venerdì 25 luglio 2025

L’Occidente in fuga dalla vita, dalla realtà, dalla verità. "Anche se tutti, noi no!"




Noi siamo noi!


Roberto Pecchioli, 24 luglio 2025


Marcello Veneziani ha espresso la fatica, la stanchezza e finanche l’angoscia di impegnarsi, scrivere, pensare, obiettare, in un mondo che non riconosciamo più, che non ci piace, non ascolta e che rinunciamo a comprendere. All’intellettuale pugliese ha risposto uno scienziato, Franco Battaglia, noto per le sue battaglie contro i talebani del clima, esortando Veneziani a non cedere allo sconforto, poiché il suo sarebbe il disagio di chi si sente solo, l’unico a difendere , come il tenente Drogo, la svuotata Fortezza Bastiani. Non è così: chi ha scelto una certa barricata ha messo nel conto insulti, bugie, isolamento. Il problema è più profondo e lo ha colto con lucidità un’ altra personalità di rilievo, Ettore Gotti Tedeschi.

La stanchezza, lo scoramento, la percezione di inanità della battaglia deriva dall’estendersi del male, dalla vittoria apparentemente inarrestabile di visioni della vita incompatibili con cuore e ragione, che dominano l’Occidente in fuga dalla vita, dalla realtà, dalla verità. Il male di vivere sta nel Male che tracima da ogni lato.

Torna la lezione inascoltata di Nietzsche: “ la volontà di verità, che ci sedurrà ancora a molte imprese arrischiate, quali domande ci ha già proposto, questa volontà di verità”. Sì, è la sete di verità l’unico movente che non fa smettere di pensare, agire, urlare. Anche se tutti, noi no! cantava un inno di battaglia. Finché avremo respiro non gliela daremo vinta.

Perché abbiamo ragione, perbacco. Se ci siamo seduti dalla parte del torto non è perché gli altri posti erano occupati, come scrisse Brecht. Alzavamo a denti stretti con le lacrime agli occhi la bandiera della verità contro il male, contro il tempo, contro il gregge e i suoi pastori.

Ci vuole coraggio, un pizzico di follia e di autolesionismo per continuare a lottare e contrastare il mondo alla rovescia. Viene voglia di chiudersi in casa sognando una muraglia circondata da un profondo fossato popolato da coccodrilli. Esci e ti trovi non nella tua città, nella terra che ami e ritenevi tua, ma a Rabat, a Mombasa, a Guayaquil, a seconda del quartiere. Entri nel bar o dal parrucchiere e sei a Pechino; dovunque facce, modi di vivere estranei.

Ma estraneo è chi guarda stranito e straniero, esule senza essersi mosso. Non ci hanno mai chiesto se eravamo d’accordo a scomparire, come popolo, lingua, cultura, etnia. Una vecchia canzone francese si domandava “que reste-t-il de nos amours”? Nulla, non resta nulla dei nostri amori. Veneziani lo sa e ne soffre come noi. Eppure non si cede neppure un metro, perché noi siamo noi e abbiano ragione contro vento e marea. Il testo di Charles Trenet diceva così “ stasera il vento che batte alla mia porta mi parla di amori morti davanti al fuoco che si spegne. Stasera c’è una canzone d’autunno nella casa che trema e pensa ai giorni lontani. “

La mia generazione è ferita ma, come Enrico Toti, lancia ancora la stampella contro il nemico. Avevamo una patria e non c’è più, come lo Stato che la incarnava. Avevamo il fortilizio della famiglia e oggi vediamo macerie, solitudine, inversione. Eravamo credenti e oggi siamo oltre l’ateismo, nel tempo dell’indifferenza spirituale, della gelida assenza di Dio, di qualunque Dio.

Amavamo la bellezza e viviamo nel trionfo del brutto. Bruttura e bruttezza si confondono mentre trionfa “ciò che serve”. Oltre un secolo fa, all’inizio della crisi di un mondo in procinto di andare in frantumi nel massacro della Prima Guerra Mondiale che distrusse gli imperi e consegnò l’Europa all’irrilevanza, il poeta Camillo Sbarbaro coglieva con la sensibilità degli artisti il senso di ciò che intravvedeva. “Camminiamo io e te come sonnambuli. /E gli alberi son alberi, le case sono case/, le donne che passano son donne, e tutto è quello che è, / soltanto quel che è./ La vicenda di gioia e di dolore /non ci tocca.
Perduto ha la voce /la sirena del mondo, e il mondo è un grande deserto./Nel deserto io guardo con asciutti occhi me stesso”. Quel disincanto fa sì che vinca l’indifferenza; il mondo è un deserto ma la vicenda di gioia e di dolore ci tocca, eccome. Perché siamo vivi, perché la rassegnazione è la prova della sconfitta accettata senza battersi.

Che cosa dovremmo pensare aprendo la finestra sul deserto? Ogni giorno ha la sua croce, due, tre, mille croci sempre nuove. Ora sappiamo dell’esistenza della “madre intenzionale”, la lesbica la cui compagna ha partorito un figlio concepito con metodi zootecnici artificiali ma ha diritto al congedo di “paternità”. Avete letto bene e probabilmente non vi fa alcun effetto. Siete figli di questo tempo, pensate che va bene così; se lo dice la legge ogni obiezione è rimossa. Non vi sfiora il dubbio di essere presi in giro, di essere destinatari di immense menzogne?

