ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ

Pagine

  • Home page
  • CHI SIAMO
  • NEWS
  • CONTATTI

giovedì 31 gennaio 2019

La piccola martire che sfidò i crudeli comunisti cinesi per "salvare" il Santissimo Sacramento






Fra i crudelissimi racconti che hanno contrassegnato le persecuzioni anti cattoliche degli anni '50 nella Cina comunista spicca quello di una Martire di appena dieci anni che per 32 giorni senza toccare con le mani le Ostie ha salvato dalla profanazione altrettante particole gettate a terra dai miliziani la profanazione della chiesa di una fervente comunità cattolica cinese.
I santi gesti riparatori della piccola Martire ripetuti per ben 32 giorni sono stati anche frutto del buon catechismo in preparazione della sua Prima Comunione.
Le considerazioni (v.sotto) che Mons. Fulton Sheen ha scritto sono quanto mai attuali!
AC


LA PICCOLA LI

Quando nel 1979 Dio ha chiamato a sé il suo servo Fulton Sheen, milioni di americani lo hanno pianto e si sono sentiti orfani.
Per anni, su tutti i mezzi mediatici possibili, lo avevano ascoltato attentamente, affascinati. Dotato di un carisma rarissimo, Mons. Sheen abbinava l’arte di parlare alla potenza che gli veniva dallo Spirito Santo.
Lo si ascoltava?
Si sapeva allora che Dio era vivo, magnifico e desiderabile.
Bishop Sheen diffondeva una tale luce che tutte le radio se lo contendevano, certe che avrebbe fatto superare di gran lunga tutti gli indici di ascolto registrati fino ad allora.
La sua famosa serie televisiva "La vita vale la pena di essere vissuta" raggiungeva circa trenta milioni di telespettatori ogni settimana.
Questo grande arcivescovo, questo gigante dell’evangelizzazione aveva un segreto.
Come tutti i grandi uomini, quelli veri, era affezionato segretamente a un incontro, a un episodio della sua vita in cui la Grazia lo aveva sconvolto e non avrebbe mai deviato da esso per tutto l’oro del mondo.
Ma per capire dobbiamo trasferirci in Cina, nell’epoca più dura delle repressione comunista, negli anni cinquanta…


PASSETTINI DA CINESE

In una scuola parrocchiale, i bambini recitano solennemente le loro preghiere e suor Euphrasie è contenta: due mesi prima molti hanno potuto fare la comunione, e l’hanno fatta con serietà, dal profondo del cuore. Sorride alla domanda della piccola Li, di dieci anni: “Perché il Signore Gesù non ci ha insegnato a dire:‘Dacci oggi il nostro riso quotidiano’?”.
I bambini mangiano riso al mattino, a mezzogiorno e alla sera, come rispondere a una simile domanda? “È che… pane vuol dire Eucaristia”, aveva risposto la religiosa.
È vero che suor Euphrasie brillava più per il suo cuore che per la sua teologia! “Tu chiedi al buon Gesù la comunione quotidiana. Per il tuo corpo hai bisogno del riso. la la tua anima, che vale più del corpo, ha fame di questo pane che è il Pane di Vita!”.
Nel mese di Maggio, quando Li fa la prima comunione, dice a Gesù nel suo cuore: “Dammi sempre il pane quotidiano, perché la mia anima viva e stia bene!”.
Da allora Li va a fare la comunione tutti i giorni.
Ma si rende conto che i “cattivi” (i senza Dio fra i comunisti) possono in ogni istante impedirle di ricevere Gesù nella comunione.

Allora prega ardentemente perché questo non accada mai.
Orbene, un giorno sono entrati in classe e seduta stante si sono rivolti ai bambini: “Dateci subito i vostri idoli!”.
Li sapeva bene cosa voleva dire questo.
I bambini, terrorizzati, hanno dovuto consegnare le loro immagini sacre accuratamente dipinte.
Poi il commissario ha strappato il crocifisso dal muro con un gesto pieno di collera, lo ha gettato per terra e lo ha calpestato gridando: “La nuova Cina non tollererà più queste superstizioni grossolane!”.
La piccola Li, che amava tanto la sua immagine del Buon Pastore, ha cercato di nasconderla nel corpetto, era l’immagine della sua prima comunione!
Uno schiaffo sonoro le ha fatto perdere l’equilibrio ed è caduta per terra.
Il commissario ha chiamato il padre della bambina e ha fatto in modo di umiliarlo prima di legarlo saldamente.
Quello stesso giorno, tutti gli abitanti del villaggio catturati dalla polizia si sono stipati in chiesa per un nuovo tipo di “sermone” urlato dal commissario, che ridicolizzava le missionarie e gli “agenti dell’imperialismo americano”…
Poi con voce rimbombante ha ordinato ai miliziani di sfondare il tabernacolo.
L’assemblea ha trattenuto il fiato e ha pregato ardentemente.
Voltato verso la folla l’uomo ha gridato: “Vedremo ora se il vostro Cristo sa difendersi.
Ecco che cosa ne faccio della vostra ‘presenza reale’. Trucchi del Vaticano per sfruttarvi meglio!”.
Così dicendo ha afferrato il ciborio e ha gettato tutte le ostie sulle mattonelle.
I fedeli, frastornati, sono indietreggiati soffocando un grido.
La piccola Li resta raggelata. Oh, cosa hanno fatto del Pane?
Il suo cuoricino retto e innocente inizia a sanguinare dinanzi alle ostie sparse sul pavimento. Non ci sarà nessuno per difendere Gesù?
Il commissario se ne fa beffe, una risata grassa inframmezza le sue bestemmie.
Li piange in silenzio. “E ora fuori, andatevene!”, urla il commissario, “e guai a chi osa tornare in quest’antro di superstizioni!”.
La chiesa si svuota.
Ma, oltre agli angeli adoratori sempre presenti attorno a Gesù Ostia, un testimone si trova lì e non perde niente della scena che si svolge sotto i suoi occhi.
È padre Luc, delle Missioni Estere.
Nascosto dai parrocchiani in un bugigattolo del coro, dispone di una finestrella che dà sulla chiesa.
Sprofonda in una preghiera riparatrice e soffre perché non può muoversi: un gesto da parte sua e i parrocchiani, che l’hanno nascosto lì, sarebbero arrestati per tradimento.
“Signore Gesù, abbi pietà di te stesso”, prega con angoscia, “impedisci questo sacrilegio! Signore Gesù!”
A un tratto uno scricchiolio rompe il silenzio pesante della Chiesa.
La porta si apre lentamente.
È la piccola lì.
Ha appena dieci anni ed ecco che si avvicina all’altare, con i suoi passettini da cinese.
Padre Luc trema per lei: può farsi uccidere in ogni istante!
Ma non può comunicare con lei, può solo guardare e supplicare tutti i santi del cielo di risparmiare quella bambina.
La piccola si prosterna e adora in silenzio, come le ha insegnato suor Euphrasie.
Sa che occorre preparare il proprio cuore prima di ricevere Gesù. Con le mani giunte, rivolge una preghiera misteriosa al suo caro Gesù maltrattato e abbandonato.
Poi padre Luc vede che si abbassa e, carponi, raccoglie un’ostia con la lingua.
Eccola ora in ginocchio, con gli occhi chiusi e rivolti all’interno verso il suo visitatore celeste.
Ogni secondo è assai pesante, padre Luc teme il peggio…
Se solo potesse parlarle!
Ma la bambina se ne va lentamente com’è arrivata, quasi saltellando.
Le “epurazioni” continuano e la brigata mobile dei servizi d’ordine perlustra tutto il villaggio e dintorni. Quella è la sorte della “Nuova Cina”.
Fra i contadini, nessuno osa muoversi.
Rincantucciati nelle loro capanne di bambù, ignorano tutto del futuro.
Eppure la nostra piccola Li scappa per ritrovare il suo Pane Vivo in chiesa e, riproducendo esattamente la scena del giorno prima, prende un’ostia con la lingua e scompare.
Padre Luc morde il freno.
Perché non le prende tutte?
Lui conosce il numero delle ostie: trentadue.
Li non sa dunque che può raccoglierne parecchie contemporaneamente?
No, non lo sa. Suor Euphrasie era stata molto chiara: “Una sola ostia al giorno è sufficiente. E non si tocca l’ostia, la si riceve sulla lingua!”.
La piccola si conforma alle regole.
Un giorno resta ormai solo un’ostia.
All’alba la bambina si infila come al solito in chiesa e si avvicina all’altare.
Si inginocchia e prega vicino all’ostia.
Allora padre Luc soffoca un grido.
Un miliziano, in piedi nel vano della porta, punta la rivoltella.
Si sente solo un colpo secco, seguito da un grosso scoppio di risa.
La bambina si accascia subito.
Padre Luc la crede morta, ma no, vede che striscia con difficoltà verso l’ostia e ci preme sopra la bocca.
Qualche soprassalto convulso, seguito dall’improvviso rilassamento.
La piccola Li è morta. Ha salvato tutte le ostie!


[La storia è narrata in Les voleurs de Dieu, di Maria Winowska, collaboratrice di Karol Wojtila prima della sua ascesa al trono di Pietro] 



OGNI GIORNO UN “ORA SANTA”

Due mesi prima di morire, all’età di ottantaquattro anni, Mons. Fulton Sheen ha rivelato infine il suo segreto al grande pubblico, durante un’intervista su una catena televisiva internazionale. Sua Eccellenza – gli ha chiesto il giornalista – lei ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo, ma lei da chi è stato ispirato? Da un papa?
Non è un papa – ha risposto – né un cardinale, né un altro vescovo.
Nemmeno un sacerdote o una religiosa!
Mi ha ispirato una piccola cinese di dieci anni. Allora Mons. Sheen ha raccontato la storia della piccola Li.
Consegnava così il suo testamento intimo.
L’amore di quella bambina per Gesù nell’Eucaristia, ha aggiunto, lo aveva talmente impressionato che il giorno in cui la scoprì fece questa promessa al Signore: ogni giorno della sua vita, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe fatto un’ora di adorazione davanti al Santissimo Sacramento.
Orbene, non solo Mons. Sheen ha mantenuto la promessa, ma non ha mai perso un’occasione per promuovere l’amore per Gesù nell’Eucaristia.
Senza stancarsi, invitava i credenti a fare ogni giorno “un’ora santa” davanti al Santissimo Sacramento.
Per lui non c’erano dubbi: quella bambina sconosciuta e povera del profondo della Cina era la scintilla che aveva permesso l’immensa fecondità del suo apostolato.
Quel giorno, davanti agli schermi televisivi, tutta l’America ha capito che i milioni di cuori toccati da questo grande predicatore – era lei, la piccola Li!
Le conversioni innumerevoli ottenute da quel gigante mediatico – era lei e il suo cuoricino puro!
Quei milioni di adoratori “appostati” davanti al Santissimo Sacramento da quel vescovo santo – era lei e le sue trentadue visite eroiche a Gesù gettato sul pavimento!
Quella fioritura di consacrazioni e vocazioni suscitate dal più popolare prelato americano – era lei, la piccola martire cinese, e le sue nozze di sangue con l’Agnello
Cara piccola Li, se ti ho dedicato questo libro è perché sei la mia eroina preferita.
Ma te lo confesso, ho un’altra ragione più interessata: non hai finito il tuo lavoro!
Apri gli occhi e vedi, le ostie che giacciono oggi sul pavimento non sono più trentadue ma migliaia, milioni.
Ogni giorno si spara su Gesù, si ride di lui, lo si calpesta.
Il numero di sette che profanano l’Eucaristia va crescendo.
Ogni domenica, in quasi tutte le parrocchie, certi fedeli fanno la comunione mentre vivono in peccati gravi, quelli chela Bibbia chiama “abomini” e che danno la morte all’anima.
Gesù non è mai stato tanto torturato, piccola Li.
Senza contare l’indifferenza di tanti suoi “prescelti”, fagocitati così spesso dalle faccende del mondo e inconsapevoli dell’immenso amore con cui sono amati.
In Francia quanti tabernacoli sono abbandonati, impolverati!
In America spesso si è relegato il tabernacolo in un angolo della chiesa, se non addirittura in sacrestia.
Talvolta sono stati persino tolti gli inginocchiatoi, e guai a chi osa mettersi in ginocchio durante la consacrazione: è malvisto, rischia di farsi escludere.
Al catechismo non trovi più persone come suor Euphrasie, spesso i bambini sono poco preparati a conoscere e ad amare Gesù.
Nelle famiglie, sono rari i genitori che parlano apertamente di Gesù come del loro grande amico.
Al contrario lo ignorano, e i bambini pensano che Dio non esista e si perdono nell’ateismo. Potrei continuare così per molto tempo, ma dall’alto del Cielo vedi talmente meglio di me. Non hai finito il tuo lavoro, piccola Li.
A dire il vero, durante il tuo martirio in Cina, lo iniziavi soltanto.
Vieni ad aiutarci!
Come ti sei appostata al fianco del vescovo Sheen, vieni ad appostarti oggi accanto ad ogni sacerdote, a ogni vescovo, a ogni ministro ordinato e a ogni cristiano.
Comunicaci il tuo amore puro per Gesù. L’amore radicale e tenero del tuo cuore innocente.


