinodo, guidato da Julio Loredo e con la presenza di Stefano Fontana. Riportiamo qui sotto il video integrale dell’incontro e un breve testo in cui vengono riprese e fissate le principali cose dette da Fontana.

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Di Stefano Fontana, 16 Ott 2024

La nuova sinodalità va intesa come l’esito finale dell’assunzione nella Chiesa di elementi del modernismo. In questo senso i suoi presupposti non nascono certo oggi con il Sinodo sulla sinodalità in corso d’opera.

Con modernismo indichiamo la corrente di pensiero eretica che ha assunto i principi filosofi della modernità e li ha pian piano introdotti nella teologia cattolica e nella vita della Chiesa. Questi principi filosofici atei erano stati anticipati dalla Riforma protestante, che ha influenzato in modo decisivo la modernità filosofica e poi anche la teologia cattolica. Il principale principio del modernismo filosofico e teologico è le priorità e centralità della coscienza. Ciò avviene in campo filosofico, ove si sostiene che prima di tutto noi conosciamo le nostre idee e poi la realtà, in campo morale, ove si sostiene che la coscienza non si limita ad applicare la norma ma contribuisce a formularla, in campo teologico e religioso con l’idea che la rivelazione avvenga nella coscienza.

Ora, la coscienza – si dice – cambia e si evolve. Di conseguenza questo nuovo inizio introduoce nella visione cattolica il tema della storia. La filosofia dell’essere che non muta viene sostituita con la filosofia del divenire, ossia del cambiamento. La coscienza, così, si evolve nel tempo e cambia nelle diverse situazioni storiche che si vengono a vivere.

La coscienza viene posto come nuovo inizio in quanto coscienza storica, ossia coscienza situata in un contesto, a partire dal quale formula le sue conoscenze e prende le sue decisioni. Non esistono più quindi conoscenze vere poste al riparo dal tempo che passa e dalle situazioni particolari in cui si trova la nostra coscienza. Non c’è più un mondo di essenze, si potrebbe dire dal punto di vista filosofico, ma solo un mondo di esistenze. Capita così che gli stessi dogmi della fede cattolica vengano considerati come storici e la rivelazione venga intesa come dinamica ed evolutiva, soggetta a sempre nuove interpretazioni.

La Tradizione, quella con la T maiuscola, viene ora considerata come una serie di interpretazioni di interpretazioni, come la sedimentazione delle interpretazioni che la Chiesa ha dato fin dai tempi apostolici dell’evento cristiano, in dipendenza delle varie situazioni storiche in cui si è venuta a trovare: la fede ai tempi del concilio di Trento non può essere la fede di oggi. 

Le situazioni della vita non sono più viste come occasioni di applicazione di una dottrina ricevuta, alla luce della quale illuminarle per poterle decifrare nei loro significati sia naturali che soprannaturali. Le situazioni della vita ora valgono come punti di vista necessari per comprendere costruttivamente e non passivamente la tradizione nel suo vero senso, che non è dato una volta per tutte. 

Il luogo teologico per eccellenza non è più solo la fede apostolica, come sempre si era ritenuto, perché anche quella era una interpretazione debitrice di una certa situazione oggi superata. La cosiddetta lettura dei “segni de tempi” pretende oggi di considerare questi ultimi, vale a dire gli eventi storici contemporanei, come espressivi della tradizione e co-produttori della dottrina.

Ho fatto questa lunga premesse perché la nuova sinodalità vuole realizzare questa impostazione, proponendosi come questo camminare insieme nella storia nella consapevolezza che, date le premesse viste sopra, da questa prassi collettiva emergeranno nuovi suggerimenti dello Spirito. La Chiesa non è più vista come avente alle spalle la luce della Tradizione, intesa come un deposito di verità certe e definitive che il magistero ha poi fissato in formule concettuali da intendersi in quel modo e in nessun altro. Essa è vista come una realtà che scopre se stessa in un processo di progressiva e storica autocoscienza, una realtà che continuamente rivive nella propria coscienza le verità frutto delle precedenti esperienze storiche, verità che quindi subiscono una evoluzione incessante e inconclusa.

Date queste premesse si comprende allora coma la Chiesa sinodale abbia proposto addirittura dei nuovi peccati, un nuovo decalogo. Questo è successo nella Liturgia penitenziale in Vaticano, presente Francesco, il giorno precedente l’apertura della seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità all’inizio di ottobre. Tre osservazioni vanno qui considerate. 

La prima è, come appena visto, che si sono formulati dei peccati “nuovi”, come quello contro la pace, contro le donne, contro l’ambiente, contro le immigrazioni e contro la sinodalità. Se si assume un paradigma storico o storicistico legato al tempo, questo diventa logico. Saranno i tempi a indicare i nuovi peccati. 

La seconda osservazione è che tutti questi peccati sono stati presi dalla situazione di oggi, quindi la loro fonte è sociologica e non teologica. 

Terza osservazione: siccome le dinamiche emergenti in una società in un certo momento sono volute e pianificate dai diversi poteri che in essa agiscono, quei peccati sono tutti contro le narrazioni del potere costituito, sono tutti peccati ideologici, stabiliti dal potere vigente. Quindi, ricapitolando: sono peccati nuovi, sono peccati sociologici e sono peccati ideologici. Ossia sono completamente fuori della visione realistica della ragione umana e dalla vita della Chiesa.

Dato poi che dirigo un Osservatorio sulla Dottrina sociale della Chiesa, non posso fare a meno di considerare il grave problema dei nuovi peccati anche da questo punto di vista. La DSC ha bisogno estremo della nozione di peccato, sul quale essa stessa – negativamente – si fonda. 

Innanzitutto, ha bisogno della dottrina del peccato delle origini. Oggi le ideologie della modernità lo hanno abolito e sostituito con la politica, ma lo hanno abolito anche i teologi cattolici. Questa dottrina, insegnava Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, è di grande importanza per considerare e valutare le sorti dell’uomo nella vita sociale e politica, se non altro perché lo mette al riparo dalle proposte di paradisi in terra che si rivelano disumani. Senza il peccato la società non è più realisticamente comprensibile, perché l’uomo finirebbe per avere o troppa o nessuna fiducia in se stesso. La DSC ha conferito ai dieci comandamenti un valore pubblico e ha costruito i propri principi su di essi e, quindi anche – in via negativa – sui peccati ad essa contrari. La DSC, quindi, non può cambiare i propri punti di riferimento a questo proposito.