Perché credete al potere? Lo stesso che manda a processo chi ci difende dai violenti e accusa di omicidio i militari italiani testimoni di una tragedia del mare. Gli invasori – chi entra in casa mia senza consenso si chiama così- sono morti , ma il processo non è a chi li ha portati- scafisti, finanziatori, promotori, sfruttatori dell’immigrazione- ma a chi non ha potuto salvarli secondo la legge del mare. Ladri, assassini, rapinatori, spacciatori girano indisturbati perché così vuole la legge – i magistrati applicano estensivamente norme votate dal parlamento- ma Gianni Alemanno è in galera da sette mesi per un reato – traffico di influenze- pressoché impalpabile.

Un nuovo orientamento giurisprudenziale esclude la recidiva per i ladri che rubano somme modeste. Ricorda la battuta su quella ragazza che era incinta, ma solo un po’.

Ci annoiano sino all’estenuazione con la favoletta della democrazia, ma un musicista russo non può esprimere la sua arte in Italia in quanto “collaborazionista” di Putin. Totalitarismo più ignoranza, giacché collaborazionista è lo straniero che aiuta il nemico, non un russo che sostiene la sua Patria. Non si può parlare di genocidio a Gaza per non incorrere nel delitto di antisemitismo, ma il cardinale Pizzaballa evoca apertamente Satana dinanzi al terribile spettacolo della città distrutta, affamata dai paladini del santo Occidente le cui sanzioni non raggiungono Tel Aviv.

La nostra è una civilizzazione assassina e insieme suicida. Non la bandiera arcobaleno, ma l’insegna nera con teschio e tibie dei pirati è il nostro autentico simbolo. Purché chi muore sia qualcun altro.
Noi ci limitiamo a uccidere i non nati e prestissimo anche i neonati, mentre il suicidio assistito e la morte di Stato- l’assassinio che farà più ricche le assicurazioni e darà respiro alla previdenza —è ormai sdoganato nella coscienza (coscienza…) di massa. Volontà di potenza e il suo contrario, tutto frullato insieme in un veleno che infetta anima e corpo.

Nietzsche il pazzo, colui che annunciò la morte di Dio con gli occhi sbarrati, enumerava le quattro forme della volontà dell’animale umano: volontà di falsità, di crudeltà, di voluttà, di potenza. Aveva ragione, ma chi ascolta i filosofi al tempo della chatbox di Intelligenza Artificiale e della mistica dei diritti, della comodità, dell’assenza di limiti. Eppure andiamo avanti a testa alta, noi che siamo noi e abbiamo ragione, da soli o in scarsa brigata, un po’ per non morire e molto per non darla vinta a chi ha ridotto un popolo a energumeni/e tatuati creduloni che pagano il caffé con lo smartphone, convinti di essere liberi.

Inutile spiegare loro che appartengono a una generazione di schiavi: i muri della caverna, abbellita da lustrini e cotillons, sono il mare aperto in cui navigano armati di dispositivi elettronici.
La sfida è tra chi pensa, soffre e vive e chi si lascia vivere, ostaggio del suo tempo. Forse non è vero che siamo oltre l’ateismo: dilaga uno strano politeismo in cui ciascuno fabbrica il dio che preferisce. Il nuovo idolo è l’autopercezione: io sono ciò che mi sento di essere. Un gatto, una drag queen, un palo della luce. Ancora Nietzsche, compagno di pazzia: “interpretazione, non spiegazione. Non c’è nessun fatto concreto, tutto è fluido, inafferrabile, cedevole”. Se proprio lo volete sapere, io penso seriamente che, nonostante tutto, siamo “noi, pochi felici” (we, happy few di Shakespeare nell’Enrico V) gli unici ancora vivi. Noi siamo noi e “ loro” non sono nulla, figurine alla deriva in corsa verso fugaci sollievi.

Allegro, Marcello Veneziani: tu sei vivo, senziente e pensante. E se cerchi su Google we happy few la risposta non è il verso di Shakespeare, relegato nella seconda o terza pagina, ma un videogioco in cui un gruppo di persone tenta disperatamente di mantenere una falsa felicità in una realtà distopica attraverso l'uso di droghe. Noi siamo noi, loro sono loro, il nulla dipinto, il disegno trompe l’oeil su una parete scabra, la confezione senza contenuto. Se le nostre facce, le nostre parole, idee, scritti non piacciono alla plebe desiderante che ci circonda, che si girino dall’altra parte. Non credendo in niente, sono loro i veri infelici.

Con tutta la nostra sofferenza, il cuore spezzato e la speranza abbandonata, noi restiamo ancora uomini e donne vivi, veri, liberi, pensanti. Nessuna tristezza, il viaggio prosegue.
Cantiamo alla rovescia (tanto il mondo è al contrario) Ho visto un re di Dario Fo, maschera geniale, premio Nobel perché anche la letteratura è capovolta: sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa bene al re, fa bene al ricco e all’intellettuale. Diventan tristi se noi ridiam.






giovedì 24 luglio 2025

Qual é l’esempio migliore per far capire il valore inimmaginabile della Messa?