Fonte





Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 06:20 Nessun commento:

mercoledì 30 gennaio 2019

Sia lodato Gesù Cristo! L’importanza di un saluto dimenticato



di Aldo Maria Valli 30-01-2019

Dico le verità: per me un prete dovrebbe sempre – e sottolineo sempre – salutare usando la formula “Sia lodato Gesù Cristo”, e l’interlocutore dovrebbe obbligatoriamente rispondere “Sempre sia lodato”. Lo trovo un saluto bellissimo, che in modo semplice e immediato rende lode a Gesù mettendolo al primo posto rispetto a tutto. Dico di più: per me anche i laici cattolici dovrebbero salutarsi così.

E invece…

Invece la formula è passata nel dimenticatoio, e i preti non la usano nemmeno più nelle omelie. Magari esordiscono con un “buongiorno” e concludono in modo anonimo. E alla fine della celebrazione? Magari dicono “buona domenica” e “buona settimana”.

D’altra parte come stupirsi dal momento che il prete è stato trasformato quasi in un conduttore televisivo munito di microfono? Come stupirsi dal momento che al posto del celebrante abbiamo ormai il prete intrattenitore? Come stupirsi dal momento che al posto del culto di Dio abbiamo messo il culto dell’uomo?

Leggo che alla domanda di un lettore circa il fatto che i preti prima e dopo l’omelia non salutano più con “Sia lodato Gesù Cristo”, un religioso ha risposto: “Ma il messale non prevede più questo saluto. Non lo proibisce, ma non lo ritiene opportuno perché desunto dalla predicazione fuori della Messa. L’omelia è parte della Messa; i fedeli sono già salutati fin dall’inizio”.

Ma che razza di risposta è? A parte che mi pare che la formula non fosse prevista neanche prima (ma non ne sono certo), qui stiamo parlando di buona educazione liturgica e spirituale. Siamo, per così dire, all’abc del rapporto con il nostro Gesù. Non è che il modo di salutare il mio Gesù deve essere desunto dai codici! E che significa che i fedeli sono già salutati? Se Gesù è al primo posto, non è forse meglio salutarlo una volta di più che una volta di meno? Allora, secondo la stessa logica, quando la mamma insegna al figlio che bisogna sempre usare le parole “per favore” e “grazie” il bambino potrebbe rispondere: “Ma l’ho già detto ieri! E comunque non è scritto in nessuna legge!”.

Che bello quando Giovanni Paolo II, con il suo vocione, la sera del 16 ottobre 1978 si presentò alla folla con “Sia lodato Gesù Cristo!”. Lì c’era già il programma del pontificato.

Dire “buongiorno” o “buonasera” o usare altre formule mondane all’inizio e alla fine dell’omelia contribuisce a eliminare ogni discrimine tra lo spazio e il tempo del sacro, riservato a Dio, e lo spazio e il tempo profani. È un modo efficace per omogeneizzare e mescolare tutto, ma così non si rende la Chiesa più vicina agli uomini. Così semplicemente ci si allontana da Dio e non si rispetta più il sacro.

Fosse per me, userei addirittura la formula latina “Laudetur Jesus Christus!”. Alla quale bisogna rispondere “Nunc et semper!”.

Ora abbiamo bambini delle elementari che il parroco lo chiamano “don”. E quando lo salutano dicono “ciao don”. Poveri bambini. Intrappolati dal democraticismo. Resi incapaci di riconoscere e dunque rispettare l’autorità. Nessuno dirà mai loro che il prete è alter Christus.

Ora qualcuno mi darà del tradizionalista, ma non me ne importa niente.

La forma è sostanza e chi dice il contrario è un imbroglione.

Quelli che non dicono più “Sia lodato Gesù Cristo” e permettono che al prete ci si rivolga dicendo “ciao don” sono gli stessi secondo i quali non è importante inginocchiarsi o tenere le mani giunte, perché “l’importante è ciò che abbiamo nel cuore” e tutto il resto è ipocrisia. Ma l’uomo non è solo spirito. L’uomo è spirito e corpo, e l’atteggiamento del corpo influenza, eccome, ciò che abbiamo nel cuore.

Nel suo Le lettere di Berlicche, Clives Staples Lewis è molto chiaro in proposito. Il diavolo esperto Berlicche consiglia al giovane diavolo apprendista Malacoda, suo nipote, di fare di tutto per “spiritualizzare” la fede della persona che è stata affidata alle “cure” di Malacoda. Insegnagli a non piegare le ginocchia, raccomanda Berlicche, e vedrai che lo avrai presto in pugno. Convinci i cristiani “che la posizione del corpo non ha influenza alcuna sulle loro preghiere”! Fai in modo, aggiunge Berlicche, che essi dimentichino “costantemente ciò che tu devi sempre ricordare”, e cioè “che sono animali e che qualunque cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime”!

Penso che oggi Berlicche possa essere soddisfatto. Infatti dice: “Uno dei nostri grandi alleati, al presente, è la stessa Chiesa”.

Come dargli torto?

Sia lodato Gesù Cristo! .

Aldo Maria Valli







Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 02:07 Nessun commento:

martedì 29 gennaio 2019

L'Eucaristia come una merenda






di Aldo Maria Valli 29-01-2019

Il caso di cui mi occupo oggi sarebbe stato perfetto per la rubrica Uomini giusti ai posti giusti, ma ho preferito trattarne a parte, perché mostra molto bene a che punto siamo arrivati nel degrado liturgico, espressione di un degrado teologico e spirituale di fronte al quale si resta senza parole.

Mi riferisco alla Santa Messa celebrata a Innsbruck dal vescovo austriaco Hermann Glettler lo scorso 20 gennaio, durante la quale i ragazzi che vi hanno preso parte si sono comunicati fra di loro, per giunta sotto l’occhio della televisione.

Ecco i fatti nel resoconto del sito messainlatino.it.

***

All’offertorio gli allievi della scuola superiore prendendo il microfono hanno spiegato che stavano “preparando la tavola”.

C’è un video che mostra la comunione che i ragazzi si sono dati fra di loro.

I giovani hanno “dovuto” ingoiare l’irriguardosa “novità” proposta e permessa dal loro vescovo: nel video si vedono chiaramente le espressioni contrariate dei bambini che appena ricevuta la comunione da un loro compagno si allontanano velocemente facendo il segno di croce.

Altri invece si sono avvicinati ai due improvvisati “ministri” con le classiche risatine adolescenziali.

Una vergogna di cui è responsabile davanti a Dio e davanti la Santa Chiesa il vescovo di Innsbruck monsignor Hermann Glettler.

Avevamo già notato le stranezze “artistiche” di questo vescovo “creativo”, ma non avremmo mai immaginato che egli potesse permettere in una sua celebrazione che la comunione venisse distribuita dai ragazzi stessi.

Nel video si vede pure un ragazzo che regge al vescovo la pisside con le particole consacrate mentre un immancabile complessino strumentale esegue musica new age.

Questo è il livello spirituale raggiunto in Austria: una nazione che fu splendente di devozione e di coraggiose testimonianze a difesa della vera fede.

Non temendo di essere tacciati come neo-pelagiani o ipocriti (meglio essere ritenuti tali che conturbatori della fede dei più piccoli) possiamo dire che questo modo scismatico di concepire la liturgia è anche pericolosamente diseducativo per i giovani oltre che essere motivo di scandalo per l’intera comunità ecclesiale?

Che cosa aspettano i fedeli di Innsbruck a rivolgersi alle competenti congregazioni vaticane ( la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti e la Congregazione per i vescovi) onde tutelare la propria fede e soprattutto proteggere quella dei loro figli e nipoti?

***

A questa cronaca, compresa la domanda finale, c’è poco da aggiungere. Se non la nostra preghiera di riparazione.

Aldo Maria Valli












Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 01:51 Nessun commento:

lunedì 28 gennaio 2019

Padre Candido Amantini spiega le tentazioni







P. Candido Amantini, passionista esorcista. Viveva nel convento del Pontificio Santuario della Scala Santa: Il mistero di Maria, Dehoniane, Napoli, 1971.



“Le tentazioni, come spiega san Tommaso, passano attraverso la corporeità. Sono possibili per quel connubio che c’è tra il corpo e l’anima dell’uomo. 

Forse neanche il demonio comprende fino in fondo questo mistero ma, conoscendo la struttura dell’uomo assai meglio del migliore antropologo di questo mondo, può suggestionare l’uomo in molte maniere, muovendo appunto dal corpo. 

Ma se tali tentazioni sono a volte assai pericolose, certamente più gravi sono quelle che egli suscita direttamente nell’anima. 

La comunicazione che gli spiriti puri tra loro non può verificarsi che attraverso una specie di immedesimazione, per cui uno spirito entra nell’altro con un contatto diretto. 

In tal modo essi si sentono, si esprimono a vicenda e l’uno trasmette nell’altro, come per un’induzione vitale, i propri sentimenti interiori. 

E per questa via superiore appunto che Satana può entrare in comunicazione immediatamente con lo spirito umano, immedesimandoglisi con una specie di copula spirituale e serrandolo intimamente a sé come per violarlo nel suo abbraccio dannato. 

Gli propina allora tutti i suoi umori tossici, gli alita dentro il suo stesso respiro ammorbante, per farlo vibrare in sintonia con il suo essere maledetto. 

L’anima umana si trova allora come accecata e quasi paralizzata in se stessa, imbevuta dei sentimenti di Satana, sperimenta al vivo la sua ribellione contro Dio ed ode gli echi delle sue bestemmie. 

Assapora la disperazione infinitamente amara ed al tempo stesso sente ripercuotersi nell’intimo l’odio che il demonio cova in sé contro tutto ciò che è sacro. 

Certamente anche in simili frangenti l’anima rimane libera ed arbitra dei suoi atti, ma il rischio che le fanno correre tali suggestioni del maligno è in ogni modo enorme ed essa abbisogna di straordinari aiuti dal cielo per superare tali pericoli” (op. cit., pp. 317-318).




Estratto da un articolo di Don Marcello Stanzione, Padre Candido Amantini, l’esorcista passionista alla Scala Santa, apparso sul sito ‘Riscossa Cristiana’ ottobre 2017. (Al secolo: Eraldo Ulisse Amantini, Bagnolo sul Monte Amiata, 1914, morto a Roma il 22 settembre 1992).






fonte 



Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 01:43 Nessun commento:

domenica 27 gennaio 2019

NEW YORK, ABORTO FINO A NOVE MESI. PIETOSI TENTATIVI DI SMENTITA. SBUFALATI

Ecco come si pratica l'aborto a nascita parziale 



Marco Tosatti, 27-01-2019

Cari amici di Stilum Curiae, vi prego di leggere e diffondere questo articolo. È un testo – di cui riportiamo alcuni stralci, rimandovi alla lettura dell’integrale su La Nuova Bussola quotidiana – in cui si fa giustizia del tentativo di alcuni organi di informazione politicamente corretta – cioè di sostanziale propaganda – di smentire la notizia, peraltro ignorata dai MSM del fatto che lo Stato di New York ha approvato una legge che permette in pratica di abortire fino al nono mese di gravidanza.

Il giornale online Open di Mentana – ma non solo lui – ha cercato di affermare che questa sarebbe stata una bufala.

Come potrete leggere, la bufala vera e reale è il tentativo di affermare che si tratti di una bufala.

Non ci sorprende più di tanto il fatto che propagandarla siano i sacerdoti del pensiero unico radical-chic.

Ma anche in questo panorama sconsolante, e di fronte a una legge che il buon vecchio Erode avrebbe certamente approvato, un fatto positivo c’è. Ed è l’imbarazzo che a questo punto, qua e là sembra manifestarsi in qualcuno di fronte a quello che non pochi hanno qualificato come un’autorizzazione all’infanticidio. Magari fra quelli stessi che si torcono le mani perché ai “minori” – più grossi di me e di voi – della Seawatch venga concesso di sbarcare (e scomparire, presumibilmente…). Anche se dovrebbero spiegare perché imbarazzarsi: è imbarazzante far fuori qualcuno a nove mesi, e a tre no? Misteri. E comunque vi invito a fare una ricerca di immagine: vedete che cosa è un feto anche alla 24ma settimana…ma di che cosa parliamo?

Ecco qualche brano dell’articolo:

“Ora, posto che già questi contenuti della legge sono gravi in sé e per sé, poiché l’aborto procurato direttamente costituisce sempre un atto malvagio in quanto comporta la soppressione di una vita umana innocente (ciò vale dall’istante del concepimento), l’articolo di Open dimentica una parola fondamentale presente nel testo di legge: health. Salute. L’RHA dice proprio che l’aborto può essere praticato pure dopo le 24 settimane se – nell’opinione dell’operatore sanitario con licenza, che a causa di questa legge estrema potrà anche non essere un medico – there is an absence of fetal viability, or the abortion is necessary to protect the patient’s life or health [grassetto nostro, ndr]. Quindi, aborto legale non solo se un operatore sanitario ritiene che il bambino non possa vivere autonomamente fuori dal grembo (fatto che può avvenire, per esperienza medica, già intorno alla 21^ settimana), non solo per motivazioni legate alla vita della paziente ma anche alla «salute», parola magicamente omessa da Open.

Commentando questo passaggio avevamo già ricordato che nel termine “health” vengono oggi fatte rientrare le più svariate motivazioni psicologiche. A questo salto semantico, aggiungiamo per completezza, ha contribuito la definizione di «salute» approvata dall’Organizzazione mondiale della Sanità nel 1946 ed entrata in vigore nel 1948: «La salute è uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale e non meramente l’assenza di malattia o infermità». Questa definizione vastissima di “salute”, che negli anni più caldi della propaganda abortista ha influito tra l’altro sulle decisioni di molti giudici dei Paesi occidentali (dagli Stati Uniti all’Italia), contempla quindi non solo elementi fisici ma anche psicologici e perfino economici: per l’appunto, adducendo motivazioni riguardanti la “salute”, per effetto di questa legge sarà possibile abortire legalmente fino all’ultimo giorno di gravidanza.