Inoltre, i nuovi peccati previsti dalla nuova sinodalità, oltre che nuovi, sociologici e ideologici, sono confusi e quindi completamente inadatti a guidare l’azione. Ogni peccato deve indicare l’atto materiale in cui esso consiste. Così, per esempio, il furto è l’appropriazione di una cosa altrui o l’omicidio è l’uccisione dell’innocente. Ma i nuovi peccati non indicano nessun preciso comportamento materiale. Se si prende il peccato “non rubare” si aprono moltissime applicazioni ispirate alla DSC che riguardano l’economia, il lavoro, il salario, il fisco… Ma se si prende il “peccato” contro gli immigrati quali indicazioni ispirate alla DSC se ne possono trarre? Per questo motivo oggi la Chiesa sta affrontando i temi dell’immigrazione, della sanità e del vaccinisno, del gender senza più alcun riferimento alla DSC.






Regno Unito, sentenza shock: pregare in silenzio contro l’aborto è reato



Adam Smith Connor, processato per aver violato una zona cuscinetto di una clinica per aborti, è stato dichiarato colpevole e condannato con sospensione condizionale della pena per due anni e a un pagamento di 9mila sterline. È la prima volta nel Regno Unito che viene riconosciuto un crimine di pensiero.




LA SENTENZA

Vita e bioetica




«Sono tranquillo, ma anche molto deluso e molto triste per il mio Paese. È la prima condanna per crimini di pensiero nella storia britannica». Così Adam Smith-Connor ha commentato al telefono con la Bussola la sentenza con cui il giudice distrettuale del tribunale di Poole (Inghilterra), Orla Austin, ieri lo ha giudicato colpevole di preghiera silenziosa. Il giudice gli ha anche ordinato di pagare 9.000 sterline di spese processuali e gli ha concesso due anni di libertà condizionata, il che significa che sarà condannato solo in caso di altri reati entro i prossimi due anni.

Smith-Connor, ex veterano dell'esercito e padre di due figli, ha violato un ordine di protezione degli spazi pubblici (PSPO) pregando da solo, secondo la sentenza del 16 ottobre. Il giudice ha scritto che Smith-Connor non è riuscito «senza una ragionevole scusa a rispettare un requisito del PSPO, in particolare non ha lasciato l'area richiesta quando gli è stato chiesto da un funzionario autorizzato». In tribunale, gli avvocati difensori di Smith-Connor hanno sostenuto che i pensieri, le convinzioni e le opinioni di preghiera non costituiscono un reato, soprattutto perché egli si trovava pacificamente e in silenzio su una strada pubblica e dava le spalle alla struttura.

La "zona cuscinetto" intorno alla clinica British Pregnancy Advisory Service di Ophir Road, in Bournemouth, è stata introdotta nell'ottobre 2022. È attiva dalle 7 alle 19 dal lunedì al venerdì e vieta attività quali proteste, molestie, consulenza e preghiera ai sensi dei due articoli 4a e 4g del PSPO. Il verdetto contro Adam si basa su un'interpretazione estensiva dell'articolo 4a, che proibisce: “Protestare, cioè impegnarsi in un atto di approvazione/disapprovazione o in un tentativo di approvazione/disapprovazione, in relazione a questioni legate ai servizi di aborto, con qualsiasi mezzo. Ciò include, ma non si limita a, mezzi grafici, verbali o scritti, preghiera o consulenza”.

Per il giudice la preghiera silenziosa dietro un albero rientra in questa disposizione legale, ma comprensibilmente Smith-Connor continua a sostenere la propria innocenza. Egli afferma che nessuna delle attività descritte nella legge descrive le sue azioni del 24 novembre 2022 per le quali è stato condannato. «Oggi è un giorno buio e pericoloso per la nostra nazione - ha detto Smith-Connor alla Bussola -. Il governo ha decretato la possibilità di entrare nella mente delle persone e di indagare sui loro pensieri. Spero che il mio verdetto di colpevolezza svegli le persone su ciò che sta accadendo in Gran Bretagna».

Il giudice ha messo in evidenza le prove fornite alla corte contro Smith-Connor, tra cui le e-mail che aveva scritto al locale Comune dichiarando il suo piano di pregare per suo figlio Jacob, morto in un aborto 22 anni fa, e per coloro che soffrono di aborto vicino alla clinica British Pregnancy Advisory Service (BPAS) di Bournemouth; che stava consapevolmente pregando all'interno di una zona cuscinetto; che aveva la testa china e le mani giunte in preghiera. Il giudice Austin ha quindi scritto nella sua sentenza: «Ritengo che l'imputato potesse essere visto da chi si trovava nella zona, che fosse impegnato nella preghiera e che la sua condotta sarebbe stata percepibile da un osservatore». Questi «atti di disapprovazione relativi alle attività della clinica» hanno violato la zona cuscinetto. Le azioni di Smith-Connor, a suo avviso, erano «deliberate».

Dopo la sentenza, Jeremiah Igunnubole, consulente legale di ADF (Alliance Defendig Freedom) UK, che ha assunto la difesa di Smith-Connor, ha definito la sentenza una «svolta legale di proporzioni immense». «Un uomo è stato condannato oggi a causa del contenuto dei suoi pensieri - le sue preghiere a Dio - sulle strade pubbliche dell'Inghilterra», ha detto Igunnubole. «Non possiamo certo cadere più in basso nel nostro abbandono delle libertà fondamentali di parola e di pensiero».

«Se il pensiero diventa un crimine, allora siamo entrati nel regno della polizia del pensiero e della discriminazione di coloro che hanno un credo religioso, e questo dovrebbe preoccupare ogni persona di buona volontà, indipendentemente dalla sua fede o dal lato del dibattito sull'aborto in cui si trova», ha dichiarato Isabel Vaughan-Spruce, direttrice della Marcia per la Vita del Regno Unito. Nel 2023 è stata dichiarata non colpevole di accuse simili dalla Corte di Birmingham e recentemente ha ottenuto un risarcimento dopo che gli agenti di polizia l'hanno arrestata per aver pregato vicino a una clinica abortista.