Corrado Gnerre,

C’è una bellezza riguardante la Santa Messa che solitamente non viene detta. Ovvero che in essa vengono sospese le categorie dello spazio e del tempo. E’ un senso del mistero che spesso non viene adeguatamente evidenziato. Oggi, molti che partecipano alla Messa non sanno queste cose, eppure è così.

Per spiegare la Messa –soprattutto ai più giovani– si può fare questo esempio. Bisogna immaginare la possibilità di andare fantascientificamente indietro nel tempo: prendere cioè una sorta di “macchina del tempo” e viaggiare nella storia. Ecco: la Messa è una sorta di “macchina del tempo” per andare all’indietro e andarsi a porre veramente e non con la semplice immaginazione ai piedi della Croce di Gesù sul Calvario.

Gesù è il Dio che si è fatto uomo. In Lui si è realizzata l’unione di due nature (umana e divina) in un unico soggetto (divino). Si sa che la dignità delle azioni è data dalla dignità del soggetto che compie l’azione. Un conto se a passeggiare sotto il proprio fabbricato sia un uomo qualunque; un altro se fosse il Presidente della Repubblica. In quest’ultimo caso non solo vi affaccereste, ma trovereste chissà quale folla a fare ressa presso il vostro portone. Dunque, la dignità delle singole azioni è data dalla dignità del soggetto che le compie. Se il soggetto è umano, le azioni avranno un valore umano, cioè finito; se il soggetto è divino, le azioni avranno un valore divino, cioè infinito. Tornando a Gesù, va detto che ogni sua azione, proprio perché voluta e compiuta da un soggetto divino, ha avuto un valore infinito. Infinito vuol dire che non è esauribile nello spazio e nel tempo.

Quando Gesù nell’Ultima Cena ha istituito il Sacramento dell’Eucaristia, ha celebrato la prima Messa e ha anticipato veramente, ma non cruentamente, ciò che si sarebbe compiuto il giorno dopo sul Calvario. Lo ha potuto fare, perché quel gesto avrebbe avuto un valore infinito; dunque non era e non è esauribile nel tempo e nello spazio. Quel gesto fu anticipato, ma sarebbe stato possibile posticiparlo sempre.

Dunque, sull’altare-Calvario si compie realmente, ma in maniera incruenta, lo stesso sacrificio che Gesù compì sulla croce. Infatti sul Calvario la vittima era Gesù; e sull’altare la vittima (hostia) è lo stesso Gesù. Sul Calvario il sacerdote era Gesù che offriva se stesso all’Eterno Padre; sull’altare il vero sacerdote è Gesù che offre se stesso per mezzo del prete altro-Cristo.

Ecco dunque la Messa. Mentre ogni preghiera –pur importante– ha sempre un valore finito, perché è l’uomo che prega Dio e si offre a Lui; la Messa ha sempre un valore infinito perché è Dio stesso che si offre al Padre. Facciamo un altro esempio. Prendiamo una bilancia, quella antica, con i classici due piatti. Su un piatto mettiamo tutte le preghiere di questo mondo e sull’altro una sola Messa. Ebbene, la bilancia penderebbe dalla parte della sola Messa. Più azioni finite formano una realtà finita, l’infinito rimane invece sempre infinito.

Se queste cose si capissero la gente correrebbe continuamente alla Messa. San Pio da Pietrelcina soleva dire: se la gente sapesse cosa è la Messa, dinanzi alle chiese occorrerebbero i carabinieri per governare le folle. E diceva ancora: è più facile che il mondo si regga senza il sole, piuttosto che senza la Messa.

Quando sentiamo obiezioni del tipo: Perché andare a Messa? Perché non posso pregare per i fatti miei e a casa mia? Ecco, queste obiezioni possono nascere perché non si sa cosa è la Messa e quindi non se ne capisce l’insostituibilità. Si può vivere davvero la propria esperienza cristiana se almeno una volta alla settimana non ci si va a mettere ai piedi della Croce di Cristo?

Spesso si sente anche chiedere: Come si può pregare meglio? Come più facilmente si possono ottenere le grazie? Ebbene, il momento più proficuo per pregare è proprio il momento della Consacrazione eucaristica (ovvero il centro della Messa): può Dio negarci qualcosa nel momento in cui sta offrendo la vita per noi?

Detto questo, chiediamoci: perché queste cose sembra che non le conosca più nessuno? Per non parlare dei ragazzi: niente di niente! Per rispondere basterebbe fare un solo riferimento. L’altare di una volta simboleggiava il Calvario, oggi invece è una tavola. Non c’è da aggiungere altro.





mercoledì 23 luglio 2025

I cattolici smarriti in preda delle più nefande ideologie




“Per vivere in eterno non occorre ingannare la morte, ma servire la vita”. I cattolici ai tempi del suicidio assistito


Di Sabino Paciolla, 23 lug 2025

Si assiste oggi ad uno sport che da oltre un decennio è diventato particolarmente trendy, ovvero la semina della confusione e del dubbio, in particolare sulla Dottrina della Chiesa, con l’esito di creare cattolici incerti, smarriti e preda delle più nefande ideologie. La particolarità di questo ultimo decennio è che questo sport sia appannaggio non solo di esponenti esterni alla Chiesa ma anche di personaggi un tempo difensori dell’ortodossia, ed ora apparentemente normalizzati alla media della cultura nichilista di massa. Ad aggravare la situazione è il fatto che tale “patologia”, tale debolezza culturale, pare attaccare anche alti esponenti della Chiesa.