Quindi a raccontare bufale non è chi fa presente quest’amara verità ma chi, come il giornale fondato da Mentana (che ha rilanciato l’articolo sulla sua pagina Facebook), la nega. E se ancora ci fosse bisogno di prove è pure scritto nero su bianco, all’inizio dello stesso RHA, che scegliere di avere un aborto è «un diritto fondamentale» (scelta messa incredibilmente sullo stesso piano del dare la vita) di chi è incinta e che lo Stato nonpuò «negare o interferire» con l’esercizio di questo diritto…

È evidente che una previsione normativa di questo genere, che ridefinisce diabolicamente i termini «persona» e «omicidio» e come immediata conseguenza elimina pure una precedente norma che dava al medico legale l’autorità di investigare su un sospetto aborto di natura criminale (chiaro: negando che il nascituro è «persona» crolla tutto, compreso il pregresso impianto sanzionatorio), non solo consentirà di sopprimere i bambini nel grembo a qualunque stadio e per qualunque motivo ma porrà serissime limitazioni alla libertà di coscienza (se non addirittura la stessa negazione: ricordiamo che l’aborto è nella fattispecie definito «diritto fondamentale», e a un diritto corrisponde un dovere) di medici e ostetriche.

Anche la storia della Roe contro Wade, la sentenza della Corte suprema americana del 1973 che ha imposto l’aborto legale in tutti e 50 gli Stati federati (fino allora liberi di disciplinare la materia, tant’è che nella gran parte di essi l’aborto era vietato), è raccontata in modo parziale, ossia secondo la versione propagandata da Linda Coffee e Sarah Weddington, due legali che sul finire degli anni Sessanta iniziarono ad andare in cerca di casi “pietosi” per scardinare il divieto vigente in Texas sull’aborto. Vero che Norma McCorvey (1947-2017), la “Jane Roe” della sentenza, fu costretta a mentire ma dall’articolo di Opennon si capisce da chi: furono proprio la Coffee e la Weddington a usare la giovane Norma, che veniva da una situazione familiare e personale disastrata, per i propri scopi. Come disse anni più tardi la stessa Norma, nel frattempo convertitasi al cristianesimo e alla causa pro life, tanto da attraversare gli Stati Uniti in lungo e in largo e scrivere libri per raccontare la sua storia e sensibilizzare sulla protezione del nascituro: «L’intera industria dell’aborto è basata su una menzogna. Sono stata persuasa a mentire da legali femministe, a dire che ero stata stuprata e che avevo bisogno di un aborto, ma era tutta una bugia»”.






Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 03:16 Nessun commento:

sabato 26 gennaio 2019

Monasteri di clausura. Uno sterminio silenzioso

 



di Aldo Maria Valli, 25-01-2019

Cari amici, è uscito il mio nuvo libro. Si intitola Claustrofobia. La vita contemplativa e le sue (d)istruzioni, è edito da Chorabooks ed è dedicato ai pericoli che i monasteri di clausura stanno correndo a causa delle nuove disposizioni vaticane.

La vita di preghiera, nella contemplazione del mistero divino e per la riparazione dei peccati del mondo, è un tesoro grande, conservato in monasteri dalla vita millenaria, ma ora questo tesoro è in pericolo, e non per un attacco dall’esterno, ma per iniziativa della stessa gerarchia cattolica. L’attacco arriva dalla costituzione apostolica Vultum Dei quaerere e dall’istruzione applicativa Cor orans, un apparato normativo che minaccia l’autonomia dei monasteri, indebolisce la loro indipendenza e, con la scusa dell’aggiornamento e della formazione, mette in discussione l’idea stessa di isolamento e di vita di clausura. Ma perché questa “claustrofobia” da parte della Chiesa? Perché mortificare la scelta di chi consacra la propria vita alla preghiera nel nascondimento? Dietro s’intravvede un’idea di spiritualità tutta orizzontale, tutta giocata nel sociale, incapace di scorgere la bellezza e la grandezza di una relazione esclusiva con Dio. Una situazione grave che nel libro è denunciata chiaramente.

Qui di seguito l’introduzione, firmata da una monaca di clausura.
A.M.V.

***

L’ultima battaglia

Ho conosciuto Aldo Maria Valli a Roma, grazie ad un amico comune, e l’incontro ha confermato in me l’impressione positiva avuta nel leggere i suoi ultimi libri e gli articoli pubblicati nel suo blog, Duc in altum, nel quale riusciva a dar voce ai sentimenti e allo smarrimento che noi monache, come una larga parte di cattolici, stavamo interiormente cercando di focalizzare. Un blog, quello di Aldo Maria, nel quale abbiamo trovato un reale amore alla Chiesa e alla Verità, “la perla preziosa” del Vangelo, per la quale sei disposto a vendere tutto. È in quest’ottica di cammino e di ricerca di verità che si pone l’interesse dell’autore per noi, monache di clausura, e per gli ultimi documenti che intendono disciplinare in modo innovativo la millenaria vita contemplativa.

La forma particolarissima della nostra vita di claustrali non è sempre immediatamente comprensibile alla sensibilità contemporanea: essa ci ricorda la spiritualità del deserto, dove Dio conduce la sua sposa e amata per parlarle cuore a cuore, lontana da ogni cosa creata che possa distrarla da Lui. La clausura, fino ad oggi, è stata il segno dell’incontro esclusivo con Dio, dell’isolamento dal mondo per affermare l’importanza imprescindibile della ricerca di Dio: il primato di Dio. In questo senso il piccolo libro di Aldo Maria Valli fa riflettere. È permeato infatti da una domanda: perché? Perché toccare un tesoro così prezioso, qualcosa che funziona da più di mille anni? Qual è la posta in gioco? Quali i veri obiettivi?

L’argomento è diverso da quelli trattati abitualmente dall’autore, ma non sfuggirà a nessuno il filo unico che unisce il tutto: l’amore alla Chiesa, l’amore alla Verità. La sofferenza per la lotta sferrata alla fede e alla Chiesa, di cui tutti siamo a conoscenza, si fa ancora più marcata quando ci troviamo dinnanzi al tentativo di distruggere i monasteri, così come finora sono esistiti nella Chiesa. Si tratta dell’ultima fortezza a cui mira il nemico, l’ultimo baluardo dove ancora resistono la preghiera e una vita “sprecata” unicamente per la lode di Dio.

Con quale sgomento noi, suore di clausura, assistiamo a questa lotta, condotta con la prepotenza, le minacce e la coercizione psicologica! Anche perché tutto si compie nel silenzio e nel nascondimento dei monasteri. Uno sterminio silenzioso del monachesimo, sotto il profilo spirituale e culturale, ma anche materiale (attraverso il controllo dei beni dei monasteri); sterminio di una struttura millenaria giunta pressoché intatta fino a noi.

Eccolo il vero obiettivo degli ultimi documenti che si occupano di questa realtà complessa e delicata: sotto lo slogan che raccomanda ossessivamente di evitare l’isolamento si intravvede la volontà di arrivare alla creazione di un “nuovo” monachesimo, dove tutte le monache siano sottoposte alle identiche forme di aggiornamento e indottrinamento, fino a cambiare le regole di vita.

È uno sterminio silenzioso, perché anche all’interno della stessa Chiesa – complice il fatto che la vocazione monastica resta sempre nascosta – questo cambio epocale nella struttura dei monasteri sta avvenendo e viene imposto nell’inconsapevolezza e e nella generale disattenzione da parte dell’opinione pubblica. Dobbiamo procedere a un cambio epocale per “aggiornare la millenaria vita contemplativa”, ci viene detto dall’alto, e occorre farlo in tempi rapidi, entro il maggio 2019. E di nuovo torna la domanda: perché? Perché tanta fretta? Perché questa ossessione?

Come può essere possibile aggiornare a livello strutturale la vita monastica, dalla storia millenaria, in così poco tempo? E perché imporre cambiamenti così significativi attraverso un’istruzione, ovvero, fra tutti i documenti dei dicasteri della curia romana, il grado più basso?

I giuristi potrebbero senz’altro sollevare più di un’eccezione in base al diritto, anche in considerazione del fatto che si impedisce ogni forma di ricorso, un impedimento caratteristico dei regimi dittatoriali, dove la rieducazione forzata di massa è imposta senza condizioni.

In questo quadro, e Aldo Maria Valli lo sa bene, chi cerca di parlare fuori dal coro è esposto al pubblico ludibrio ed accusato di lavorare per la conservazione, contro il giusto rinnovamento. Sono le medesime reazioni a cui vanno incontro i monasteri che, avvalendosi della possibilità di chiedere dispensa, sono messi nel mirino delle istituzioni e degli immancabili progressisti. Tuttavia occorre combattere.

È lontano dall’indole monastica l’essere protagoniste, uscire allo scoperto, sia pure per una buona causa. Nessuno vieta però di appoggiare chi scende in campo a difesa della Verità. E quindi eccoci qua a dare il benvenuto a questo piccolo ma prezioso libro di Valli, esperto conoscitore del mondo cattolico e provato vaticanista, che nelle pagine che seguono dà voce a chi non ne ha e cerca di raggiungere un vasto pubblico, sensibilizzando l’opinione pubblica e dimostrando che ogni battezzato è chiamato in causa di fronte al tentativo di distruggere la storia, le tradizioni e la Chiesa stessa.

Del monachesimo, così come la Chiesa l’ha recepito dai santi fondatori e così come è stato vissuto da tante monache fino ad oggi, a beneficio dell’intera Chiesa, abbiamo più che bisogno. Abbiamo bisogno delle monache e dei monasteri. Sono nascosti, eppure sono autentici baluardi della fede e della preghiera. Abbiamo bisogno di respirare quest’aria di purezza, di ritrovarci nel deserto di questi luoghi vicini a Dio.

Nel libro di Aldo Maria Valli sono riproposti tre articoli che, pubblicati nel suo blog, hanno suscitato un ampio dibattito. Ma c’è anche la cronaca di un incontro sconcertante voluto dalla Congregazione vaticana per i religiosi con monache di tutto il mondo, un’assemblea che solleva interrogativi inquietanti, di fronte ai quali anche il lettore meno esperto non potrà che fermarsi a riflettere.

Attraverso i nuovi documenti si cerca di mettere sullo stesso piano monasteri vitali e monasteri con situazioni problematiche, e perché questa forzatura funzioni si usano toni impositivi, con l’uso di espressioni come “esigere” e “deferire alla Santa Sede”, in un moltiplicarsi minuzioso di disposizioni.

Tutto ha il sapore del controllo, non del rispetto.

È chiaro che si sta aprendo la battaglia finale, una battaglia particolarmente insidiosa, decisiva, perché volta alla conquista e alla distruzione dell’ultima fortezza. Questa battaglia richiede impegno, coraggio, ma anche una preghiera sempre più forte e convinta. Lo scopo è consentire a chi ha consacrato la vita a Dio nella clausura di continuare a fare ciò che ha sempre fatto, l’unum necessarium: occuparsi unicamente di Dio, sommamente amato.

Una monaca di clausura





Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 01:47 Nessun commento:

mercoledì 23 gennaio 2019

Se davvero si capisse che che cos’è la Messa







di Julien Green

"Le persone che ritornano dalla messa parlano e ridono: credono di non aver visto nulla di straordinario. Non si sono accorte di nulla perché non si sono data la pena di vedere. Si direbbe che abbiano assistito a qualcosa di semplice e di naturale, e questa cosa, se non si fosse prodotta che una volta, sarebbe sufficiente a rapire in estasi un mondo appassionato.

Esse ritornano dal Golgota e parlano del tempo.

Questa indifferenza impedisce che divengano folli.

Se si dicesse loro che Giovanni e Maria discesero dal Golgota parlando di cose frivole, direbbero che è impossibile. Tuttavia non agiscono altrimenti.

Ritornano dall’aver assistito a un’esecuzione capitale: appena un istante dopo non vi pensano più. Questa mancanza d’immaginazione impedisce che vengano prese dalle vertigini e che muoiano.

Si direbbe che ciò che gli occhi non vedono affatto non abbia importanza; in realtà soltanto questo ne ha, e soltanto questo esiste.

Ve ne sono di quelle che rimangono in piedi durante l’elevazione, ed io non so qual è quello che desta meraviglia, l’elevazione stessa o l’atteggiamento di coloro che l’osservano.

Se questa elevazione non fosse che un simbolo della Verità! Ma È LA VERITÀ STESSA, presentata sotto un aspetto che è proporzionato alla debolezza umana. Gli Ebrei non potevano sopportare lo splendore del viso di Mosè, e Mosè non era che un uomo. Mosè temeva di morire per aver visto il viso del suo Creatore (Giud., 12, 22), ma non aveva visto che un angelo. Che cosa vi è di nascosto sotto le specie del pane e del vino? Più di un angelo e più di Mosè certamente. Uno dei caratteri più sorprendenti della messa è ch’essa NON UCCIDE LE PERSONE CHI VI ASSISTONO.

Esse ascoltano la messa tranquillamente, senza lacrime, senza commozione interiore; è meraviglioso. Che cosa occorrerà dunque per commuoverle? Qualcosa di comune.