Smith-Connor intende appellarsi alla sentenza. Nel frattempo, ha raggiunto un accordo giudiziario per pagare al Comune di Bournemouth e Poole la multa di 9000 sterline in rate mensili da 250 sterline per i prossimi tre anni. In realtà, una volta pronunciato il verdetto di colpevolezza, la disputa sulle spese legali ha occupato la maggior parte delle tre ore dell'udienza. Il King's Council, che rappresentava il Comune, ha cercato senza successo di far ricadere su Alliance Defending Freedom (ADF) le spese legali di 100.000 sterline, che il Comune dovrà ora pagare nonostante non disponga di denaro a causa della sua insolvenza.

L'investimento sproporzionato per riscuotere una multa da 100 sterline ha provocato la reazione dell'ex membro del Parlamento britannico Miriam Cates. «Questo non è "1984", siamo nel 2024: nessuno dovrebbe essere processato per i semplici pensieri che ha in mente - ha detto la Cates - È oltraggioso che il consiglio comunale stia investendo i fondi dei contribuenti per perseguire un crimine del pensiero in un momento in cui le risorse sono ridotte al minimo».

L'eco di questa sentenza scioccante ha raggiunto anche il Parlamento britannico. Sir Edward Leigh, “Padre della Camera dei Comuni”, cioè il più anziano membro del Parlamento, ha espresso il suo sdegno per la sentenza: «È vergognoso che in Gran Bretagna, nel 2024, qualcuno possa essere processato per aver pregato in silenzio nella sua testa», ha detto Leigh. «Purtroppo, abbiamo assistito a ripetuti casi di libertà di parola minacciata nel Regno Unito quando si tratta di esprimere il proprio credo cristiano. Offrire una preghiera in silenzio nel profondo del cuore non può essere un reato. Il governo deve chiarire con urgenza che la libertà di pensiero è protetta come diritto umano fondamentale».






mercoledì 16 ottobre 2024

Il metodo Zen e i preti che si perdono


Leggere il nuovo libro del cardinale Zen sulla Chiesa, una catechesi semplice ed essenziale, fa capire l'errore di quei preti e laici, molto social, che disconoscono papa Francesco privilegiando le proprie ragioni e disorientando molti fedeli.


CHIESA

Editoriali 



Riccardo Cascioli, 16-10-2024

«Nel corso della storia molti papi e vescovi hanno fatto soffrire dei santi, ma questi non hanno dubitato dell’autorità di questi papi e vescovi. In questo possiamo distinguere i santi dalla gente comune». Così si esprime il vescovo emerito di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, nel suo ultimo libro che sta per uscire in libreria, Una, santa, cattolica, apostolica (Edizioni Ares). Non si riferisce specificamente ai casi di questi ultimi tempi il cardinale Zen, ma coincidenza vuole che il libro venga messo in circolazione proprio nei giorni in cui ancora un prete decide che papa Francesco non è mai stato Papa e che quindi non celebrerà più la Santa Messa in unione con lui, e presumiamo neanche con il vescovo di pertinenza visto che da Francesco è stato nominato.

Si tratta di un sacerdote carmelitano, padre Giorgio Maria Farè, che ha una certa notorietà sui canali social e un bel numero di fedelissimi, ma il suo caso è per noi ancor più doloroso visto che ha collaborato anche con la Bussola su temi di spiritualità. Le sue argomentazioni, presentate sotto forma di trattato in un documento di 40 pagine, sono tutt’altro che nuove: con qualche variazione sul tema, le questioni sono sempre le stesse di chi l'ha preceduto, dalle presunte false dimissioni di Benedetto XVI alle irregolarità del Conclave, per arrivare alle attuali accuse di eresia.

Per quanto la Bussola abbia già confutato più volte queste pretese, nei giorni prossimi torneremo su alcuni punti in particolare che meritano di essere ricordati. Soprattutto perché questi sacerdoti, dall’indubbio carisma, portano con sé tante persone che così si allontanano ignare dalla Chiesa.


Ma è qui che torna prezioso l’ultimo libro del cardinale Zen. Sicuramente per i contenuti: una vera e propria catechesi semplice sulla Chiesa, «dalla Chiesa degli Apostoli alla Chiesa “sinodale”», come recita il sottotitolo. Sicuramente l’ultimo capitolo, dedicato appunto agli ultimi sinodi, sarà quello più citato dai media, perché esprime perplessità e anche contrarietà al processo sinodale proprio mentre è in corso la seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità. E vale senz’altro la pena soffermarsi sulle semplici domande e constatazioni del cardinale Zen che fanno emergere la pretestuosità del “cammino sinodale”.

Ma è senz’altro più utile leggere e meditare tutti i capitoli precedenti che, in un linguaggio semplice ma rigoroso, valorizzando le Scritture e la Tradizione, ci introducono nel mistero della Chiesa, costruita da Gesù sugli apostoli. Il cardinale Zen spiega l’importanza di Pietro, il compito dei sacerdoti, la missione dei laici, lo scandalo delle divisioni.
Pur essendo i testi in gran parte frutto di una sistematizzazione di interventi e omelie fatti nel corso degli anni, non hanno perso affatto la loro freschezza e attualità.

Ma se i contenuti sono importanti, per quanto sta accadendo nella Chiesa ancora di più lo è il metodo che il cardinale Zen ci consegna, messo a confronto con l’atteggiamento di sacerdoti e laici che pensano di avere «la missione di competere con l’autorità della Chiesa per poter portare avanti i loro carismi», e così fanno molto «male a se stessi e al popolo di Dio».

Tutti sanno che il vescovo emerito di Hong Kong è stato molto critico in questi anni non solo per il rapporto tra Santa Sede e regime comunista di Pechino che sta penalizzando i cattolici cinesi, ma anche sui temi di attualità nella Chiesa universale, dalla caccia alle streghe contro la messa in latino alla benedizione delle coppie gay. Zen è stato anche tra i firmatari della nuova serie di dubia resi pubblici il 2 ottobre 2023, alla vigilia dell’apertura della prima sessione del Sinodo sulla sinodalità: su omosessualità e sacerdozio delle donne le domande specifiche, ma il vero focus era sulla relatività dottrinale che pare essere la cifra di questo pontificato.