Accade che forze e testate cattoliche si prodighino per la proposta e approvazione di un disegno di legge sul suicidio assistito.

Eppure, la dottrina della Chiesa Cattolica, a tal proposito, è chiara. Essa considera la vita umana sacra e inviolabile, dal concepimento fino alla morte naturale, e di conseguenza si oppone fermamente sia all’aborto sia all’eutanasia sia al suicidio assistito, anticamera culturale e porta di servizio per l’eutanasia tout court. Questa posizione è radicata in documenti magisteriali fondamentali, come le encicliche Humanae Vitae (1968) di Papa San Paolo VI, Evangelium Vitae (1995) di Giovanni Paolo II e il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC).

Posizione della Chiesa riguardo l’eutanasia


L’eutanasia, intesa come un’azione o omissione volta a provocare deliberatamente la morte di una persona per alleviarne le sofferenze, è definita un “atto intrinsecamente cattivo” (CCC, n. 2277; Evangelium Vitae, n. 65). La Chiesa distingue l’eutanasia dalla sospensione di trattamenti sproporzionati (accanimento terapeutico), che è moralmente accettabile quando rispetta la dignità del malato e il decorso naturale della vita.

Partecipazione alla votazione da parte dei politici

La dottrina cattolica invita i fedeli a vivere coerentemente con la propria fede in tutti gli ambiti, inclusa la partecipazione politica e il voto. In particolare, la Chiesa sottolinea che i cattolici hanno il dovere di promuovere il bene comune e difendere la vita umana. Questo implica un orientamento chiaro contro leggi o politiche che favoriscano aborto o eutanasia.

Punti chiave
  • Responsabilità morale nel voto: Secondo la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (2002) della Congregazione per la Dottrina della Fede (Prefetto Card. Ratzinger), i cattolici devono opporsi a leggi che violano i principi morali fondamentali, come il diritto alla vita. Non sostenere o non votare per proposte che promuovano aborto o eutanasia è considerato un dovere morale, specialmente per chi ricopre ruoli pubblici (es. parlamentari cattolici).
  • Coscienza ben formata: Il Catechismo (n. 1789) e altri documenti sottolineano che i cattolici devono agire secondo una coscienza ben formata, conforme agli insegnamenti della Chiesa. Partecipare a una votazione che promuova direttamente la “cultura della morte” (es. leggi che legalizzano aborto o eutanasia) contraddice questo principio.
  • Gerarchia dei valori: In Evangelium Vitae (n. 73-74), Giovanni Paolo II chiarisce che “Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l’aborto o l’eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, «né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto». (n.22 di Dichiarazione sull’aborto procurato)
Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva GIA’ IN VIGORE o MESSA AL VOTO (da altri, ndr).”. (maiuscolo ed enfasi miei, ndr)

Quali sono le implicazioni pratiche?
  • Cattolici laici: I fedeli sono chiamati a scegliere rappresentanti politici e politiche che rispettino la dignità della vita.
  • Politici cattolici: Per chi ricopre cariche pubbliche, l’obbligo è ancora più stringente rispetto ad un semplice elettore. La Chiesa considera moralmente inaccettabile sostenere attivamente leggi che favoriscano la “promozione della morte”.
  • Eccezioni e discernimento: In situazioni complesse, come referendum o leggi che toccano molteplici questioni, il cattolico è chiamato a discernere in coscienza, dando priorità alla difesa della vita mediante un’attenta valutazione per evitare una cooperazione formale al male.
Occorre anche ricordare la Dichiarazione Samaritanus Bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede (oggi Dicastero) del 22 luglio 2020 (approvata da Papa Francesco il 25 giugno 2020):
«Quand’anche la domanda di eutanasia nasca da un’angoscia e da una disperazione [(Catechismo)], e “benché in casi del genere la responsabilità personale possa esser diminuita o perfino non sussistere, tuttavia l’errore di giudizio della coscienza – fosse pure in buona fede – non modifica la natura dell’atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile” [(Iura et Bona, II)]. Lo stesso dicasi per il suicidio assistito. Tali pratiche non sono mai un autentico aiuto al malato, ma un aiuto a morire».
Infine, è opportuno richiamare la dichiarazione di Papa Paolo VI contenuta nell’enciclica Humanae Vitae (25 luglio 1968), al paragrafo 14 dove si legge:
«Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male affinché ne venga il bene (cfr. Rm 3,8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali.» 
Tenuto conto di quanto sopra, come è allora possibile che dei cattolici, politici e non, si facciano promotori di una legge sul fine vita, persino appoggiati da alcuni esponenti del clero?

