lunedì 10 novembre 2025

Il Cammino sinodale italiano porterà rinnovamento o rottura?




Nell’ottica del mero approfondimento dei fatti e di un sereno confronto, di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Andrea Gagliarducci, pubblicato su National Catholic Register, nella traduzione di Sabino Paciolla, 10 novembre 2025.





Andrea Gagliarducci

L’approvazione del documento di sintesi del cammino sinodale della Chiesa in Italia, avvenuta il 25 ottobre, non ha segnato la fine dell’arduo processo sinodale. Anzi, ne ha aperto un altro, ancora più complesso, perché il documento soddisfa certamente le aspettative dell’assemblea, ma mette anche in discussione molti dei principi della Chiesa cattolica.

Il documento, intitolato “Lievito di pace e speranza”, è piuttosto lungo e chiede ai vescovi di sostenere le proteste contro “l’omofobia e la transfobia”, influenzando di fatto le decisioni pastorali. Chiede inoltre di studiare la possibilità di un diaconato femminile, argomento su cui Papa Francesco ha nominato due commissioni, nessuna delle quali ha raggiunto una conclusione.

Ovviamente, un documento sinodale non può sostituire l’autorità di un vescovo, così come non può farlo una conferenza episcopale, che è un organo amministrativo. Tuttavia, si ha la sensazione che ci sia un tentativo di invertire questa dinamica.

Alcuni retroscena


Per capire cosa è successo, dobbiamo tornare indietro. Nell’ambito del processo sinodale, la Conferenza Episcopale Italiana (nota anche con l’acronimo CEI) ha redatto un documento di sintesi, una serie di proposte. Ma queste proposte non sono riuscite a ottenere il consenso degli oltre 1.000 delegati sinodali. Lo scorso aprile, quando il testo è stato analizzato, ha dovuto affrontare un numero esorbitante di emendamenti.

A quel punto, si è deciso di rinviare la discussione del documento, di riscriverlo e persino di rinviare l’assemblea generale dei vescovi italiani, che tradizionalmente si tiene a maggio. Le proposte sono state riscritte per ottenere un maggiore consenso, dando vita al testo che è stato prima pubblicato online e poi votato a porte chiuse durante la Terza Assemblea Sinodale il 25 ottobre.

Il nuovo documento è stato approvato con 781 voti a favore e 28 contrari, su 809 voti espressi. La presidenza della CEI nominerà ora un gruppo di vescovi che, sulla base del documento, elaborerà le priorità, le risoluzioni e le note che saranno al centro dei lavori dell’Assemblea Generale del novembre 2025.

Il ritardo nell’approvazione del documento di sintesi all’inizio di quest’anno ha segnato una deviazione dalla prassi consolidata della Chiesa in Italia, determinando il primo rinvio di questo tipo in mezzo secolo.

Per la Chiesa in Italia, l’ultimo decennio ha visto una maggiore attenzione all’attuazione dei principi sinodali, ispirando le conferenze episcopali di altre nazioni a seguire l’esempio. Denominato “Cammino sinodale”, questo approccio sottolinea la necessità di un contributo e di un consenso, insieme a un processo strutturato di dialogo, ascolto e discernimento nella preghiera.

La difficoltà nel raggiungere un consenso sul documento di sintesi del 2025 è correlata a questa nuova enfasi sinodale.

I punti più controversi


Tutti i punti sono stati approvati. Tuttavia, alcuni hanno ricevuto più voti di altri.

“Che la CEI sostenga e promuova progetti di ricerca da parte delle facoltà teologiche e delle associazioni teologiche per contribuire allo studio delle questioni relative al diaconato femminile avviato dalla Santa Sede” ha ricevuto 625 voti a favore e 188 contrari.

Un altro punto propone che la CEI «sostenga con la preghiera e la riflessione le “giornate” promosse dalla società civile per combattere ogni forma di violenza e dimostrare solidarietà a chi è ferito e discriminato. Queste giornate sono contro la violenza e la discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e la transfobia». È stato approvato con 637 voti a favore e 185 contrari.

Commenti

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, ha parlato di un’«operazione coraggiosa» e di vescovi che «hanno ascoltato insieme la voce dello Spirito» e che «hanno smesso di ignorare i problemi e di credere che fosse possibile continuare a rimandare le decisioni».

Anche l’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale della Chiesa in Italia, ha elogiato il documento e ha espresso la speranza che «la CEI renda obbligatori i consigli pastorali contenuti nel documento».

«Ci aspettiamo che la CEI faccia la sua parte», ha sottolineato Castellucci, «adottando questo testo e non solo diffondendolo, e iniziando a prendere le decisioni che possono già essere prese».

Il presidente del Comitato sinodale ha affermato che il documento «non vuole essere un documento dottrinale», ma mira «alla corresponsabilità, che implica il rinnovamento degli organismi partecipativi all’interno delle comunità, una leadership più condivisa delle comunità cristiane, un ruolo più riconosciuto alle donne e una diffusione dei ministeri non solo intorno all’altare, ma nel vero senso della presenza nella comunità e nella società e più in generale».