Quindi Zen, malgrado i suoi 92 anni, è senz’altro ancora in prima linea nella difesa del tesoro della dottrina cattolica («Proteggere la tradizione non significa seppellire qualcosa di morto ma tenere in vita la fede», spiega nel libro). Ma di fronte alla deriva di questo pontificato, e malgrado egli stesso sia stato personalmente mortificato da papa Francesco sulla questione cinese, non ha la tentazione di farsi la sua Chiesa “clandestina” o mettere in discussione l’autorità del Papa. Semplicemente insegna e proclama con più forza ciò che la Chiesa ha da sempre professato; ripropone le verità eterne e i contenuti della vita di fede che da decenni sono trascurate o ignorate in gran parte della predicazione, e che anche vengono dileggiate in questo pontificato.

Malgrado abbia migliaia di ragioni per “sfiduciare” il Papa, e anzi proprio per questo, il cardinale Zen lavora con ancora più forza per annunciare la Verità. Così come fanno gli altri cardinali che hanno firmato i dubìa e altri (pochi purtroppo) vescovi di buona volontà che mettono le loro ragioni a servizio della Chiesa. Sono questi gli esempi da seguire se non ci si vuol perdere dietro a padri spirituali trasformatisi in santoni.





lunedì 14 ottobre 2024

«Io, catapultato negli anni '70 tra picchetti anti aborto e "streghe"»



“Obiettore ti sprangheremo senza fare rumore”; “Solo odio, siete merda, Federvita sottoterra»; “Viscido cristiano, nella bara ti mettiamo”. E poi il blocco e la fuga sul retro scortato da un agente in borghese per poter entrare. Il picchetto femminista al convegno di Federvita di Torino raccontato in presa diretta da uno dei relatori, la firma della Bussola, Scandroglio.


Disordini al convegno federvita

Vita e bioetica


Tommaso Scandroglio,  14-10-2024

Sabato in occasione del Convegno di Federvita Piemonte sul tema “Per una vera tutela sociale della maternità” al collegio San Giuseppe di Torino, si è svolto un presidio organizzato dai collettivi femministi, vicini al centro sociale Askatasuna. Tra slogan, muri imbrattati e picchetti, che hanno impedito ai relatori e ai partecipanti di poter entrare, si è reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine per poter dare il via all'iniziativa pro life. Il convegno, alla presenza del vescovo Giovanni D'Ercole, è iniziato con notevole ritardo e alcuni relatori non hanno potuto prendervi parte. Ecco di seguito il racconto in presa diretta di uno dei relatori, la firma della Bussola Tommaso Scandroglio, che invece è riuscito ad entrare scortato da un agente di Polizia.

«Sembra musica rave», annota mentalmente il relatore, pur non sapendo bene quale musica si ascolti durante un rave. Sono le 9.10 e il relatore, mentre si avvicina al Teatro San Giuseppe, vede un furgone del Reparto mobile della Polizia e alcuni poliziotti in assetto antisommossa. L’uomo in cappottino blu e ventiquattrore nera realizza in un attimo cosa sta accadendo. Una trentina di fanciulle, che poi si apprenderà appartenenti ai centri sociali e al gruppo Non una di meno, bloccano l’accesso al Teatro. «Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io», gridano le femministe. Il relatore le guarda con occhio da maschio-etero-bianco-occidentale: «Come tutte le femministe sono poco femminili». Sul muro di fronte alcune scritte concilianti: Obiettore ti sprangheremo senza fare rumoreSolo odio, siete merda, Federvita sottoterra - Cloro sul CleroViscido cristiano, nella bara ti mettiamoNell’aborto che vorrei, antiabortista non ti vorrei (che è un involontario elogio all’antiabortista). Il relatore elabora un pensierino sulle emule di Dante: «Manco una semplice rima sono capaci di mettere insieme».

Poi altre due scritte dedicate ad altrettanti relatori del convegno: Marrone, Torino ti abortisce Adinolfi = aborto mancato. La superbia del relatore si rattrista nel non vedere scritto sul muro nemmeno un insulto a lui dedicato. Ad esempio almeno un Dagli a Scandroglio, servo di Bergoglio.

L’uomo con il cappottino per sua natura sarebbe andato a parlamentare e poi sarebbe entrato a forza. Ma, seppur queste ragazze non se rendano conto, sono pur sempre donne e le donne non si toccano nemmeno con un dito. Inoltre, è inutile discutere con chi ha perso l’udito per aver ascoltato l’errore per troppo tempo e a volume ideologico troppo alto.

  

Il relatore allora si avvicina ad un agente e chiede lumi. «Guardi torni indietro e giri a sinistra senza farsi notare e provi ad entrare dall’altra parte». L’uomo con la ventiquattrore fa finta di chiedere informazioni perché il gruppetto di fanciulle, che probabilmente avranno ricevuto un Daspo per tutti i centri di estetica italiani, è molto vicino e può sentire.

Allora lascia via Andrea Doria, ma anche l’accesso in via San Francesco da Paola è ostruito da un gruppetto di amazzoni della rivoluzione. Passa in mezzo a loro. Queste lo guardano, lui le guarda, loro abbassano lo sguardo. Continua a camminare, svolta di nuovo a sinistra in via dei Mille. Anche il terzo ingresso è presidiato. C’è una camionetta dei carabinieri e alcuni uomini dell’arma anche loro con caschi e scudi. Si avvicina ad un gruppo di uomini che sono vestiti così in borghese che si capisce lontano un miglio che sono della questura. Il relatore si presenta e chiede ad uno di questi: «Perdoni, ma qui si configura l’illecito penale di violenza privata perseguibile anche d’ufficio. Non fate nulla?». E l’altro assai cortese: «Ha perfettamente ragione, ma adesso cerchiamo di capire come intervenire». Il relatore lo rincuora: «Capisco benissimo che non potete usare le maniere forti altrimenti domani su tutti i giornali uscirebbero titoli come Il governo fascista e patriarcale manda all’ospedale il dissenso. Basterebbe un graffio sull’immacolata testa di una qualsiasi di queste fanciulle e un’altra testa, quella del Ministro dell’Interno, cadrebbe all’istante». Lo sguardo dell’agente parla da sé.

Le ragazze del collettivo, tra cui una vestita da simil Gabibbo, urlano: «L’aborto non si tocca!». E poi: «L’utero è mio e lo gestisco io!». Slogan vecchi di cinquant’anni. Sembra di essere tornati agli anni Settanta, ma tutto appare anacronistico e così prevedibile, stereotipato, polveroso. Attaccano un microfono ad una cassa portatile. Una rabbiosa invettiva sul corpo delle donne che deve diventare un sepolcro per i loro figli, sulla libertà di scelta di essere mandanti di un omicidio, sulla persecuzione di quei medici che non vogliono fare i sicari, come ha detto Papa Francesco. Tutto berciato con la schiuma alla bocca. «Più che Non una di meno mi pare Ma ora ti meno», conclude mentalmente l’uomo con il cappottino.