La ragione, addotta dai promotori, in sintesi, è che la Corte Costituzionale, avendo eccepito, con la sentenza n. 242/2019, la parziale incostituzionalità dell’articolo 580 del codice penale (quello che vieta l’aiuto al suicidio) ha depenalizzato in alcune circostanze, anche se non ha legittimato, l’aiuto al suicidio assistito. Con la stessa sentenza la Corte ha sollecitato il legislatore a porvi rimedio nel rispetto di quattro paletti. Tale sentenza ha di fatto aperto il varco a casi concreti di suicidio assistito avallati da parte di vari giudici ordinari e alcune regioni (vedi quella della Toscana del 2025) che alla predetta sentenza si appellano. Di qui il disegno di legge in parola per scongiurare una legge più permissiva.

Ma è mai possibile che un cattolico proponga una legge meno permissiva al fine di scongiurare una legge più permissiva in tema di suicidio assistito? E’ come dire che per evitare una legge imminente che permettesse più aborti, noi cattolici proponessimo una che permettesse meno aborti. Scusate, ma stiamo comunque parlando di aborti! Sempre permissiva è. E’ di tutta evidenza che abbiamo a che fare con due leggi che, anche se in varia misura, permettono entrambe un male morale. Tali leggi sono dunque entrambe malvagie. Una tale azione si pone in netto contrasto con tutto quanto è stato riportato più sopra della Dottrina della Chiesa proprio per il semplice fatto che un’azione parlamentare di limitazione dei danni deve essere necessariamente essa stessa moralmente lecita, altrimenti si ricadrebbe nella massima «Il fine giustifica i mezzi», che è vietata dal Catechismo al n. 1753.

Diverso il caso in cui la legge iniqua esistesse già ed i cattolici, al fine di ridurre la sua malvagità intrinseca, al fine di ridurre i suoi effetti letali (meno aborti, meno atti eutanasici) proponessero una proposta legislativa ad hoc. In questo caso, infatti, si proporrebbe una rettifica lecita e moralmente giusta ad una legge che è invece intrinsecamente ingiusta e malvagia.

Ironia della storia e palesi contraddizioni

Nonostante la Dottrina della Chiesa sia chiara, accade di leggere articoli su testate cattoliche (qui e qui) di Domenico Menorello, ex parlamentare, con i quali si fa attivo promotore del disegno di legge sul suicidio assistito. Non c’è chi non veda la palese contraddizione tra l’essere lui contemporaneamente sia il vicepresidente del Movimento per la Vita sia il promotore di una legge che asseconda il desiderio di morte. Non so perché, ma questa contraddizione mi fa venire in mente una famosa canzone di Giorgio Gaber, che recitava: “Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente”.

Accade anche di leggere che mons. Pegoraro, promosso recentemente da Papa Leone XIV a Presidente della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), sottolinei (qui) la necessità del solito “dialogo”, ribadisca la solita “sconfitta” (“Il suicidio assistito è una sconfitta per tutti”), puntualizzi la necessità di una “mediazione” (“In una società pluralista è necessario trovare delle mediazioni”), senza però che alla fine esprima una chiara ed esplicita condanna del principio che sta alla base del disegno di legge. Il tutto è in linea con quanto ha già detto qualche anno fa, quando rivestiva la carica di Cancelliere della PAV e era stretto collaboratore del discusso mons. Vincenzo Paglia, allora presidente della PAV: “il suicidio assistito [rispetto all’eutanasia, ndr] è quello che limita maggiormente gli abusi”.

Occorrerebbe obiettare al mons. Pegoraro che è certo necessario che vi sia il dialogo, ma che è altresì opportuno che esso avvenga senza compromettere i principi etici fondamentali. Il fine principale del dialogo non può essere il dialogo o la mediazione fine a se stessa.

Accade pure di apprendere che il Card. Parolin sembra aver dato il via libera a «legiferare salvaguardando la dignità umana». Si ricordi che il Card. Parolin è anche l’architetto dell’accordo, che ancora oggi rimane segreto, tra la Chiesa ed il regime di Pechino. Quell’accordo, molto criticato da cattolici e alte personalità della Chiesa, ha nella sostanza “scaricato” i cattolici cinesi fedeli al Papa, quei fedeli che costituiscono la cosiddetta “chiesa sotterranea”, coloro che vivono da decenni la loro fede in clandestinità, subendo persecuzioni, a causa del divieto governativo e della creazione dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese. Questa associazione, creata con il sostegno del governo, mira a controllare le attività cattoliche e non riconosce l’autorità del Papa.

Accade, infine, di leggere un articolo di Tempi, la rivista di quei cattolici che un tempo erano tutti d’un pezzo ma che da un po’ sembrano essere a pezzi, che inizia con un cappello strappalacrime di una donna la cui sorella ha avuto accesso al suicidio assistito. Non che non si debba avere rispetto e pietas per una storia drammatica, ma cominciare l’articolo con una tale apertura mi ricorda la strategia dei radicali che per supportare le loro proposte di leggi (dall’aborto alla droga, all’eutanasia) usavano, nel senso letterale del termine, casi limite e dramatici per trasformarli in bisogni di massa. L’Associazione Luca Coscioni docet. Non è un caso che il titolo dell’articolo della rivista cattolica in questione sia eloquente: “Perché sono favorevole a una legge sul suicidio assistito

E’ curioso, per altro, il fatto che molti di questi cattolici siano gli stessi che durante la pseudo pandemia COVID si battevano per la tessera verde (green pass), degna di un regime comunista à la page come quello cinese, creata per soffocare la libertà personale e costringere la gente alla inoculazione di massa con un prodotto a mala pena sperimentale, che chiamavano e chiamano vaccino (ma che vaccino non è), foriero di innumerevoli eventi avversi, anche letali. Ne vediamo oggi le conseguenze con eccesso di mortalità. Una coincidenza?