Per vedere fino a qual punto sono povere di cuore, è necessario esaminare ciò che si è fatto per esse, ciò che si fa tutti i giorni, in tutte le parti del mondo, per salvare le loro anime disattente. La loro povertà di cuore non è né grande né piccola; è infinita. Potenze, troni e dominazioni sono meno forti di questa imbecillità d’animo.

Se potessero meravigliarsi, sarebbero salvate; ma esse fanno della loro religione una delle loro abitudini; cioè qualcosa di vile e di naturale.

È l’abitudine che danna il mondo".



[da: Pamphlet contre les catholiques de France (nn. 39-50; in: Giovanni Barra, Aspettando Gesù. Meditazioni per l’avvento, Torino, Borla Editore, 1965, pp. 78-80)]









Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 06:51 Nessun commento:

martedì 22 gennaio 2019

Intervista ad Aldo Maria Valli: Così la Chiesa anti-dogmatica cede al dogma del relativismo





di Aldo Maria Valli, 22-01-2019

Cari amici, sono stato intervistato dal sito The Post Internazionale. Intervista a vasto raggio: su questo pontificato, la situazione della Chiesa, i rapporti con l’Islam. Buona lettura.

A.M.V.

***



“Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”
, urlava l’uomo folle nietzscheano intonando il Requiem aeternam Deo.

Se a fine Ottocento, “l’annuncio più grande” destava ancora l’incredulità dei credenti e suscitava l’ilarità degli atei, oggi la situazione sembra essersi completamente stravolta. La Chiesa stessa, o almeno una parte di essa, sembra aver preso coscienza della propria agonia.

Aldo Maria Valli, vaticanista Rai e intellettuale di spicco del mondo cattolico, prova a immaginare un futuro nel quale le cattedrali saranno completamente vuote e il paradiso, a torto o a ragione, sarà soltanto una favola per bambini.

Domanda

Il Papa emerito, Joseph Ratzinger, nel 1969 scrisse che la Chiesa aveva iniziato il proprio cammino verso la fine, con preti sempre più trasformati in assistenti sociali e la fede ridotta a visione politica. Oggi a che punto siamo?


Risposta


Quel processo è andato molto avanti. Dal Concilio Vaticano II in poi la Chiesa cattolica si è impegnata sempre di più sul terreno sociale ed ha dedicato attenzione sempre più scarsa alle cose ultime, a quelli che si chiamano i Novissimi, ovvero la morte, il giudizio, l’inferno, il paradiso. Nel tentativo di dialogare con il mondo, la Chiesa ha rinunciato a occuparsi delle anime e della salvezza eterna. Sotto l’attuale pontificato questa tendenza si è accentuata come non mai. Francesco ha dimostrato di avere una visione tutta orizzontale della vita di fede. La stragrande maggioranza dei suoi interventi è dedicata ai problemi sociali ed economici. Non dico che la Chiesa non se ne debba occupare, ma ormai siamo arrivati a un punto estremo: da parte della Chiesa c’è un silenzio assordante sul soprannaturale. Abbiamo una Chiesa mondanizzata, che non parla più del peccato originale e non annuncia la redenzione. Una Chiesa snaturata.

Nel suo pamphlet Come la Chiesa finì (Liberilibri, 2017) lei parla della conversione della Chiesa cattolica nella Nuova Chiesa Antidogmatica. Che cosa intende dire?

Dico che la Chiesa, per piacere al mondo e risultare simpatica, amica, attraente, ragiona come il mondo, abbraccia l’ideale del “rinnovamento” e rinuncia all’idea di verità. Poiché il mondo dice che la verità, in senso assoluto, non esiste e non può essere conosciuta, ma al più esistono tante verità che devono convivere, la Chiesa, per adeguarsi a questo pensiero, rinuncia ai suoi dogmi e così, una volta ancora, si snatura e si appiattisce. Il dogma è una verità di fede insegnata dalla Chiesa. Come tale non può essere relativizzato. Ma poiché il mondo è dominato dal relativismo e dal soggettivismo (non esistono leggi eterne ed assolute, ma è vero solo ciò che il soggetto sperimenta e prova) ecco che la Chiesa mondanizzata si mette sulla stessa linea. Con risultati devastanti, perché non annunciando più la verità di Cristo fallisce sotto tutti gli aspetti: non si occupa più della salvezza delle anime e non dice più nulla di originale all’uomo del suo tempo. Nel mio libro, ambientato in un futuro immaginario ma non troppo, descrivo una Chiesa ex cattolica che, vergognandosi dei dogmi, si è ridotta a una brutta copia delle Chiese protestanti. Ha fatto proprio il relativismo, predica l’etica della situazione (le leggi sono adattabili ai singoli casi e non ci sono più principi assoluti), non possiede nemmeno più un vocabolario per annunciare le verità eterne e a un certo punto, per completare l’opera, decide di cambiare anche la “ragione sociale” dichiarandosi apertamente nuova e antidogmatica.

La disintegrazione dei dogmi non dovrebbe dare spazio a maggior pensiero critico e, di conseguenza, a maggiori libertà?


No. Oggi va di moda dire che la Chiesa deve essere “in uscita”, ovvero meno dogmatica, meno dottrinale e più pastorale. Ma una Chiesa senza dogmi e senza dottrina, o con una dottrina annacquata, non è una Chiesa più pastorale, cioè più attenta all’uomo e alle sue esigenze, bensì una Chiesa sbandata, in preda all’arbitrio e succube del mondo e delle tendenze dominanti in un certo momento storico. Il succo della dottrina è la rivelazione del progetto di Dio su ogni creatura, e questa dottrina è immutabile. La missione della Chiesa è di radicarsi in essa e annunciarla all’uomo di ogni tempo. Se non lo fa, tradisce se stessa e anziché confermare i fratelli nella fede li confonde e li conduce alla perdizione. Quando la Chiesa si lascia prendere dal principio anti-dogmatico in realtà cade nel dogma centrale del relativismo, e cioè che ciò che io penso di Dio e dell’uomo è indifferente perché Dio è ovunque e io me lo posso dipingere a mio piacimento. Così si cade anche nello storicismo, ovvero l’idea secondo cui la chiave per interpretare il senso della realtà umana non è nella fede (con i suoi dogmi), ma nella storia stessa. Così si riduce la proposta cristiana a una vaga esortazione morale, senza riferimenti alle eterne verità divine, e si mette sotto silenzio la questione del giudizio di Dio. Lo vediamo molto bene in questo pontificato, al cui centro c’è un insegnamento che lascia intendere che da parte di Dio ci sarebbe l’obbligo di perdonare, mentre la creatura avrebbe il diritto di essere perdonata.

Dietro la finzione narrativa, sembra nascondersi un grande malessere reale. Fra le pagine del suo libro si avverte l’inquietudine di un credente che sembra non riconoscere più la voce della Chiesa. Si può parlare di critica, anche se velata, al pontificato di Francesco?


Certamente sì. Uso il paradosso, il sarcasmo, l’umorismo pungente (qualche lettore mi ha detto che si ride per non piangere), ma la critica a questo pontificato è aperta. Credo che Francesco, soprattutto dopo Amoris laetitia, l’esortazione apostolica del 2016 pubblicata dopo i due sinodi sulla famiglia, abbia spalancato la porta della Chiesa all’ingresso del relativismo e dell’etica della situazione. L’insegnamento dei predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è stravolto. L’ambiguità regna sovrana.

“In Vaticano molti si augurano un nuovo conclave”. Che cosa pensa delle parole pronunciate qualche giorno fa dal cardinale Kasper alla tv tedesca?


Credo che il cardinale Kasper, uno dei grandi ispiratori della linea bergogliana, con questa uscita abbia dimostrato che nel “cerchio magico” di Francesco c’è molto nervosismo. Le famose riforme non sono state realizzate. La confusione è totale. Il principio della misericordia, sempre annunciato all’esterno, non è applicato all’interno e molte testimonianze che arrivano dai “sacri palazzi” parlano di regime dittatoriale e clima di terrore. Il pontificato sta vivendo un momento assai critico. Non per niente Francesco ha messo in programma numerosi viaggi internazionali, che in genere gli assicurano consensi e gli permettono di uscire dalle sabbie mobili vaticane.

Lei ha sostenuto che la Chiesa parla troppo di misericordia e ha espunto dal proprio linguaggio il giudizio. Ci può dire di più?


Come dicevo prima, non occupandosi più della questione del peccato (la stessa parola “peccato” non è più usata, e al suo posto si preferisce parlare di “fragilità”), la Chiesa cattolica non raccomanda la necessaria contrizione (il senso di rimorso e pentimento che nasce dalla consapevolezza del peccato), trascura il problema della conversione e trasforma la misericordia divina in una sorta di dovere di perdonare, come se da parte della creatura ci fosse un diritto al perdono, qualunque sia la sua scelta. Il silenzio circa il giudizio di Dio è molto grave, perché distorce la misericordia divina. Dio infatti è sì un padre buono e misericordioso, ma non è accomodante e relativista. Come ogni vero padre, prende sul serio il figlio e la sua libertà, e proprio per questo gli indica la strada della verità e del bene. Dio giudica l’uomo. Far scomparire dalla coscienza dell’uomo questa consapevolezza non è opera di misericordia, ma è qualcosa di demoniaco, perché consegna le anime alla perdizione: proprio ciò che vuole il demonio.

Benedetto XVI viene rappresentato come l’ultimo baluardo di un cattolicesimo che resiste nella purezza della sua dottrina. Eppure, non è stato forse fra i più rivoluzionari, abdicando al trono di Pietro?
Benedetto XVI certamente si è dimostrato molto libero. Non direi rivoluzionario, ma libero sì. Certamente ha pensato che la rinuncia avrebbe aiutato la Chiesa a uscire da una situazione difficile, ma a mio modesto avviso ha sbagliato previsione. In realtà ha lasciato campo libero allo schieramento modernista, con tutte le conseguenze che stiamo vedendo. Tutto il suo pontificato è stato un monito contro il relativismo dilagante, e oggi, puntualmente, anche la Chiesa abbraccia il relativismo.

L’Islam può essere una minaccia concreta per l’Europa cristiana?


Non solo può esserlo, ma lo è già. L’Islam non conosce l’idea del dialogo e del compromesso. Conosce solo la logica della conquista. La parola Jihād ha il significato di lotta interiore, di sforzo di miglioramento, ma anche di guerra per la causa di Dio. L’Occidente cristiano pertanto va conquistato e convertito. Quando parliamo di Islam moderato in realtà proiettiamo sull’Islam una categoria nostra. Per il vero musulmano essere moderato significa tradire. E il Dio del Corano ha davvero poco in comune con il Dio della Bibbia. Non è un Dio-relazione ma un Dio-imposizione. E del tutto assente è il messaggio d’amore che è al centro del cristianesimo. Se poi a tutto ciò aggiungiamo la questione demografica il quadro si fa ancora più drammatico e la cosiddetta Eurabia non sembra poi tanto lontana.

Parafrasando il titolo di un’altra sua pubblicazione (Il diavolo in piazza San Pietro e altri racconti, Àncora, 2015), anche il diavolo passeggia per San Pietro?
Certamente sì. Non per niente sulla base dell’obelisco al centro della piazza è inciso il testo di un esorcismo!

A cura di Vincenzo Fiore








Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 02:15 Nessun commento:

lunedì 21 gennaio 2019

Guéranger spiega La catastrofe che fu il luteranesimo




“È dunque solo in seno alla vera Chiesa che può fermentare l’eresia antiliturgica, vale a dire quell’eresia che si pone come nemica delle forme del culto. Soltanto dove c’è qualche cosa da distruggere il genio della distruzione cercherà di introdurre tale deleterio veleno…“


L’eresia antiliturgica e la riforma protestante del XVI secolo considerata nei suoi rapporti con la liturgia
di dom Prosper Guéranger

in Institutions liturgiques, I², Paris, 1878, pp. 388-407. Traduzione italiana di Fabio Marino, pubblicata in “Civitas Christiana”, Verona n. 7-9, 1997, 13-23.

La liturgia è cosa troppo eccellente nella Chiesa per non essersi trovata esposta agli attacchi dell’eresia. Ma come le sette orientali, che pure avevano infranto il simbolo in tanti altri modi, non hanno combattuto direttamente, come nozione, l’autorità della Chiesa, così non si è neppure visto, in questa patria dei misteri, il razionalismo perseguitare per sistema le forme del culto. Divise tra di loro da violente discordie, le sette orientali hanno unito al cristianesimo o un panteismo mascherato, oppure il principio stesso del dualismo. Ma ciò di cui soprattutto hanno bisogno è credere ed essere cristiani: la loro liturgia è l’espressione completa della loro situazione. Bestemmie sulla incarnazione del Verbo disonorano certe formule, ma tale disordine non impedisce che in queste formule, e nei riti che le accompagnano, siano conservate le nozioni tradizionali della liturgia. Di più, la fede benché sfigurata è stata feconda fin quasi ai nostri giorni presso questi uomini che credono male, ma vogliono credere. E i giacobiti, i nestoriani, soltanto dopo l’anno 1000, hanno prodotto più formule liturgiche, per esempio anafore, dei greci melchiti, i cui libri non hanno guadagnato più nulla dopo la loro separazione dalla Chiesa romana, se si eccettuano alcune raccolte di inni composte da persone di ogni genere, e aggiunte ai libri dell’officio. Ma quest’ultimo tipo di preghiere non attiene all’elemento fondamentale della liturgia, come le anafore, le benedizioni, ecc., composte dai giacobiti e dai nestoriani moderni, e di cui troviamo il testo o la notizia nell’opera del Renaudot sulle liturgie d’Oriente [1], oppure nella biblioteca orientale di Assemàni [2]. Peraltro il lettore si ingannerebbe se pensasse che intendiamo tale estrema abbondanza come indice di un progresso. L’antichità, l’immutabilità delle formule dell’altare è la prima delle loro qualità. Ma la fecondità cui ci riferiamo è comunque un segno di vita, e non si può non riconoscere come lo stile ecclesiastico di queste anafore, anche delle più recenti, è perfettamente conforme con quello consacrato dai secoli. Quanto alle tradizioni su riti e cerimonie, le sette d’Oriente le hanno conservate tutte con rara fedeltà, e se talvolta vi si trovano mescolati aspetti superstiziosi, esse attestano comunque un fondo primitivo di fede, mentre da noi la progressiva diminuzione delle pratiche esteriori denunzia invece la presenza di un razionalismo segreto che fa vedere i suoi risultati.