La pietà verso queste fanciulle masticate da una vetero cultura femminista è frammista dalla noia di ascoltare un disco rotto. Gli agenti della questura scattano foto alle ragazze e le ragazze ricambiano. I click degli smartphone hanno sostituito lacrimogeni e bombe molotov.

Passa il tempo, l’uomo con la ventiquattrore chiama alcuni organizzatori: sono riusciti ad entrare prima che arrivassero le paladine dell’utero vuoto di vita. Ritorna in via Doria. Un giornalista lo intervista. Il relatore parla di aborto come assassinio, di inesistenza del diritto dei medici di uccidere le persone perché chiamati a fare l’opposto, al dato che tutte le donne dal '78 ad oggi che hanno voluto abortire lo hanno fatto senza problemi, purtroppo. Il giornalista chiede in continuazione se ha capito bene, se davvero crede vere tutte queste cose. «Senta – risponde il relatore – se voleva altre risposte, poteva andare da quelle lì con gli striscioni in mano».

Le forze dell’ordine intanto hanno chiuso via San Francesco. I collettivi rosa hanno compreso che gli sbirri, come li chiamano loro, vogliono organizzare un cordone per far entrare nel teatro relatori e pubblico e dunque tutte la giacobine convergono in via San Francesco. Un agente inizia a discutere con loro. Il relatore è troppo lontano e non riesce a sentire.

Invece accosta un altro uomo in borghese della questura: «Senta, voglio entrare». E lui: «Allora mi segua». Fanno un ampio giro per seminare alcune sentinelle. La scena è surreale: un agente di polizia deve seminare chi si è macchiato almeno di qualche reato in quella giornata. «L’hanno già inquadrata», fa l’agente al relatore e questi pensa: «Ovvio, sono venuto vestito in alta uniforme da conferenziere». Tornano a via dei Mille, ormai deserta. L’agente chiama il custode che apre la porta mentre si avvicinano altri partecipanti al convegno. Purtroppo questi sono stati pedinati. Ecco allora che il relatore e i partecipanti si fiondano nello stretto vano della porta immediatamente seguiti da una ragazza che riesce mettere un piede tra la porta e lo stipite. Con eccelsa grazia e delicatezza il piede viene divelto dalla porta.

«Sono dentro», mormora tra sé il relatore. Altra scena surreale. Sembra di essere in un fortino. Asserragliati dai nemici dei bambini, che dentro quel teatro invece trovano protezione, sequestrati dall’abortismo estremo, ostaggi del pensiero unico che fa passare dentro il teatro unicamente chi vuole, che dialoga solo con chi la pensa uguale, che ha l’esclusiva sull’inclusione, che accetta le differenze solo se sono identiche al suo modo di pensare, che è per il pluralismo delle idee a patto che quelle idee vengano solo da una parte, che è per la pace ma solo con gli amici. All’uomo in cappottino viene da pensare che la libertà di pensiero in Italia è tutelata benissimo: intervengono addirittura dozzine di agenti e carabinieri per difenderla. Il relatore entra in teatro. Le luci sono fioche. Una decina di persone recitano il rosario guidato da Mons. Giovanni d’Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno e uno dei relatori. L’uomo con la ventiquattrore incontra poi un amico che ha parlato con alcune di queste ragazze. Incalzate sul fatto che il nascituro è un essere umano ad un certo punto se ne sono andate. Il buio oltre lo slogan.

Dopo due ore il cordone di polizia fa entrare i partecipanti e finalmente iniziano le relazioni. Adinolfi e l'assessore regionale Marrone non verranno. Strategia mediatica per farsi passare come vittime di una protesta illiberale. Una consapevolezza pare aleggiare in platea: convegno riuscitissimo. Le agenzie di stampa battevano la notizia già prima dell’inizio del convegno.

Arriva l’ora di pranzo. Le femministe tornano a casa. La mamma ha fatto i ravioli con ripieno di ricotta. I ravioli sono più efficaci dei manganelli e la rivoluzione può attendere. La fame è pro-life.








Il cerchio del tempo nel mondo pre-medievale. Nessun inizio, nessuna fine




Nella traduzione a cura di Chiesa e post-concilio da Via Mediaevalis, la prosecuzione degli articoli che mostrano la visione, nelle varie epoche, del tempo nelle sue varie dimensioni: abbiamo visto il tempo lineare teleologico dei monasteri nella sua dimensione più pragmatica [qui] e poi nell'oltre della sua dimensione metafisica [qui]. Nell'articolo che segue ne analizziamo il concetto di ciclo infinito di ripetizione e rinnovamento. Gli articoli continueranno e per me sarà una gioia condividerli per chi, sulla stessa lunghezza d'onda, li trovi interessanti.





Robert Keim, 8 ottobre 2024

Così fluisce e rifluisce la corrente del suo dolore,
E il tempo stanca il tempo con le sue lamentele.
Lei cerca la notte, e poi brama il domani,
E ad entrambi pensa anche troppo a lungo con ciò che le resta.
Il breve tempo sembra lungo nel duro sostegno del dolore;
Sebbene il dolore sia pesante, tuttavia dorme di rado.
E coloro che osservano vedono quanto il tempo è lento a insinuarsi.
—Shakespeare, “Lucrezia”

Domenica abbiamo iniziato il nostro viaggio nella temporalità medievale esaminando la concezione lineare e teleologica del tempo che ha accompagnato e influenzato potentemente la cultura post-medievale. Oggi prenderemo in considerazione l'estremità opposta dello spettro teorico: il tempo come un ciclo infinito di ripetizione e rinnovamento. Per quanto estraneo o non scientifico possa sembrare questo modello ciclico del tempo a coloro che sono stati istruiti nell'Occidente moderno, è davvero così che il tempo e la storia umana erano concepiti nelle antiche civiltà dell'India, della Grecia e, forse in misura minore, di Roma.
Nell'antica cultura indiana, l'esistenza cosmica e umana erano così profondamente cicliche che non esisteva essenzialmente alcuna nozione di storia come la intendiamo oggi. Lo storico indiano RC Majumdar dichiarò che ad eccezione del Rajatarangini di Kalhana, che è semplicemente una storia locale del Kashmir, non esiste nessun altro testo storico nell'intera gamma della letteratura sanscrita che ... possa essere considerato storia nel senso proprio del termine.