Questi cattolici dimenticano che Papa Leone XIV, non a caso, qualche giorno fa, nell’omelia pronunciata durante la Messa nella Parrocchia Pontificia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo il 13 luglio 2025, ci ha sollecitati a “servire la vita”. Egli infatti ha detto:

“Vedere senza passare oltre, fermare le nostre corse indaffarate, lasciare che la vita dell’altro, chiunque egli sia, con i suoi bisogni e le sofferenze, mi spezzi il cuore.”

E perché si capisse meglio, durante l’Angelus dello stesso giorno, Papa Leone XIV ha ulteriormente elaborato il concetto:
“Per vivere in eterno non occorre ingannare la morte, ma servire la vita, cioè prendersi cura dell’esistenza degli altri nel tempo che condividiamo. Questa è la legge suprema, che viene prima di ogni regola sociale e le dà senso.”
Questo passaggio sottolinea l’importanza di prendersi cura degli altri come espressione di servizio alla vita, intesa come un atto di amore e attenzione verso il prossimo, in linea con il messaggio cristiano di carità e comunione. E dunque, Papa Leone XIV con questo passo ci sta sottolineando che prendersi cura degli altri non equivale a farsi promotori di servizi di morte.

Probabilmente questi cattolici hanno anche dimenticato quello che Gesù ci dice in Matteo 5,13, all’interno del Discorso della Montagna:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il suo sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.»
E ancor di più in Matteo 5,14-16, subito dopo il riferimento al sale della terra, sempre all’interno del Discorso della Montagna:
«Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.»
Dunque, Gesù non ci ha invitato a fornire agli altri servizi di morte, ma solo un tanto al chilo; non ci ha detto di predisporre per gli altri servizi di morte, ma con misura, e ciò perché i tempi sono cambiati, la società è diventata multiculturale e post-cristiana e ad essa bisogna che ci si adatti in qualche modo; non ci ha detto di proporre una verità confessionale, una verità “parrocchiale”, una verità personale piccola piccola, fatta per l’uomo d’oggi piccolo piccolo, fluido e senza identità; non ci ha neanche detto di proclamare un cristianesimo ridotto, o una opinione in mezzo ad altre opinioni (n.4 di Dichiarazione sull’aborto procurato), non ci ha infine detto di partecipare alla lotteria delle opzioni, tutte egualmente lecite. Ci ha detto invece di proclamare la verità tutta intera, la grande verità che rende la società più umana, che rende grande e vero l’uomo, nonostante la sua pochezza, la sua pusillanimità, la sua grettezza omicida e suicida. Egli ci ha sollecitati ad essere “il sale della terra” e “la luce del mondo”, anche a costo di essere ridotti ad una sparuta ma fedele minoranza.

Spiace che, almeno una parte di questi cattolici, siano quegli stessi che un tempo, UN TEMPO, amavano ripetere il famoso passo tratto dal Racconto dell’Anticristo di Vladimir Solov’ëv. Nel testo, lo staretz Giovanni, figura spirituale particolarmente importante nella Chiesa ortodossa russa, simbolo di un cristiano fedele, risponde all’Imperatore, che rappresenta l’Anticristo, il quale chiede ai cristiani cosa abbiano di più caro nel cristianesimo. Allora, lo staretz Giovanni si alza e dice:
«Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso! Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità!»
E’ bene per tutti noi che si ritorni ad ascoltare la splendida esposizione del Racconto dell’Anticristo fatta dal grande Card. Giacomo Biffi che in uno dei primi post di questo blog proposi ai lettori. E’ un video che caldamente propongo di vedere o rivedere.

Sabino Paciolla

Tratto da http://www.sabinopaciolla.com

(Foto di Dyu – Ha su Unsplash)





Evviva! “Messainlatino” è tornato!




23 lug 2025

Saved in: Blog
by Aldo Maria Valli


Propongo da Messainlatino.it l’articolo con il quale si annuncia che il blog è stato reintegrato.

***

Questa volta, la notizia siamo noi. Noi, miserrimi redattori di questo umile sito in piedi dal 2008 (sull’onda dell’entusiasmo per il motu proprio Summorum Pontificum di liberalizzazione dell’antica liturgia, nonché dell’indignazione per l’ostruzionismo di molti episcopati alla sua applicazione), abbiamo subìto l’onta della censura e della rimozione: questo blog è rimasto inaccessibile per una dozzina di giorni.

Che cosa è accaduto? Con una semplice email non firmata (vedila qui a fianco) ci è stato comunicato che il blog era stato rimosso per asserita violazione della ‘hate speech policy”.