Non tutti i vescovi, tuttavia, hanno apprezzato il documento. Il vescovo Giovanni Paccosi di San Miniato, amico di Papa Leone XIV (era stato missionario con Prevost in Perù), ha dichiarato: «Ho percepito in diversi punti la pressione di voler trasformare quella che era solo la richiesta di pochi in una richiesta universale, e la difficoltà di coloro che dovevano votare, non più in grado di fare distinzioni, articoli che contenevano, tutti insieme, proposte sconnesse e, a mio avviso, di parte».

Il vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Antonio Suetta, ha inviato un testo al sito web dell’UCCR, in cui spiega che l’assemblea sinodale è «una consultazione dei fedeli (e dei non fedeli) promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana in stile sinodale». Non si tratta formalmente di un Sinodo, né di una dichiarazione della CEI stessa, anche se numerosi vescovi erano presenti alle assemblee successive.

Suetta ha anche osservato che «nonostante l’intento di aprirsi al maggior numero possibile di persone coinvolte nel cammino sinodale, le statistiche mostrano che, a tutti i livelli del cammino, i partecipanti rappresentano ancora una minoranza rispetto ai fedeli in Italia». Il testo approvato che ne è risultato, purtroppo, registra tendenze e visioni della Chiesa e della dottrina che, a mio avviso, devono essere verificate e rettificate alla luce della dottrina cattolica, contenuta, ad esempio, nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nel Magistero costante e ininterrotto sulle questioni oggi dibattute».

In breve, il dibattito alla sessione plenaria della CEI del 17-20 novembre dovrebbe essere particolarmente ampio. La plenaria sarà a porte chiuse e si svolgerà ad Assisi. Il 7 novembre la Conferenza episcopale italiana ha annunciato che Leone XIV si recherà ad Assisi per incontrare i vescovi al termine dell’assemblea.

Le controversie

Mentre il documento respinto dall’assemblea lo scorso aprile «mancava di profezia», secondo molti partecipanti, il nuovo documento sinodale adotta un approccio diverso. Considera i nuovi sviluppi sociali e culturali come una sfida dello Spirito a progredire, da vivere in una conversione sinodale che invita la Chiesa a «rinunciare alla pretesa di porsi al centro» e «ad aprirsi invece all’accoglienza di altre prospettive».

Questo approccio si ritrova non solo nelle questioni dell’omosessualità e del genere, che hanno ricevuto meno consenso, ma anche in altri argomenti.

Il Documento Finale sostiene che la Chiesa deve proteggere la democrazia liberale, chiede la trasformazione delle parrocchie in Comunità di Energia Rinnovabile e Solidale (CERS), solleva la questione della partecipazione dei laici non solo in modo consultivo ma anche deliberativo, postula una revisione del diritto canonico alla luce dei «nuovi carismi» resi necessari dalle nuove situazioni storiche e invita le diocesi a tenere regolarmente le loro assemblee.

Il futuro della CEI

La crisi seguita alla relazione sintetica di aprile ha anche dimostrato la debolezza della leadership del cardinale Matteo Zuppi. Oggi quella leadership appare ulteriormente indebolita dall’aver portato avanti un processo che ora appare superato.

Leone XIV ha ripetutamente affermato il suo desiderio di portare avanti il dibattito sulla sinodalità. Allo stesso tempo, però, ha avvertito nel suo libro Cittadino del mondo: missionario del XXI secolo che il Sinodo «non può trasformarsi in un parlamento del clero». Se i vescovi della Conferenza Episcopale Italiana fossero «costretti» ad accettare e attuare il documento, come sostenuto dall’arcivescovo Castellucci, ci troveremmo davvero in una sorta di «dittatura dell’assemblea». Il grande rischio è che cambiare la prassi, con la necessità di andare oltre il «si è sempre fatto così», possa portare anche a cambiamenti dottrinali di fatto.

Non è chiaro se ciò avrà un impatto sulla futura composizione della Conferenza Episcopale Italiana. Zuppi è presidente dei vescovi italiani dal 2022; il suo mandato quinquennale scade nel 2027 e resta da vedere se il Papa lo confermerà o cercherà altri vescovi per la sua successione. Il presidente della CEI è, infatti, nominato dal Papa. Papa Francesco aveva chiesto ai vescovi italiani di modificare lo statuto, eleggendo il proprio presidente. Ma i vescovi italiani hanno deciso di preferire che fosse il Papa, in qualità di primate d’Italia, a continuare a effettuare la selezione in modo indipendente. Come compromesso, i vescovi hanno presentato al Papa una rosa di tre possibili “candidati” alla presidenza.

La composizione del trio del 2027 rivelerà se il regno di Zuppi è destinato a finire o a svilupparsi ulteriormente. E questa scelta rivelerà anche molto sulla posizione del Papa sulla questione.






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