E questo nonostante il fatto che "non c'è quasi un ramo della conoscenza umana o un argomento di interesse umano che non sia adeguatamente rappresentato nella letteratura sanscrita". Pensate a tutti i libri di storia che oggigiorno potreste trovare in una sola biblioteca universitaria. Nell'antica India, il genere non esisteva. Provate a immaginare quanto sarebbe diversa la vostra esperienza di vita se tutti quei libri e tutta la conoscenza che contengono, semplicemente scomparissero: storie del passato, sconosciute; ciò che è venuto prima, non raccontato; l'origine e l'evoluzione del mondo in cui vivete ora, dimenticate. Il tempo era un ciclo, la vita era un ciclo e la storia, come ha spiegato un altro studioso, era una pericolosa illusione da cui l'uomo, nella ricerca della saggezza, deve liberarsi.


Re Dabschelim dell'India e il filosofo favolista Bidpai 
(vedi Kalila e Dimna ); ca. XI secolo. (immagine a lato)

La situazione nell'antica Grecia era meno estrema. Innanzitutto abbiamo la mitologia greca, che era profondamente interessata all'origine delle cose e agli eventi cruciali (il trionfo di Zeus, l'età dell'oro della pianura di Mecone, Prometeo e il fuoco, Pandora e il vaso) che aiutavano a spiegare la natura precaria e paradossale dell'esistenza dell'uomo.

Inoltre, le supreme glorie della letteratura greca, l'Iliade e l'Odissea di Omero, erano narrazioni poetiche chiaramente radicate in un senso di realtà storica. Omero e le sue opere non avrebbero mai potuto raggiungere una stima così immensa se gli antichi greci avessero liquidato la storia come un'illusione che ostacola il cammino verso la saggezza. Ad esempio, in un breve passaggio della Poetica , Aristotele fa riferimento sia alla grandezza di Omero sia alla natura storica del suo argomento:

Qui… abbiamo un'ulteriore prova della meravigliosa superiorità di Omero rispetto agli altri. Non tentò nemmeno di trattare la guerra di Troia nella sua interezza, sebbene fosse un tutt'uno con un inizio e una fine definiti.

Dobbiamo però anche ricordare che Aristotele considerava la poesia più nobile e edificante della letteratura storica:
Il poeta e lo storico non differiscono dallo scrivere in versi o in prosa... La vera differenza è che uno racconta ciò che è accaduto, l'altro ciò che potrebbe accadere. La poesia, quindi, è una cosa più filosofica e più elevata della storia: perché la poesia tende a esprimere l'universale, la storia il particolare.
E nonostante il senso della storia che vediamo nella letteratura greca, le idee di ciclicità epica erano diffuse nell'antica Grecia. Nel Politicus, ad esempio, Platone menziona una credenza nei cicli di rigenerazione che governano l'esistenza del cosmo e della razza umana:
Questi primi antenati erano figli di genitori di origine mortale; sono vissuti nel periodo immediatamente successivo alla fine dell'era dei mortali, alla fine del precedente periodo di rotazione cosmica e all'inizio di quello attuale.

Anche nel Timeo leggiamo di eventi catastrofici dopo i quali l'umanità deve "ricominciare tutto da capo come bambini, e non sapere nulla di ciò che è accaduto nei tempi antichi". Aristotele, nella Metafisica, allude in modo simile alla storia come a un ciclo in cui la civiltà umana ripetutamente prospera e muore, evocando i ritmi di vita di una foresta decidua piuttosto che la marcia in avanti della modernità del continuo progresso scientifico: "probabilmente ogni arte e ogni scienza sono state spesso sviluppate il più possibile e sono di nuovo perite".

Aristotele inginocchiato davanti alla personificazione
 della Sapienza; XIV secolo. (Immagine a lato)


Di nuovo, facciamo un passo indietro e pensiamo a cosa significhi realmente. Le affermazioni di Platone e Aristotele, prese come mera cosmologia o antropologia, possono sembrarci stravaganti. Ma dobbiamo guardare oltre la superficie delle loro parole e cercare i principi sottostanti; dopotutto, erano amanti della saggezza, non scienziati nel senso moderno. Ciò che vedo nel tempo ciclico degli antichi Greci è sensibilità alle lusinghe e protezione dai pericoli del tempo lineare. Vedo un avvertimento contro l'idolatria del progresso, ovvero contro l'ammirazione eccessiva per i nostri successi culturali; contro la fede quasi religiosa nel nostro potenziale di magnificenza autoprodotta; contro la convinzione arrogante che stiamo sempre superando ciò che è venuto prima, che le nostre cose nuove sono necessariamente cose migliori e che il mezzo principale per risolvere i problemi dell'umanità è l'innovazione piuttosto che la restaurazione.


Il terzo giorno della Creazione; XIV secolo.

La concezione romana antica del tempo storico mostra una miscela di modalità lineari e cicliche e ci conduce, attraverso Sant'Agostino, alla temporalità multiforme e altamente spiritualizzata del Medioevo.

Per prima cosa prendiamo in considerazione la filosofia stoica. Lo stoicismo ebbe origine in Grecia nel terzo secolo a.C. e non era affatto un sistema di credenze universale. Tuttavia, era ben conosciuto a Roma e lasciò un'impressione durevole sulla cultura romana. La cosmologia stoica proponeva un modello di storia di estrema ciclicità; David Sedley, professore di filosofia antica a Cambridge, lo ha spiegato nel modo seguente:

Il mondo stoico è una creatura vivente con un ciclo di vita fisso, che termina in una "conflagrazione" totale [cioè, distruzione tramite fuoco o, come alcuni credevano, tramite acqua] …. Essendo il miglior mondo possibile, sarà poi seguito da un altro mondo identico, poiché qualsiasi variazione della formula dovrebbe essere in peggio. Così gli stoici giungono alla sorprendente concezione di una serie infinita di mondi identici: la dottrina della ricorrenza ciclica, secondo la quale la storia si ripete in ogni minimo dettaglio.
Nessun inizio, nessuna fine: per gli stoici, il tempo storico era un ciclo infinito di autodistruzione e identica ricomparsa. Ti sembra assurdo? A me sembra assurdo. E tuttavia, ci credevano membri intelligenti di una civiltà notoriamente erudita.