La Chiesa greca ha generalmente conservato con grande cura, se non il genio, almeno le forme della liturgia. Abbiamo detto altrove come Dio l’ha predestinata, almeno per un tempo, con l’immobilità dei suoi antichi usi, a rendere una testimonianza irrinunciabile alla purezza delle tradizioni latine. È per questo che Cirillo Lukaris [3] si arenò in maniera così vergognosa nel suo progetto di iniziare la chiesa orientale alle dottrine del razionalismo d’Occidente. Comunque lo spirito di discussione e di puntiglio di Marco d’Efeso [4] è rimasto nel seno della chiesa greca, e produrrà i suoi frutti naturali dal momento in cui questa chiesa sarà chiamata a fondersi nelle nostre società europee. La chiesa greca deve senza fallo passare per il protestantesimo prima di ritornare all’unità, e si ha ben ragione di credere che la rivoluzione sia già avvenuta nel cuore dei suoi pontefici. In un analogo ordine di cose la liturgia, forma ufficiale di una credenza ufficiale, rimarrà stabile o varierà a seconda della volontà di chi esercita il potere. Così non è possibile eresia liturgica dove il simbolo è già minato, ove non si trova altro che un cadavere di cristianesimo, cui soltanto gli impulsi oppure un galvanismo imprimono ancora qualche movimento, finché, cadendo a pezzi dalla putrefazione, diverrà del tutto incapace di ricevere stimoli esterni, come da tempo non aveva più sentito il tocco della vita.

-1-

È dunque solo in seno alla vera Chiesa che può fermentare l’eresia antiliturgica, vale a dire quell’eresia che si pone come nemica delle forme del culto. Soltanto dove c’è qualche cosa da distruggere il genio della distruzione cercherà di introdurre tale deleterio veleno. L’Oriente ne ha provato una volta sola, ma violentemente, i colpi, e ciò è avvenuto ai tempi dell’unità. Nel secolo VIII sorse una setta furibonda la quale sotto il pretesto di liberare lo spirito dal giogo della forma ha rotto, strappato, bruciato i simboli della fede e dell’amore del cristiano. Il sangue fu sparso per la difesa dell’immagine del Figlio di Dio come era stato sparso quattro secoli prima per il trionfo del vero Dio sugli idoli. Ma è stato riservato alla cristianità occidentale di vedere organizzare nel suo seno la guerra più lunga, più ostinata, che ancora continua, contro l’insieme degli atti liturgici. Due cose contribuiscono a mantenere le chiese dell’Occidente in tale stato di prova: innanzi tutto, come si è detto, la vitalità del cristianesimo romano, il solo degno del nome di cristianesimo, e di conseguenza quello contro cui dovevano rivolgersi tutte le forze dell’errore. In secondo luogo il carattere razionalmente materiale dei popoli occidentali, i quali, privi dell’agilità dello spirito greco come del misticismo orientale, in fatto di credenze, non sanno che negare, che rigettare lontano da sé quanto li disturba o li umilia, incapaci per questa duplice ragione, di seguire al pari dei popoli semitici una stessa eresia per lunghi secoli. Ecco il motivo per cui da noi, se si trascurano certi fatti isolati, l’eresia non ha mai proceduto che per via di negazione e di distruzione.In questa direzione, come ora vedremo, vanno tutti gli sforzi della immensa setta antiliturgista.

Il suo punto di partenza conosciuto è Vigilanzio, questo gallo immortalato dagli eloquenti sarcasmi di san Girolamo [5]. Egli declama contro la pompa delle cerimonie, insulta grossolanamente il loro simbolismo, bestemmia le reliquie dei santi, attacca a un tempo il celibato dei sacri ministri e la castità delle vergini. Il tutto per preservare la purezza del cristianesimo. Come si vede ciò non è una cattiva anticipazione in un gallo del IV secolo. L’Oriente che in questo ambito ha prodotto soltanto l’eresia iconoclasta, ha risparmiato, anche se per difetto di consequenzialità, i riti e gli usi della liturgia privi di un rapporto immediato con le sacre immagini.

Dopo Vigilanzio l’Occidente restò tranquillo per vari secoli. Ma quando le stirpi barbariche, iniziate dalla Chiesa alla civiltà, si furono alquanto familiarizzate con l’opera del pensiero, sorsero prima uomini, poi sette che negarono grossolanamente quello che non comprendevano, dicendo che quanto i sensi non percepiscono immediatamente non è reale. L’eresia dei sacramentari, del tutto impossibile in Oriente, ebbe inizio nel secolo XI in Occidente, in Francia, con le bestemmie dell’arcidiacono Berengario [6]. La reazione contro una così mostruosa eresia fu universale nella Chiesa, ma era da prevedere che il razionalismo, una volta scatenatosi contro il più augusto degli atti del culto cristiano, non si sarebbe fermato. Il mistero della presenza reale del Verbo divino sotto i simboli eucaristici doveva diventare il bersaglio di tutti gli attacchi. Bisognava allontanare Dio dall’uomo, e per attaccare con maggiore sicurezza questo dogma capitale bisognava bloccare tutte le strade della liturgia, che se si può dir così sboccassero nel mistero eucaristico.

-3-

Berengario non aveva fatto altro che dare un segnale: il suo assalto sarebbe stato rinforzato già nel suo secolo e nei seguenti, e doveva risultarne per il cattolicesimo il più lungo e il più spaventoso attacco che abbia mai subito. Tutto iniziò, dunque, dopo l’anno 1000. “Era forse – dice Bossuet – il tempo della terribile liberazione di satana rivelata dall’Apocalisse dopo mille anni. Ciò può significare disordini estremi: mille anni dopo che il forte armato, vale a dire il demonio vittorioso, fu legato da Gesù Cristo con la sua venuta nel mondo” [7].

L’inferno aveva smosso la feccia più infetta del suo pantano, e mentre il razionalismo si risvegliava, avvenne che satana gettasse sull’Occidente, come un soccorso diabolico, l’impura semenza che l’Oriente aveva seminato con orrore nel suo seno fin dall’origine, la setta che san Paolo chiama il mistero d’iniquità, l’eresia manichea. È noto come sotto il falso nome di gnosi essa aveva macchiato i primi secoli del cristianesimo, con quale perfidia si era nascosta secondo i tempi nel seno della Chiesa, permettendo ai suoi seguaci di pregare, e persino di comunicare con i cattolici, penetrando fino alla stessa Roma, ove fu necessario per scoprirla l’occhio penetrante di un san Leone e di un san Gelasio. Questa setta abominevole, sotto il pretesto di spiritualismo in preda a tutte le infamie della carne, bestemmiava nel segreto le pratiche più sante del culto esteriore come grossolane e troppo materiali. Si può vedere quanto ce ne riferisce sant’Agostino nel libro contro Fausto il manicheo il quale accusava di idolatria il culto dei santi e delle loro reliquie.

Gli imperatori d’Oriente avevano perseguito tale setta infame con le loro disposizioni più severe, senza riuscire a estinguerla. La si ritrova nel IX secolo in Armenia sotto la direzione di un capo chiamato Paolo, dal quale a questi eretici in Oriente fu dato il nome di pauliciani. Ed essi vi divennero così potenti da sostenere guerre contro gli imperatori di Costantinopoli. Pietro Siculo, inviato presso di loro da Basilio il Macedone per trattare uno scambio di prigionieri, ebbe la possibilità di conoscerli e scrisse un libro sui loro errori.

“Egli vi descrive questi eretici – dice Bossuet – con le caratteristiche loro proprie, con i loro due princìpi, con il disprezzo che avevano nei confronti del Vecchio Testamento, con la loro abilità prodigiosa di nascondersi quando volevano, e con gli altri segni che abbiamo visto. Ma ne sottolinea due o tre che non bisogna dimenticare: la loro particolare avversione per le immagini della croce, conseguenza naturale del loro errore, perché essi rifiutavano la passione e la morte del Figlio di Dio; il loro disprezzo per la santa Vergine, che non consideravano la Madre di Gesù Cristo, in quanto egli non avrebbe carne umana; e soprattutto il loro allontanamento dall’eucaristia” [8]. “Essi sostenevano inoltre che i cattolici onorano i santi come divinità, ed è per questo che vietano ai laici di leggere la sacra Scrittura, per paura che scoprano vari errori come questo” [9].

-4-

Esisteva già, come si vede, l’eresia antiliturgica del tutto formata. Non le mancavano che popolazioni disposte ad accoglierla. Per arrivare in Europa la setta passò per la Bulgaria ove gettò profonde radici: questo fu il motivo che diede in Occidente il nome di bulgari ai suoi adepti. Nel 1017, sotto il re Roberto, se ne scoprirono numerosi a Orléans, e poco dopo altri nella Linguadoca, poi in Italia, ove si facevano chiamare càtari, cioè puri, infine fino in fondo alla Germania. La loro parola infame era cresciuta dall’interno come il cancro [10], e la loro dottrina era sempre la stessa, fondata sulla credenza nei due princìpi e sull’odio per tutto l’aspetto esteriore del culto, rafforzato da tutte le abominazioni gnostiche. Del resto erano molto dissimulati, confusi nella Chiesa con gli ortodossi, pronti a ogni sorta di spergiuro piuttosto che farsi scoprire quando avessero deciso di non parlare. Erano già molto forti nel XII secolo nel sud della Francia, e non si può dubitare che Pietro di Bruys [11] ed Enrico [12], le cui dottrine avevano come avversari san Bernardo e Pietro il Venerabile, non fossero due dei capi principali. Nel 1160 li si vede passare in Inghilterra, dove furono chiamati poplicani o publicani. In Francia li si indica con il nome di albigesi a causa della loro potenza in una delle nostre province, e color che sono più profondamente iniziati ai disgustosi misteri della setta sono chiamati patarini. È noto con quanto zelo le popolazioni cattoliche del medioevo si scagliassero contro questi settari: la Chiesa ritenne di poter bandire contro di loro la crociata, e cominciò una guerra di sterminio, alla quale parteciparono direttamente o indirettamente tutti i grandi personaggi della Chiesa e dello Stato. La dottrina degli albigesi fu soffocata, almeno quanto al suo predominio esteriore. Essa rimase sordamente come seme di tutti gli errori che dovevano esplodere nel XVI secolo, e le dottrine del loro mostruoso misticismo si perpetuarono fino ai nostri giorni nell’eresia quietista, probabilmente nemico più pericoloso della vera dottrina liturgica dello stesso razionalismo puro.

Una nuova branca della setta, meno mistica e perciò più appropriata ai costumi dell’Occidente, spuntava a Lione sullo stesso tronco del manicheismo importato dall’Oriente nel momento stesso in cui il primo ramo era minacciato di una distruzione violenta. Nel 1160 a Lione il mercante Pietro Valdo [13] formava la setta dei fanatici turbolenti, conosciuti sotto il nome di poveri di Lione, ma soprattutto sotto quello di valdesi, dal nome del loro fondatore. Fu allora che si poté presagire l’alleanza dello spirito della setta con quella di cui Berengario era stato presso di noi il primo organo. Liberati ben presto dalle opinioni manichee, impopolari da noi, essi predicavano soprattutto la riforma della Chiesa, e per attuarla scalzavano audacemente tutto l’insieme del suo culto. Prima di tutto per loro non vi è più sacerdozio, ogni laico è sacerdote; il sacerdote in peccato mortale non può più consacrare; di conseguenza non vi è più eucaristia certa; i chierici non possono possedere i beni della terra; si devono avere in orrore le chiese, il sacro crisma, il culto della Vergine e dei santi, la preghiera per i morti. Bisogna sottoporre ogni cosa alla sacra Scrittura, ecc. I valdesi ritengono la morale della Chiesa scandalosa per il suo rilassamento, e ostentano un rigore di comportamento che contrasta con la dissolutezza degli albigesi.

-5-

Ma la Francia non era il solo teatro di questa reazione violenta contro la forma nell’ambito del cattolicesimo. Alla fine del XIV secolo sorgeva in Inghilterra Wyclif [14] e dava a intendere quasi tutte le bestemmie dei valdesi. Tuttavia, poiché ogni sistema di errore in religione, per avere qualche consistenza, ha bisogno di appoggiarsi da vicino o da lontano sul panteismo, non potendo da noi, come abbiamo osservato, il misticismo gnostico convenire alle masse, Wyclif pensò di sostenere le sue dottrine dissolventi su un sistema di fatalismo, la cui fonte era una volontà immutabile di Dio, nella quale si trovavano assorbite tutte le volontà delle creature.