Le vere ragioni sono ignote. Possiamo solo supporre, sulla base del fatto che nelle settimane immediatamente precedenti singoli post erano stati rimossi (ma poi ripristinati), sempre con la stessa genericissima motivazione, che qualche malevolo lettore (sappiamo di qualcuno che se ne è vantato) ci abbia preso di mira, ‘flaggando’ a ripetizione i nostri contenuti. In violazione del Digital Services Act europeo, Google non ha attuato un sistema per impedire allo stesso soggetto, con un minimo di capacità informatica (tipo saper cancellare i cookies) di reiterare all’infinito tale comportamento. L’intelligenza artificiale di Google, che evidentemente è molto stupida e rudimentale, deve aver reagito alla quantità di segnalazioni rimuovendo tutto; probabilmente ciò avviene automaticamente quando si eccede un certo numero o una certa frequenza nel tempo di segnalazioni per contenuto inappropriato. Sempre in grave violazione della legge europea (e della Costituzione, se riflettiamo che la libertà di manifestazione del pensiero, quando non si commettono reati, è assicurata dal suo art. 21), Google-Blogger non ha dato il minimo preavviso né ha indicato dettagliatamente le ragioni e le espressioni incriminate, e meno ancora ci ha consentito di replicare.

Solo adesso, dopo che abbiamo presentato un ricorso d’urgenza in Tribunale, il sig. Google si è piegato e, nuovamente con una scarna email priva di motivazioni, ha ripristinato tutto il blog. Tutto, quindi incluse le parti in teoria contenenti hate speech, se mai ve ne fossero state, negli oltre 22.000 post presenti in archivio e pubblicati in questi lustri. Ma non ve ne sono: e vi sfidiamo ad indicarci nei commenti dove mai possiamo avere ecceduto nelle espressioni o nella foga dimostrativa, sì da poter incorrere nell’infamante accusa di ‘incitamento all’odio‘ (tale è la traduzione in italiano di hate speech, nelle stesse Linee Guida di Google-Blogger).

Alcuni mesi orsono il Vicepresidente americano Vance è venuto in Europa a farci un’intemerata contro la violazione nel nostro continente della libertà di manifestazione del pensiero. Fervorino tanto sgarbato quanto fondato. Ma vorremmo fargli sapere che la sua nazione, dove ha sede Google, non è evidentemente da meno e la nostra vicenda lo dimostra.

Siamo onorati di avere suscitato tanta eco mediatica e di aver ricevuto innumerevoli attestati di solidarietà. Addirittura la nostra vicenda è divenuta oggetto di due interrogazioni parlamentari: una a Strasburgo, l’altra a Roma (perché la libertà di stampa, in definitiva, interessa tutti). Nel prossimo post daremo atto di tutto questo. Quel che vorremmo fosse chiaro è che, colpendo noi, il sistema ha rivelato che nessuno è al sicuro da questa strisciante e surrettizia censura, la quale, pur in assenza di qualsivoglia reato, è subappaltata ad oligarchi privati senza nome, ai miliardari in felpa della Silicon Valley. Hodie mihi, cras tibi: neppure, chessò, un sito di cucina potrà dirsi al sicuro, il giorno in cui subisse un’alluvione di segnalazioni malevole contro le ricette dell’arrosto da parte di qualche vegano fanatico.

Siamo di nuovo in pista ed abbiamo molte buone battaglie davanti. Il mondo della Tradizione, uscito dalle catacombe dopo quell’editto di Milano che è stato il motu proprio Summorum Pontificum, non vi è rientrato nemmeno con quella mossa velleitaria di retroguardia disperata, degna di un Giuliano l’Apostata, rappresentata da Traditionis Custodes del sepolto pontefice. Continueremo ad esprimere con chiarezza la nostra opinione, senza infingimenti e senza quegli odiosi eufemismi e giri di parole tanto cari alla cancel culture e all’ossessione woke dei nostri tempi. Sit sermo vester est est, non non; quod autem his abundantius est, a Malo est.

Egregio signor Google e voi tutti là fuori: sappiate fin d’ora che continueremo a scrivere che “il peccato dei sodomiti” (sì, useremo proprio questo termine) “grida al cospetto del cielo” e che “l’aborto è un delitto abominevole, al pari dell’infanticidio”. Delitto, crimine, omicidio, e chi abortisce o fa abortire è omicida, criminale e delinquente e merita la prevista scomunica automatica e rischia di bruciare all’inferno. Vi basta come hate speech? E se a qualcuno verrà in mente di censurarci per questo, sappia che dovrà censurare quelle esatte parole anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 (n. 1867), nella Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II (n. 51) e nel vigente codice di diritto canonico (can. 1397 §2).

Enrico






Sulla riforma liturgica Paolo VI giocava su due tavoli





P. BOUYER: Così è, cari amici, come è stata fatta la riforma liturgica. Da «Inside the Vatican», Robert Moynighan.



Francesco Sartori

Il padre Louis Bouyer, pastore protestante convertito alla Chiesa cattolica VS il vescovo Annibale Bugnini, mandarino subdolo e protetto di Montini, Paolo VI, distruttore della Santa Messa gregoriana.

Paolo VI giocava su due tavoli, fingendo di difendere la Santa Messa, mentre dava tutta l'autorità a Bugnini. Che fosse o meno un mandilone è irrilevante, gli effetti sono stati disastrosi.

Padre Bouyer racconta:

«Ho scritto al Santo Padre, Paolo VI, per presentargli le mie dimissioni da membro della Commissione incaricata della riforma liturgica. Il Santo Padre mi ha convocato immediatamente:

PAOLO VI: Padre, lei è un'autorità indiscutibile per la sua profonda conoscenza della liturgia e della Tradizione della Chiesa, e uno specialista in questo campo. Non capisco perché presenti le sue dimissioni, dato che la sua presenza non solo è preziosa, ma indispensabile.