Come contrappunto allo stoicismo, tuttavia, abbiamo la mitologia romana, che include la nozione di un Inizio, quando il mondo emerse dal caos. Abbiamo anche l'Eneide di Virgilio ; sebbene non sia affatto priva di temporalità ciclica, trasmette una visione notevolmente teleologica della storia: c'è la sensazione che la narrazione storica epica del poema si muova costantemente dall'origine verso il completamento. E, cosa interessante, entrambi questi punti finali possono essere identificati con individui: ciò che inizia in Enea si compie nell'imperatore Augusto.

Nella poesia epica del cristianesimo, una Persona 
è “l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine” 
(Apocalisse 22:13); XIV secolo. (Immagine a lato)


E ora che ci stiamo avvicinando al completamento di questo saggio, passeremo da Augusto ad Agostino. Nella Città di Dio, affronta direttamente la questione del tempo ciclico rispetto a quello lineare:

Alcuni filosofi non hanno trovato altro mezzo approvato per risolvere questa controversia se non quello di introdurre cicli del tempo, nei quali dovrebbe esserci un costante rinnovamento e ripetizione dell'ordine della natura; e hanno quindi affermato che questi cicli si ripeteranno incessantemente.
Agostino rifiutò tali nozioni, che attribuì all’ignoranza dei filosofi che non riuscivano a “penetrare l’imperscrutabile sapienza di Dio”:

Poiché, benché Egli stesso fosse eterno e senza inizio, tuttavia [Dio] fece sì che il tempo avesse un inizio… E l'uomo, che non aveva mai creato prima, volle crearlo nel tempo.Inoltre,
Cristo morì una volta per i nostri peccati; e, risorgendo dai morti, non muore più.
Per Agostino, il tempo ciclico era un'impossibilità teologica. Egli vedeva la modalità temporale fondamentale della storia della salvezza e della civiltà cristiana come "movimento lineare dalla Creazione all'Apocalisse, un processo teleologico diretto verso l'unico obiettivo della salvezza individuale".(1)

Sant'Ambrogio battezza Sant'Agostino; XV secolo. 

Abbiamo iniziato con il tempo lineare e teleologico come modalità temporale prevalente del pensiero moderno, poi siamo tornati al tempo ciclico dell'Antichità e ora siamo tornati al tempo lineare e teleologico, ma non siamo neanche lontanamente vicini alla modernità!

Piuttosto, stiamo guardando con Sant'Agostino all'alba del Medioevo. Dato che Agostino e la cultura moderna sono compatibili quanto il fuoco e l'acqua, dobbiamo risolvere questa situazione.

Lo faremo nel prossimo post, quando esploreremo la via media: non il tempo ciclico, non il tempo lineare, ma il tempo medievale.



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1 Andrew Fichter, Poeti storici: epica dinastica nel Rinascimento. Yale University Press (1982), p. 64







domenica 13 ottobre 2024

La commedia sinodale: Atto II


Sinodo sulla sinodalità (foto di GettyImages) ottobre 2023


Articolo scritto da Padre John A. Perricone, pubblicato su Crisis magazine.  Ecco l’articolo nella traduzione curata da Sabino Paciolla (13 Ottobre 2024).



Padre John A. Perricone*

Gli assalti alla città di Roma, sede di Pietro, non sono stati infrequenti nel corso dei millenni.
Attila ci provò. Ma fallì quando si trovò di fronte alla formidabile presenza di Leone, detto “il Grande”, con un drammatico voltafaccia.
Napoleone conquistò Roma nel 1809.
I nazionalisti italiani del Risorgimento attaccarono Roma nel 1848, costringendo il Beato Pio IX a fuggire con una semplice tonaca romana nera a Gaeta, nel Regno delle Due Sicilie.
Hitler sottomise Roma il 4 giugno 1944.

Ma nessuna di queste può essere paragonata all’assalto che Roma sta subendo oggi. Questa volta il nemico è l’Ascolto Sinodale II, e non è altro che lo sperpero dell’eredità salvifica di Cristo. Assistere alla sfilata di principi della Chiesa e di prelati assortiti, come in un esercizio di auto-realizzazione rogersiana, fa rabbrividire un cattolico. Se non fosse per le parole di Cristo: “E le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”, un cattolico sarebbe tentato di pensare di essere testimone della fine del cattolicesimo.
Questa élite al potere si è comportata come se fosse un fanatico partecipante a una sessione di lotta maoista. Queste mostruose manifestazioni storiche hanno trascinato i cittadini cinesi in una specie di tribunale e li hanno gratuitamente accusati di essere “nemici di classe”. Venivano poi umiliati, accusati, picchiati, torturati e messi a morte.

Nelle sessioni sinodali, è la Fede a essere trattata così. La sua maestosità viene calpestata, per poi essere scambiata con i gingilli a buon mercato della migliore psicologia che il denaro possa comprare. Tanto più agghiacciante è la gioiosa disponibilità con cui i successori degli apostoli hanno partecipato. Immaginate. Sul terreno consacrato dal sangue di Pietro e Paolo e di innumerevoli altri martiri, i loro successori si esibiscono come una troupe di saltimbanchi. Mostrano la gravitas degli spaventapasseri.
Si esita ad accusare questi sinodali di eresia, perché c’è troppo poco per meritare il peso di un tale biasimo. L’eresia richiede probità e finalità. È roba da uomini seri. Questi sinodali sono portatori vertiginosi del cadavere di una sinistra cattolica spenta.

Prima dell’inizio del Sinodo, è stato imposto un “ritiro”. Sapete, l’insipido richiede preparazione. Per ingannare le masse cattoliche, la follia richiede di imitare il vecchio cattolicesimo, anche se è solo un guscio vuoto. Da qui la veste altrimenti rispettabile del “ritiro”. Il ritiro sinodale è stato tanto vicino a un ritiro autentico quanto l’astronomia lo è all’astrologia.