All’incirca negli stessi tempi Jan Hus [15] dogmatizzava in Germania e preparava quella immensa rivolta che per secoli doveva separare intere nazioni dalla comunione romana. Anch’egli si fondava molto sulle conseguenze esagerate del dogma della predestinazione, e passando alla pratica umiliava il sacerdozio davanti al laicismo, predicava la lettura della sacra Scrittura a spese della Tradizione e ledeva l’autorità suprema in materia liturgica con le sue rivendicazioni per l’uso del calice nella comunione laica.

Venne infine Lutero, il quale non disse nulla che i suoi precursori non avessero detto prima di lui, ma pretese di liberare l’uomo nello stesso tempo dalla schiavitù del pensiero rispetto al potere docente, e dalla schiavitù del corpo rispetto al potere liturgico. Calvino e Zwingli lo seguirono portandosi dietro Socini, il cui naturalismo puro era la conseguenza immediata delle dottrine preparate da tanti secoli. Ma col Socini ogni errore liturgico si arresta: la liturgia, sempre più ridotta, non arriva fino a lui. Ora, per dare un’idea dei danni provocati dalla setta antiliturgica, ci è parso necessario riassumere la marcia dei pretesi riformatori del cristianesimo da tre secoli a questa parte, e presentare l’insieme dei loro atti e della loro dottrina sulla epurazione del culto divino. Non vi è spettacolo più istruttivo e più idoneo a far comprendere le cause della così rapida propagazione del protestantesimo. Vi si potrà scorgere l’opera di una saggezza diabolica che agisce a colpo sicuro, e deve condurre senza meno a risultati di vasta portata.

1° Odio della Tradizione nelle formule del culto

Il primo carattere dell’eresia antiliturgica è l’odio della Tradizione nelle formule del culto divino. Non si può contestare la presenza di tale specifico carattere in tutti gli eretici, da Vigilanzio fino a Calvino, e il motivo è facile da spiegare. Ogni settario che vuole introdurre una nuova dottrina si trova necessariamente in presenza della liturgia, che è la tradizione alla sua più alta potenza, e non potrà trovare riposo prima di aver messo a tacere questa voce, prima di aver strappato queste pagine che danno ricetto alla fede dei secoli trascorsi. Infatti, in che modo si sono stabiliti e mantenuti nelle masse il luteranesimo, il calvinismo, l’anglicanesimo? Per ottenere questo, non si è dovuto far altro che sostituire nuovi libri e nuove formule ai libri e alle formule antiche, e tutto è stato consumato. Nulla dava più impaccio ai nuovi dottori, essi potevano predicare del tutto a proprio agio: la fede dei popoli era ormai senza difesa. Lutero comprese questa dottrina con una sagacità degna dei nostri giansenisti, quando nel primo periodo delle sue innovazioni, all’epoca in cui si vedeva obbligato a conservare una parte delle forme esteriori del culto latino, stabilì per la messa riformata le regole seguenti:

“Noi approviamo e conserviamo gli introiti delle domeniche e delle feste di Gesù Cristo, vale a dire di Pasqua, di Pentecoste e di Natale. Preferiremmo nella loro interezza i salmi da cui tali introiti sono tratti, come si faceva in antico; ma intendiamo conformarci all’uso presente. Non biasimiamo coloro che vorranno conservare gli introiti degli apostoli, della Vergine e degli altri santi, quando siano tratti dai salmi e da altri passi della scrittura” [16]. Lutero aveva troppo orrore dei cantici sacri composti dalla Chiesa stessa per l’espressione pubblica della fede. Sentiva troppo in essi il vigore della Tradizione che voleva bandire. Riconoscendo alla Chiesa il diritto di unire la propria voce nelle sacre assemblee agli oracoli delle scritture, rischiava di dover ascoltare milioni di bocche anatematizzare i suoi nuovi dogmi. Dunque odio contro tutto ciò che, nella liturgia, non è tratto esclusivamente dalle sacre scritture.

2° Sostituzione delle formule ecclesiastiche con letture della sacra Scrittura

Il secondo principio della setta antiliturgica è, infatti, quello di sostituire le formule di stile ecclesiastico con letture della sacra scrittura. Essa vi trova un duplice vantaggio: prima di tutto quello di far tacere la voce della Tradizione, della quale ha sempre timore; inoltre un mezzo per diffondere e sostenere i suoi dogmi per via di negazione o di affermazione. Per via di negazione passando sotto silenzio, per mezzo di un’abile scelta, i testi che esprimono la dottrina contraria agli errori che vogliono far prevalere; per via di affermazione mettendo in luce passaggi tronchi i quali, non mostrando che un aspetto della verità, nascondono gli altri agli occhi del volgo. Da vari secoli si sa bene che la preferenza data da tutti gli eretici alla sacre scritture rispetto alle definizioni ecclesiastiche non ha altro motivo che la facilità di far dire alla parola di Dio tutto quello che si vuole, mostrandola e nascondendola a seconda delle esigenze. Vedremo d’altronde ciò che hanno fatto in questo campo i giansenisti, obbligati dal loro sistema a conservare il legame esteriore con la Chiesa; quanto ai protestanti, essi hanno ridotto quasi del tutto la liturgia alla lettura della scrittura, accompagnata da discorsi nei quali la si interpreta con la ragione. La scelta e la determinazione dei libri liturgici hanno finito per cadere nel capriccio del riformatore, il quale, in ultima istanza, decide non soltanto il senso della parola di Dio, ma il fatto stesso di detta parola. Così Martin Lutero ritiene che nel suo sistema di panteismo siano dogmi da stabilire l’inutilità delle opere e la sufficienza della sola fede, e quindi dichiarerà che l’epistola di san Giacomo è una epistola di paglia, e non una epistola canonica, per il solo fatto che vi si insegna la necessità delle opere per la salvezza. In tutti i tempi e sotto tutte le forme sarà lo stesso: niente formule ecclesiastiche, la sola scrittura, ma interpretata, ma scelta, ma presentata da colui o da coloro che hanno interesse alla innovazione. La trappola è pericolosa per i semplici, e solo molto dopo ci si rende conto di essere stati ingannati, e che la parola di Dio, questa spada a doppio taglio, come dice l’apostolo, ha causato gravi ferite perché era maneggiata da figli di perdizione.

-7-

3° Introduzione di formule erronee

Il terzo principio degli eretici sulla riforma della liturgia, dopo aver eliminato le formule ecclesiastiche e proclamato l’assoluta necessità di non utilizzare che le parole della scrittura nel servizio divino, accorgendosi che la scrittura non si piega sempre, come essi vorrebbero, a tutti i loro voleri, il loro terzo principio è, noi diciamo, di fabbricare e introdurre delle formule diverse, piene di perfidia, mediante le quali i popoli siano ancor più solidamente incatenati nell’errore, e tutto l’edificio della riforma empia sia consolidato per secoli.

4° Abituale contraddizione con i princìpi

Non ci si deve meravigliare della contraddizione che l’eresia denota in tal modo nelle sue opere, se si tiene presente che il quarto principio o, se si vuole, la quarta necessità imposta ai settari dalla natura stessa del loro stato di rivolta, è una abituale contraddizione con i loro stessi princìpi. Così deve essere per la loro confusione nel gran giorno, che presto o tardi viene, in cui Iddio rivela la loro nudità alla vista dei popoli che essi hanno sedotto, e anche perché non riesce all’uomo di essere conseguente: la verità sola può esserlo. Così tutti i settari, senza eccezione, cominciano col rivendicare i diritti dell’antichità: vogliono liberare il cristianesimo da tutto ciò che l’errore e le passioni degli uomini vi hanno introdotto di falso e indegno di Dio. Non vogliono nulla che non sia primitivo, e pretendono di riprendere dai suoi albori l’istituzione cristiana. Per conseguire tale effetto essi sfrondano, fanno scomparire, sopprimono: tutto cade sotto i loro colpi, e quando si lavora a ripristinare nella sua originaria purezza il culto divino, si trova che si è inondati di formule nuove che non datano che dal giorno prima, che sono incontestabilmente umane, dato che chi le ha redatte vive ancora. Ogni setta subisce questa necessità: lo abbiamo visto per i monofisiti, per i nestoriani, ritroviamo la stessa cosa in tutte le branche dei protestanti. La loro affettazione di predicare l’antichità non è giunta se non a metterli in condizione di battere in breccia tutto il passato, e poi si sono messi di fronte ai popoli sedotti e hanno giurato loro che tutto andava bene, che le superfetazioni papiste erano scomparse, che il culto divino era ritornato alla sua santità originaria. Sottolineiamo ancora una caratteristica nell’ambito del cambiamento della liturgia da parte degli eretici. Ed è che nella loro furia di innovare essi non si accontentano di sfrondare le formule di stile ecclesiastico, da loro marchiate col nome di parola umana, ma estendono la loro riprovazione alle letture e alle preghiere che la Chiesa ha improntato alla scrittura. Cambiano, sostituiscono, non vogliono pregare con la Chiesa, così si scomunicano da sé stessi e temono fin la minima particella dell’ortodossia che ha presieduto alla scelta di quei passaggi.

5° Eliminazione delle cerimonie e delle formule che esprimono misteri

Dato che la riforma della liturgia è stata intrapresa dai settari con lo stesso scopo della riforma del dogma, di cui è la conseguenza, ne consegue che come i protestanti si sono separati dall’unità al fine di credere di meno, così sono stati indotti a togliere dal culto tutte le cerimonie, tutte le formule che esprimono misteri. Hanno accusato di superstizione, di idolatria tutto quello che non gli sembrava puramente razionale, restringendo così le espressioni della fede, ostruendo con il dubbio e addirittura con la negazione tutte le vie che aprono al mondo soprannaturale. In tal modo non più sacramenti, eccetto il battesimo, in attesa del soccinianesimo che ne libererà i suoi adepti; non più sacramentali, benedizioni, immagini, reliquie dei santi, processioni, pellegrinaggi, ecc. Non vi è più altare, ma semplicemente un tavolo, non più sacrificio, come vi è in ogni religione, ma semplicemente una cena; non più chiesa, ma solamente un tempio, come presso i greci e i romani; non più architettura religiosa, perché non ci sono più misteri; non più pittura e scultura cristiana, perché non vi è più religione sensibile; infine non più poesia, in un culto che non è fecondato né dall’amore né dalla fede.

-8-

6° Estinzione dello spirito di preghiera

La soppressione dei misteri nella liturgia protestante doveva produrre senza fallo l’estinzione totale di quello spirito di preghiera che nel cattolicesimo si chiama unzione. Un cuore in rivolta non ha più amore, e un cuore senza amore potrà tutt’al più produrre delle espressioni passabili di rispetto o di timore, con la freddezza superba del fariseo: tale è la liturgia protestante. Si sente che colui che la recita si compiace di non appartenere al numero di quei cristiani papisti i quali abbassano Iddio al loro livello con la familiarità del loro linguaggio volgare.

7° Esclusione dell’intercessione della Vergine e dei santi

Trattando nobilmente con Dio la liturgia protestante non ha bisogno di intermediari creati. Essa crede di mancare al rispetto dovuto all’Essere supremo invocando l’intercessione della Santa Vergine, la protezione dei santi. Esclude tutta l’idolatria papista che domanda alla creatura quello che dovrebbe domandare a Dio solo. Sbarazza il calendario da tutti i nomi di uomini che la Chiesa romana iscrive con tanta temerità a fianco del nome di Dio: ha soprattutto in orrore quelli dei monaci e di altri personaggi degli ultimi tempi, che vi vede figurare a fianco dei nomi riveriti degli apostoli scelti da Gesù Cristo, dai quali fu fondata la Chiesa primitiva, che sola fu pura nella fede, e libera da ogni superstizione nel culto e da ogni rilassamento nella morale.

8° L’uso del volgare nel servizio divino

Poiché la riforma liturgica ha tra i suoi fini principali l’abolizione degli atti e delle formule mistiche, ne segue necessariamente che i suoi autori debbano rivendicare l’uso della lingua volgare nel servizio divino. Questo è uno dei punti più importanti agli occhi dei settari. Il culto non è una cosa segreta, essi dicono: il popolo deve capire quello che canta. L’odio per la lingua latina è innato nel cuore di tutti i nemici di Roma: costoro vedono in essa il legame dei cattolici nell’universo, l’arsenale dell’ortodossia contro tutte le sottigliezze dello spirito settario, l’arma più potente del papato. Lo spirito di rivolta, che li induce ad affidare all’idioma di ciascun popolo, di ciascuna provincia, di ciascun secolo la preghiera universale, ha del resto prodotto i suoi frutti, e i riformati sono in grado ogni giorno di accorgersi che i popoli cattolici, nonostante le loro preghiere in latino, gustano meglio e compiono con più zelo i doveri del culto dei popoli protestanti. A ogni ora del giorno ha luogo nelle chiese cattoliche il servizio divino; il fedele che vi assiste lascia sulla soglia la sua lingua materna; al di fuori dei momenti di predicazione egli non intende che accenti misteriosi, che cessano di risuonare nel momento più solenne, il canone della messa. E tuttavia questo mistero lo affascina talmente che non invidia la sorte del protestante, quantunque l’orecchio di quest’ultimo non intenda mai suoni di cui non capisce il significato.

Mentre il tempio riformato, una volta alla settimana, riunisce a fatica i cristiani puristi, la Chiesa papista vede senza posa i suoi numerosi altari assediati dai suoi religiosi figli; ogni giorno essi si allontanano dal loro lavoro per venire ad ascoltare queste parole misteriose che devono essere di Dio, perché nutrono la fede e leniscono i dolori. Riconosciamolo, è un colpo maestro del protestantesimo aver dichiarato guerra alla lingua sacra: se fosse riuscito a distruggerla, il suo trionfo avrebbe fatto un gran passo avanti. Offerta agli sguardi profani come un vergine disonorata, la liturgia, da questo momento, ha perduto il suo carattere sacro, e ben presto il popolo troverà eccessiva la pena di disturbarsi nel proprio lavoro o nei propri piaceri per andare a sentir parlare come si parla sulla pubblica piazza. Togliete alla Église française le sue declamazioni radicali e le sue diatribe contro la pretesa venalità del clero, e andate a vedere se il popolo continuerà a lungo ad andare a sentire il sedicente primate delle Gallie gridare: “Le Seigneur soit avec vous”; e altri rispondergli: “Et avec votre esprit”. Tratteremo altrove, in modo specifico, della lingua liturgica.

-9-

9° Diminuire il numero delle preghiere

Togliendo dalla liturgia il mistero che umilia la ragione, il protestantesimo si guardava bene dal dimenticarne la conseguenza pratica, cioè la liberazione dalla fatica e dal disagio imposti al corpo dalle pratiche della liturgia papista. Innanzi tutto non più digiuno e astinenza, non più genuflessione nella preghiera, per il ministro del tempio non più offici giornalieri da compiere, neppure preghiere canoniche da recitare in nome della Chiesa. Questa è una delle forme principali della grande emancipazione protestante: diminuire il numero delle preghiere pubbliche e personali. L’evento ha dimostrato ben presto che la fede e la carità, che si alimentano della preghiera, si sarebbero estinte nella riforma, mentre esse non cessano di alimentare presso i cattolici, tutti gli atti di devozione a Dio e agli uomini, fecondate come sono dalle ineffabili risorse della preghiera liturgica compiuta dal clero secolare e regolare, cui si unisce la comunità dei fedeli.

10° Odio verso Roma e le sue leggi

Come era necessaria al protestantesimo una regola per discernere tra le istituzioni papiste quelle che potevano essere più ostili al suo principio, esso ha dovuto scavare nelle fondamenta dell’edificio cattolico, e trovare la pietra fondamentale che lo sostiene tutto. Il suo istinto gli ha fatto scoprire innanzi tutto il dogma inconciliabile con ogni innovazione: la potestà papale. Quando Lutero scrisse sulla sua bandiera: odio verso Roma e le sue leggi, non faceva che proclamare ancora una volta il grande principio di tutte le branche della setta antiliturgica. Quindi ha dovuto abrogare in massa il culto e le cerimonie, come l’idolatria di Roma; la lingua latina, l’ufficio divino, il calendario, il breviario, tutte abominazioni della grande meretrice di Babilonia. Il romano pontefice pesa sulla ragione con i suoi dogmi, pesa sui sensi con le sue pratiche rituali: bisogna dunque proclamare che i suoi dogmi non sono che bestemmia ed errore, e le sue osservanze liturgiche soltanto un mezzo per fondare più fortemente un dominio usurpato e tirannico. È per questo motivo che, nelle sue litanie emancipate, la chiesa luterana continua a cantare ingenuamente: “Dal furore omicida, dalla calunnia, dalla rabbia e dalla ferocia del turco e del papa, liberaci o Signore” [17].

È questo il luogo per richiamare le ammirabili considerazioni di Joseph de Maistre, nel suo libro Du Pape, ove mostra con tanta sagacia e profondità, che nonostante le dissonanze che dovrebbero separare le une dalle altre le diverse sette separate, vi è una qualità nella quale si uniscono tutte, che è la “non romanità”. Immaginate una qualunque innovazione, sia in materia di dogma sia in materia di disciplina, e vedete se è possibile realizzarla senza incorrere, volenti o nolenti, nella nota di “non romano”, o se volete in quella di “meno romano”, se si manca di audacia. Resta da sapere quale pace potrà trovare un cattolico nella prima, o anche nella seconda di queste situazioni.

11° Distruzione del sacerdozio

L’eresia antiliturgica, per stabilire per sempre il suo regno, aveva bisogno di distruggere in fatto e in diritto il sacerdozio nel cristianesimo, perché sentiva che dove vi è un pontefice vi è un altare, e dove vi è un altare vi è un sacrificio, e quindi un cerimoniale mistico. Dunque dopo aver abolito la qualità di sommo pontefice, bisognava annientare il carattere del vescovo dal quale emana la mistica imposizione delle mani che perpetua la sacra gerarchia. Di qui un lato presbiterianesimo, che non è che la conseguenza immediata della soppressione del sommo pontificato. Da allora non vi sono più sacerdoti propriamente detti: come farà la semplice elezione, senza consacrazione, a rendere un uomo consacrato? La riforma di Lutero e di Calvino non conosce dunque che ministri di Dio, o degli uomini, come si vedrà. Ma è impossibile fermarsi qui. Scelto, istallato da laici, portando nel tempio la toga di una magistratura bastarda, il ministro non è che un laico investito di funzioni accidentali. Dunque nel protestantesimo non vi sono più altro che laici. E doveva essere così, perché non vi è più liturgia, come non vi è più liturgia perché non vi sono più altro che laici.

-10-

12° Il principe capo della religione

Infine, ed è l’ultimo grado dell’abbrutimento, non esistendo più il sacerdozio, dato che la gerarchia è morta, il principe, la sola autorità possibile tra i laici, si proclamerà capo della religione, e si vedranno i più fieri riformatori, dopo essersi scosso il giogo spirituale di Roma, riconoscere il sovrano temporale come sommo pontefice, e collocare il potere sulla liturgia tra le attribuzioni del diritto maiestatico. Non ci saranno dunque più dogma, né morale, né sacramenti, né culto, né cristianesimo se non in quanto piacerà al principe, perché a lui è devoluto il potere assoluto sulla liturgia, da cui tutte queste cose hanno la loro espressione e la loro applicazione nella comunità dei fedeli. Ecco dunque l’assioma fondamentale della Riforma, e nella prassi e negli scritti dei dottori protestanti.

Quest’ultimo tratto completerà il quadro, e metterà il lettore in grado di giudicare la natura della pretesa liberazione, operata con tanta violenza nei confronti del papato per dare luogo in seguito, ma necessariamente, a una dominazione distruttiva della natura stessa del cristianesimo. È vero che ai suoi inizi la setta antiliturgica non aveva l’abitudine di blandire in questo modo i potenti: albigesi, valdesi, viclefiti, hussiti, tutti insegnavano che bisogna resistere e addirittura opporsi ai principi e ai magistrati che si trovano in stato di peccato, pretendendo che un principe sarebbe decaduto dal suo diritto dal momento in cui non fosse più in grazia di Dio. La ragione di ciò è che questi settari, temendo la giustizia dei principi cattolici, vescovi esterni, avevano tutto da guadagnare minando la loro autorità.

Ma dal momento che i sovrani, associati alla rivolta contro la Chiesa, volevano fare della religione un affare nazionale, un mezzo di governo, la liturgia, ridotta al pari del dogma, nei confini di un paese, era naturalmente di competenza della più alta autorità di quel paese, e i riformatori non potevano fare a meno di provare una viva riconoscenza verso coloro che in tal modo prestavano il soccorso di un braccio potente per stabilire e mantenere le loro teorie. È ben vero che vi è tutta una apostasia in questa preferenza data al temporale sullo spirituale in materia di religione: ma qui si tratta del bisogno stesso della conservazione. Non bisogna soltanto essere conseguenti, bisogna vivere.

È per questo che Lutero, che si era separato fragorosamente dal pontefice romano in quanto fautore di tutte le abominazioni di Babilonia, non si vergognò di dichiarare teologicamente la legittimità del doppio matrimonio per il langravio di Hesse, ed è per questo che l’abbé Gregoire trovò nei suoi princìpi il mezzo di associarsi al voto di morte contro Luigi XVI e in pari tempo di farsi il campione di Luigi XIV e Giuseppe II contro i romani pontefici.

Queste le principali massime della setta antiliturgica. Noi non abbiamo nulla esagerato: non abbiamo fatto che riportare la dottrina cento volte professata negli scritti di Lutero, di Calvino, dei Centuriatori di Magdeburgo, di Hospinian [18], di Kemnitz, ecc. I loro libri si possono consultare facilmente, o meglio l’opera che ne è uscita è sotto gli occhi di tutti.

Abbiamo creduto utile porne in luce gli aspetti più importanti. Si ricava sempre una utilità dalla conoscenza dell’errore: l’insegnamento diretto talvolta è meno vantaggioso e meno facile. Spetta ora al logico cattolico trarne il contraddittorio.



NOTE:

[1] Eusèbe Renaudot, orientalista e liturgista (Parigi 1648-ivi 1720). È autore tra l’altro della Liturgiarum orientalium collectio, 2 voll. (1715-1716), ristampata a Francoforte nel 1847, opera ancor oggi indispensabile, che contiene la messa di tutti i riti orientali, eccetto i greci e gli armeni, con note e studi eruditi [NdT].

[2] Giuseppe Simone o Simonio Assemàni (arabo as-Sim’ani), orientalista cattolico (Tripoli, Libano 1687-Roma 1768). Fu canonico vaticano, prefetto della Biblioteca vaticana e nel 1766 arcivescovo titolare di Tiro. È autore tra l’altro della Bibliotheca orientalis, opera prevista in 12 volumi, ma dei quali uscirono solo i primi quattro (Roma 1719-1728), che fu universalmente riconosciuta come basilare per la letteratura siriaca [NdT].

[3] Cirillo Lukaris, patriarca di Costantinopoli (Candia 1572-Costantinopoli 1638) Tentò di introdurre nella chiesa greca le dottrine del calvinismo, che aveva fatto proprie nella sua Confessione di fede in diciotto articoli, apparsa in latino a Ginevra nel 1629 [NdT].

[4] Marco Eugenico, arcivescovo d’Efeso, polemista scismatico bizantino (Costantinopoli 1391 o 1392-ivi 1444). Partecipò al Concilio dell’Unione degli “ortodossi” con la Chiesa cattolica (1439), ove si oppose tenacemente all’unione stessa soprattutto mediante la disputa teologica. Per questa battaglia compose una serie di scritti polemici per cui è rimasto famoso [NdT].

[5] Vigilanzio, prete gallo (Calagurris presso i Pirenei ?-dopo il 406). Fu denunziato a san Girolamo nell’anno 404 dal sacerdote Ripario come nuovo eretico di Aquitania, che in uno scritto aveva attaccato il culto dei santi e delle reliquie. Due anni più tardi Girolamo, dopo averne ricevuto le opere, compose per confutarlo il Contra Vigilantium presbyterum Gallum [N.d.T.].

[6] Berengario di Tours, eretico (Tours primi anni dell’XI secolo-ivi 1088). Studiò alla scuola di Chartres, probabilmente fu cancelliere della stessa scuola e certamente arcidiacono di Tours. Verso il 1047 cominciò a diffondere le sue opinioni sull’eucaristia. Intese dapprima negarvi la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo ma da questo sembra passato anche a negare la presenza reale. Il pane e il vino eucaristici sarebbero soltanto un simbolo che nutre le anime con il ricordo della incarnazione e della passione del Figlio di Dio. B. fu scomunicato a Roma nel 1050, la condanna fu reiterata a Vercelli nello stesso anno e a Parigi l’anno successivo. Si fece assolvere da un concilio a Tours (1054), il quale si contentò tuttavia di una professione di fede molto generica. Al Concilio Laterano del 1059 fu costretto a ritrattare le sue opinioni, ma ritornato in Francia riprese a insegnarle. Richiamato a Roma, finì per accettare una formula ortodossa davanti al Sinodo Lateranense del 1079. In seguito si ritirò presso Tours e visse in pace con la Chiesa, pur restando intimamente legato alle sue opinioni [NdT].

[7] Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes lib. XI § 17, Paris, 1688.

[8] Ivi, lib. XI § 14.

[9] Ibidem.

[10] 2Tm 2,17.

[11] Pietro di Bruys, eresiarca (Bruis, Hautes-Alpes, o Broues, Drôme primi del XII secolo-St. Gilles presso la foce del Rodano dal 1132 al 1140). Sacerdote, venne privato dell’ufficio parrocchiale. Si fece allora sobillatore del popolo contro i sacerdoti da lui considerati impostori: tra il 1112 e il 1120 aveva iniziato la sua propaganda ereticale nel Delfinato, per passare poi in Guascogna, a Narbona, Tolosa e Arles. Nel giorno di venerdì santo a St.-Gilles fu finito tra le fiamme dal popolo indignato [NdT].

[12] Enrico di Losanna, eretico (ultimi decenni dell’XI secolo-dopo il 1145). È variamente denominato; a Losanna aveva dimorato prima di comparire notoriamente in Francia. Con una seducente eloquenza popolare si presentava alle folle come profeta di Dio, scagliandosi contro la vita mondana e i vizi del clero. Ma la sua equivoca predicazione di austerità era venata di princìpi eterodossi. Convinto di eresia al Concilio di Pisa (1135) abiurò i suoi errori, continuò tuttavia la sua propaganda antiecclesiastica nel sud della Francia, collegando la sua azione con quella di Pietro di Bruys (vedi nota precedente), di cui fu considerato erede e continuatore Arrestato dal vescovo di Tolosa finì la sua vita in carcere [NdT].