Date una rapida occhiata a una copia dell’ordine del giorno e preparatevi a rabbrividire. Inizia così:

La liturgia penitenziale intende orientare i lavori del Sinodo verso l’inizio di un nuovo modo di essere Chiesa. Nella Basilica di San Pietro, la celebrazione penitenziale, presieduta da Papa Francesco, prevede l’ascolto di tre testimonianze di persone che hanno subito il peccato: il peccato dell’abuso: il peccato della guerra: il peccato dell’indifferenza ai drammi presenti nei crescenti fenomeni di migrazione in tutto il mondo. Confesseranno i:

– Peccati contro la pace.
– Peccati contro la creazione, contro le popolazioni indigene, contro i migranti.
– Peccati di abuso.
– Peccati contro le donne, la famiglia, i giovani.
– Peccati di usare la dottrina come pietre da scagliare.
– Peccati contro la povertà.
– Peccati contro la sinodalità / mancanza di ascolto, comunione e partecipazione di tutti.

Questo è il frastuono di Babele. Da dove si comincia? Il compito è simile a quello di inchiodare le gocce di pioggia. La domanda più ovvia: Qual è il “peccato di usare la dottrina come pietre da scagliare”? Potrebbe riferirsi alla difesa della Rivelazione di Cristo? Se è così, ci si chiede cosa ci sia da credere. Se la dottrina è qualcosa di offensivo, allora lo scopo della Chiesa di Cristo svanisce. La dottrina è l’insegnamento immutabile della fede. Se questo non può essere usato come corazza e scudo, allora cosa lo è?
Questa stessa domanda mette in discussione lo scopo del martirio. San Giovanni Fisher è andato incontro alla morte perché “scagliava la dottrina contro i suoi nemici”? La sua decapitazione fu allora inutile? Anzi, un peccato? Il Concilio di Trento è stato un episodio nefasto perché ha definito le dottrine come modi per sedare il fuoco dell’eresia protestante?

La ragione qui rimane stupefatta. L’analisi teologica si arresta. Contro questi luoghi comuni da flusso di coscienza non c’è via d’uscita. Nella sua Metafisica, Aristotele osserva che cercare di discutere con un uomo che ha abbandonato la ragione è come parlare a un vegetale. È questa la nostra situazione?
I cattolici che non sono imbarazzati da questa nebbia devono verificare se il loro carattere battesimale si è affievolito. Le cerimonie della Pachamama e i nuovi riti maya e amazzonici della Messa sono stati solo un debole preludio alle inanità del ritiro del Sinodo. Questi sinodali si presentano come un branco di nuovi Mosè che promulgano una lista di peccati terribilmente all’avanguardia. Una volta i teologi modernisti degli ultimi anni erano impegnati a seppellire qualsiasi menzione del peccato. Questa nuova generazione è ora impegnata a rianimarlo. Ma peccati di colore diverso. Un colore che non ha alcuna somiglianza con il cristianesimo.

I lettori di Crisis potrebbero sorridere di tutto questo. E dovrebbero farlo. La tragedia è che il novanta per cento del mondo cattolico penderà dalle labbra di questo Sinodo e lo tratterà con la riverenza del Vangelo.
Forse loro, e i sinodali, dovrebbero leggere la Guida pastorale di San Gregorio Magno del 599:
Avanzare contro il nemico implica un’audace resistenza alle potenze di questo mondo in difesa del gregge. Resistere in battaglia nel giorno del Signore significa opporsi al nemico malvagio per amore di ciò che è giusto. Quando un pastore ha avuto paura di affermare ciò che è giusto, non ha forse voltato le spalle ed è fuggito rimanendo in silenzio? Se invece interviene a favore del gregge, erige un muro contro il nemico davanti alla casa d’Israele…
La parola di rimprovero è una chiave che apre una porta, perché il rimprovero rivela una colpa di cui il malfattore è spesso inconsapevole. Per questo Paolo dice del vescovo: deve essere capace di incoraggiare gli uomini nella sana dottrina e di confutare quelli che vi si oppongono…

Chiunque venga ordinato sacerdote si assume il compito di predicare, affinché con un forte grido possa precedere il terribile giudice che lo segue. Se, dunque, un sacerdote non sa predicare, che tipo di grido può emettere un araldo così muto? È per far capire questo che lo Spirito Santo discese sotto forma di lingue sui primi pastori, perché egli fa sì che coloro che ha riempito parlino spontaneamente.

San Gregorio Magno sta forse “usando la dottrina come pietre da scagliare”?
Che terreno pericoloso hanno scelto di percorrere questi sinodali.
Ma tutto questo non deve essere accolto né con rancore né con disperazione. Nei cuori autenticamente cattolici non c’è spazio per questi sforzi.

Ricordiamo l’occasione della visita di Sant’Ignazio poco dopo l’approvazione della Compagnia di Gesù nel 1540 da parte di Papa Paolo III. Egli si recò in Spagna per incontrare il cardinale arcivescovo di Toledo, Juan Pardo de Tavera, per chiedere il permesso di far lavorare la sua nuova Compagnia nella sua arcidiocesi. Il cardinale rifiutò categoricamente. Il santo tornò quindi dal suo piccolo gruppo di nuovi sacerdoti e annunciò la notizia. I sacerdoti rimasero sconcertati. Subito Sant’Ignazio li incoraggiò: “So che siete tristi, ma questo significa semplicemente che Nostro Signore si aspetta grandi cose da noi”.
Sant’Ignazio ci ripete oggi la stessa esortazione dal cielo. In mezzo a una crisi senza precedenti, c’è l’invito di Cristo vittorioso. In due millenni, la Sua Santa Chiesa è risorta da crisi ben più grandi. Lo farà anche oggi. Ma non senza laici ispirati come i lettori di Crisi e i loro amici.

Siate certi che la crisi si aggraverà e il tempo per trovare una soluzione si allungherà ulteriormente.
Ma i cattolici attenti e intelligenti non hanno altra possibilità che la preghiera. Ognuno deve esaminare le proprie azioni alla luce delle parole profondamente toccanti del nostro Salvatore nel Libro dell’Apocalisse: “Ma poiché sei tiepido e non sei né caldo né freddo, comincerò a vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse 3:16).

Questi devono essere considerati tempi per i cattolici per fare grandi cose.
Cominciamo.





*P. John A. Perricone, Ph.D., è professore aggiunto di filosofia presso la Iona University di New Rochelle, New York. I suoi articoli sono apparsi su St. John’s Law Review, The Latin Mass, New Oxford Review e The Journal of Catholic Legal Studies. Può essere contattato all’indirizzo www.fatherperricone.com.