[13] Pietro Valdo. Il nome Valdo, in volgare francese Valdès, derivò probabilmente da un villaggio del Delfinato, Vaux-Milieu, dal quale proveniva il ricco mercante di Lione, solo più tardi, dal 1368, conosciuto con il nome di Pietro: Petrus Valdo o de Valdo. I primi dati su di lui risalgono agli anni tra il 1170 e il 1176; in seguito a una forte emozione, causata probabilmente dal racconto della leggenda di sant’Alessio e dalle devastazioni della carestia del 1173, V. decise di distribuire tutti i suoi beni ai poveri, e di farsi “povero per amor di Dio”. Subito si creò intorno a lui un nucleo di discepoli, detti “poveri di Lione”, i quali ben presto caddero nello scisma e nell’eresia. Nel XVI secolo i valdesi aderiranno al protestantesimo [NdT].

[14] John Wyclif, eresiarca inglese (castello di Wycliffe-on-Tees, Yorkshire 1324 o 1328-Lutterworth 1384). Studiò a Oxford, nel 1353 divene maestro nel Collegio di Balliol. Fu ordinato sacerdote, si laureò in teologia nel 1372. Fin dal 1370 aveva iniziato a insegnare, commentando le sentenze di Pietro Lombardo. Si mise a capo di un movimento antipapale in Inghilterra, atteggiandosi a riformatore religioso. Scrisse varie opere di teologia. Le sue dottrine, condensate in 45 proposizioni, furono condannate dal Concilio di Costanza (4 maggio 1415) [NdT].

[15] Jan Hus, agitatore religioso (Husinec, Boemia meridionale 1370 ca.-Costanza 1415). Predicatore e professore di teologia all’università di Praga. Fece proprie gran parte delle dottrine dell’eresiarca inglese Wyclif (vedi nota precedente), e diede origine al movimento detto hussitismo. Chiamato davanti al Concilio di Costanza a difendere le proprie tesi, fu accusato di eresia: non avendo voluto ritrattare fu condannato al rogo e giustiziato il 6 luglio 1415. I suoi errori condannati dal concilio riguardano soprattutto l’ecclesiologia [NdT].

[16] Lebrun, Explications de la messe, 4, 13.

[17] Lutherisches Gesangbuch, Leipzig, 667.

[18] Rudolf Hospinian (Wirth), storico della Chiesa protestante (Altdorf, presso Zurigo, 1547-Zurigo, 1626). Figlio del parroco e decano Adrian Wirth. Le sue opere si rivolgono soprattutto contro la dottrina cattolica dei sacramenti [NdT].








fonte 


Pubblicato da ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ alle 12:35 Nessun commento:
Post più recenti Post più vecchi Home page
Visualizza la versione per cellulari
Iscriviti a: Post (Atom)

Informazioni

La mia foto
ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ
pistoia, pistoia, Italy
Visualizza il mio profilo completo

Seguici anche su Facebook

Seguici anche su Facebook
Madonna Umiltà

Santa Messa Vetus Ordo a Pistoia

Santa Messa Vetus Ordo a Pistoia
L'Associazione Madonna dell'Umiltà informa che la Santa Messa nella forma straordinaria del Rito Romano è regolarmente celebrata [anche in estate] OGNI DOMENICA e festività di precetto alle ORE 18:00 - Santo Rosario in latino alle ore 17:30 e sacerdote disponibile per le confessioni - nella CHIESA DI SAN VITALE, in via della Madonna 58 a Pistoia. Domenica 13 aprile SANTA MESSA DELLE PALME ore 17:30, preceduta dal Rosario alle 17:00. Domenica 20 aprile 2025 SANTA MESSA DI PASQUA ore 18:00.

ASSOCIAZIONE MADONNA DELL’UMILTÀ

  • FACEBOOK
  • INSTAGRAM
  • CHARLOTTE ACVP
  • Associazione Nazionale "Amici di Fatima"
  • Coordinamento Toscano Benedetto XVI
  • Divinum Officium
  • il timone
  • maranatha
  • messainlatino.it
  • messalini
  • petrus
  • Rosario latino
  • storialibera.it
  • Tomismo e Tradizione
  • totustuus.it
  • VEXILLAREGIS
  • VEXILLAREGIS :: A servizio della Tradizione Cattolica di sempre
  • VIA PULCHRITUDINIS :: Collana spirituale :: Antologia Cattolica essenziale

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO FRANCISCO

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO FRANCISCO

Benedetto XVI, Papa Emerito

Benedetto XVI, Papa Emerito
"Dietro ai modi diversi di concepire la liturgia ci sono, come di consueto, modi diversi di concepire la Chiesa, dunque Dio e i rapporti dell'uomo con Lui. Il discorso liturgico non è marginale: è stato proprio il Concilio a ricordarci che qui siamo nel cuore della fede cristiana".

ASSOCIAZIONE MADONNA DELL'UMILTÀ

ASSOCIAZIONE MADONNA DELL'UMILTÀ
La nostra Associazione si intitola alla Madonna dell'Umiltà, che si venera nella Basilica Santuario di Pistoia, dove si ricorda un importante miracolo della Madonna, avvenuto il 17 luglio 1490: il giorno di sabato, alcune pie persone, mentre assistono alla S.Messa celebrata dal sacerdote Tommaso Benannati all’altare della Madonna, al chiarore di un raggio di sole, vedono trasudare dalla fronte dell’Immagine alcune gocce di color vermiglio che scendono fino ai piedi della Vergine, segnando una larga striscia. Questo sudore dura per più settimane e mesi, e le sue tracce sono tuttora visibili.

Post più popolari

  • Denatalità, uno studio mostra che l’uomo è a rischio estinzione
    Uno studio pubblicato su PLOS One spiega che per garantire il ricambio generazionale e quindi evitare l’estinzione dell’umanità servono 2,7 ...
  • Tempi di Maria, tempi di consacrazione al suo Cuore
    Da Fatima in poi, la Madonna ha ripetutamente chiesto la consacrazione al suo Cuore Immacolato. Un libro di Pietro M. Pedalino passa in rass...
  • Fine vita, lo stop del Governo alla legge toscana non basta
    Il Governo ha impugnato alla Consulta la legge toscana sul suicidio assistito. Perché non spetta alle regioni legiferare, ma affinché questa...
  • Il nome Leone e la Dottrina sociale della Chiesa
    Il nuovo pontefice ha scelto di richiamarsi a Leone XIII e alla Rerum novarum: un'enciclica da inquadrare nell'intero corpus del pe...
  • Marcia in difesa della vita, grande partecipazione e testimonianze
    In marcia in 10mila in difesa della vita a Roma. Testimonianze di madri, prigionieri di coscienza e un malato di Sla per la difesa di un dir...

Archivio blog

  • ►  2025 (215)
    • ►  maggio (22)
    • ►  aprile (51)
    • ►  marzo (55)
    • ►  febbraio (44)
    • ►  gennaio (43)
  • ►  2024 (607)
    • ►  dicembre (44)
    • ►  novembre (48)
    • ►  ottobre (39)
    • ►  settembre (45)
    • ►  agosto (44)
    • ►  luglio (51)
    • ►  giugno (56)
    • ►  maggio (59)
    • ►  aprile (58)
    • ►  marzo (60)
    • ►  febbraio (55)
    • ►  gennaio (48)
  • ►  2023 (484)
    • ►  dicembre (47)
    • ►  novembre (49)
    • ►  ottobre (40)
    • ►  settembre (45)
    • ►  agosto (50)
    • ►  luglio (49)
    • ►  giugno (24)
    • ►  maggio (40)
    • ►  aprile (40)
    • ►  marzo (37)
    • ►  febbraio (34)
    • ►  gennaio (29)
  • ►  2022 (459)
    • ►  dicembre (37)
    • ►  novembre (39)
    • ►  ottobre (40)
    • ►  settembre (22)
    • ►  agosto (46)
    • ►  luglio (33)
    • ►  giugno (24)
    • ►  maggio (30)
    • ►  aprile (43)
    • ►  marzo (42)
    • ►  febbraio (45)
    • ►  gennaio (58)
  • ►  2021 (438)
    • ►  dicembre (73)
    • ►  novembre (60)
    • ►  ottobre (31)
    • ►  settembre (23)
    • ►  agosto (40)
    • ►  luglio (54)
    • ►  giugno (54)
    • ►  maggio (27)
    • ►  aprile (22)
    • ►  marzo (29)
    • ►  febbraio (20)
    • ►  gennaio (5)
  • ►  2020 (140)
    • ►  dicembre (3)
    • ►  novembre (10)
    • ►  ottobre (1)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (5)
    • ►  maggio (17)
    • ►  aprile (11)
    • ►  marzo (19)
    • ►  febbraio (29)
    • ►  gennaio (33)
  • ▼  2019 (305)
    • ►  dicembre (33)
    • ►  novembre (27)
    • ►  ottobre (33)
    • ►  settembre (35)
    • ►  agosto (18)
    • ►  luglio (17)
    • ►  giugno (26)
    • ►  maggio (37)
    • ►  aprile (32)
    • ►  marzo (15)
    • ►  febbraio (13)
    • ▼  gennaio (19)
      • La piccola martire che sfidò i crudeli comunisti c...
      • Sia lodato Gesù Cristo! L’importanza di un saluto ...
      • L'Eucaristia come una merenda
      • Padre Candido Amantini spiega le tentazioni
      • NEW YORK, ABORTO FINO A NOVE MESI. PIETOSI TENTATI...
      • Monasteri di clausura. Uno sterminio silenzioso
      • Se davvero si capisse che che cos’è la Messa
      • Intervista ad Aldo Maria Valli: Così la Chiesa an...
      • Guéranger spiega La catastrofe che fu il luteranesimo
      • “Sono caduto Ebreo e mi sono alzato Cristiano”: la...
      • IL DECRETO DEL PAPA Chiude Ecclesia Dei, ombre su...
      • Il ’68, sfida per i cattolici oggi. La lezione di ...
      • Perché i pittori dipingevano la Madonna nera
      • Ma la religione è morta?
      • Un'intervista con il Cardinal Brandmüller sulla cr...
      • FESTA DI SANT'ANTONIO ABATE AL MULINACCIO VAIANO: ...
      • Conferenza a Firenze di Mons. Nicola Bux sulla San...
      • Il destino delle nostre Chiese vuote
      • O LA TRADIZIONE O IL NULLA
  • ►  2018 (251)
    • ►  dicembre (12)
    • ►  novembre (20)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (18)
    • ►  agosto (20)
    • ►  luglio (30)
    • ►  giugno (26)
    • ►  maggio (28)
    • ►  aprile (19)
    • ►  marzo (28)
    • ►  febbraio (20)
    • ►  gennaio (20)
  • ►  2017 (350)
    • ►  dicembre (18)
    • ►  novembre (26)
    • ►  ottobre (25)
    • ►  settembre (30)
    • ►  agosto (27)
    • ►  luglio (29)
    • ►  giugno (33)
    • ►  maggio (26)
    • ►  aprile (24)
    • ►  marzo (29)
    • ►  febbraio (36)
    • ►  gennaio (47)
  • ►  2016 (591)
    • ►  dicembre (28)
    • ►  novembre (33)
    • ►  ottobre (56)
    • ►  settembre (43)
    • ►  agosto (44)
    • ►  luglio (45)
    • ►  giugno (59)
    • ►  maggio (73)
    • ►  aprile (50)
    • ►  marzo (56)
    • ►  febbraio (54)
    • ►  gennaio (50)
  • ►  2015 (612)
    • ►  dicembre (55)
    • ►  novembre (55)
    • ►  ottobre (73)
    • ►  settembre (49)
    • ►  agosto (38)
    • ►  luglio (41)
    • ►  giugno (35)
    • ►  maggio (35)
    • ►  aprile (51)
    • ►  marzo (59)
    • ►  febbraio (59)
    • ►  gennaio (62)
  • ►  2014 (625)
    • ►  dicembre (53)
    • ►  novembre (51)
    • ►  ottobre (63)
    • ►  settembre (57)
    • ►  agosto (34)
    • ►  luglio (45)
    • ►  giugno (49)
    • ►  maggio (68)
    • ►  aprile (61)
    • ►  marzo (74)
    • ►  febbraio (33)
    • ►  gennaio (37)
  • ►  2013 (601)
    • ►  dicembre (38)
    • ►  novembre (43)
    • ►  ottobre (41)
    • ►  settembre (39)
    • ►  agosto (28)
    • ►  luglio (29)
    • ►  giugno (45)
    • ►  maggio (57)
    • ►  aprile (62)
    • ►  marzo (80)
    • ►  febbraio (69)
    • ►  gennaio (70)
  • ►  2012 (637)
    • ►  dicembre (51)
    • ►  novembre (58)
    • ►  ottobre (53)
    • ►  settembre (56)
    • ►  agosto (49)
    • ►  luglio (43)
    • ►  giugno (63)
    • ►  maggio (67)
    • ►  aprile (53)
    • ►  marzo (52)
    • ►  febbraio (41)
    • ►  gennaio (51)
  • ►  2011 (461)
    • ►  dicembre (48)
    • ►  novembre (33)
    • ►  ottobre (43)
    • ►  settembre (51)
    • ►  agosto (32)
    • ►  luglio (33)
    • ►  giugno (36)
    • ►  maggio (49)
    • ►  aprile (34)
    • ►  marzo (35)
    • ►  febbraio (38)
    • ►  gennaio (29)
  • ►  2010 (69)
    • ►  dicembre (22)
    • ►  novembre (13)
    • ►  ottobre (14)
    • ►  settembre (18)
    • ►  agosto (1)
    • ►  febbraio (1)

Cerca nel blog

Tema Filigrana. Powered by Blogger.