P. BOUYER: Santo Padre, se sono uno specialista in questo campo, le dirò semplicemente che rinuncio perché non sono d'accordo con le riforme che lei ci impone. Perché non tiene conto delle indicazioni che le presentiamo, ma fa tutto il contrario?

PAOLO VI: Non capisco: io non impongo nulla; non ho mai imposto nulla in materia, ma mi rimetto totalmente alla vostra competenza e ai vostri suggerimenti. Siete voi che mi presentate le proposte. Quando viene il padre Bugnini, mi dice: «Questo è ciò che chiedono gli esperti». E poiché gli esperti in questo campo siete voi, mi rimetto al vostro giudizio.

P. BOUYER: Nel frattempo, quando noi studiamo una questione e decidiamo cosa ci sembra bene proporre a Vostra Santità in coscienza, padre Bugnini prende il nostro testo e ci dice subito, dopo avervi consultato: «Il Santo Padre desidera che introduciate questi cambiamenti nella liturgia». E poiché non sono d'accordo con le vostre proposte, perché esse sono una rottura con la Tradizione della Chiesa, allora presento le mie dimissioni.

PAOLO VI: Non è affatto così, Padre. Mi creda, Padre Bugnini mi dice esattamente il contrario: non ho mai respinto una sola delle vostre proposte. Padre Bugnini viene da me e mi dice: «Gli esperti della Commissione incaricata della riforma liturgica hanno chiesto questo e questo». E poiché non sono uno specialista in liturgia, gli ripeto che mi sono sempre rimesso a voi. Non ho mai detto questo a Monsignor Bugnini. Sono stato ingannato; padre Bugnini ha ingannato me e voi.





La cancellazione della realtà e della legge naturale



La Corte costituzionale, dando torto all’Inps, ha stabilito che la “madre” intenzionale all’interno di una coppia lesbica ha diritto al congedo di paternità. Un ossimoro che dimostra come – ignorando la legge naturale – tutto crolla.



La sentenza

Congedo di paternità per lesbica, la Consulta cancella la realtà




A maggio la Corte costituzionale aveva stabilito, con la sentenza n. 68/2025, che la “madre” intenzionale che aveva avuto un bambino tramite eterologa all’interno di una coppia lesbica, ossia la donna che non aveva partorito, dovesse essere riconosciuta come genitore a tutti gli effetti. Se questa è la premessa, alle conclusioni ci arriva anche un bambino: tutti i diritti e prerogative previsti dal nostro ordinamento in capo ai genitori si possono e si devono applicare anche alla “madre” intenzionale, dato che giuridicamente è un genitore.

Dunque la sentenza n. 115 della Consulta, depositata lo scorso 21 luglio, che riconosce il diritto al congedo obbligatorio di paternità (sic!) alla lavoratrice “madre” intenzionale in una coppia lesbica, non può sorprendere. Non sorprende nemmeno l’ossimoro in cui incappano i giudici: il congedo per il padre è riconosciuto in favore di una donna. Non stupisce perché ormai siamo abituati al fatto che i giudici, in specie quelli della Consulta, non sappiano più riconoscere la realtà per quella che è, anche quando è la stessa lingua italiana ad urlarlo loro con tutto il fiato che ha in corpo.

Torniamo alla sentenza. Nel maggio del 2023 la solita associazione Rete Lenford – Avvocatura per i diritti Lgbti+, a cui si è associata la Cgil Nazionale, fece ricorso presso il Tribunale di Bergamo affinché il congedo di paternità fosse riconosciuto anche alla donna non madre biologica in una coppia lesbica, nonostante le resistenze dell’Inps. In quell’occasione l’Inps perse: secondo quanto ordinato dai giudici, l’Istituto di previdenza avrebbe dovuto modificare il suo portale. Infatti quello stolto del sito Inps, nel momento in cui la donna non madre biologica inseriva il suo codice fiscale per richiedere il congedo di paternità, rifiutava la richiesta, proprio perché una donna non può essere padre.

L’Inps giustamente non si arrese e si rivolse alla Corte di Appello di Brescia. Questa a sua volta si rivolse alla Corte Costituzionale e quest’ultima – come ha reso noto lei stessa – ha dichiarato «costituzionalmente illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo numero 151 del 2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile». Il congedo può essere richiesto solo da quelle coppie lesbiche tutelate dalla sentenza n. 68: una coppia di donne che hanno avuto un bambino tramite eterologa effettuata all’estero, in un Paese che ritiene legittima la pratica, e che, grazie alla sentenza stessa, sono iscritte entrambe come genitori nei registri dello stato civile, l’una perché madre biologica, l’altra perché – è questo il pensiero della Consulta – ha condiviso il progetto di genitorialità tramite fecondazione eterologa.

La Corte poi tiene a precisare che «l’orientamento sessuale […] non incide di per sé sulla idoneità all’assunzione di tale responsabilità. Risponde all’interesse del minore, che ha carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica, che lo ha partorito, e di quella intenzionale, che abbiano condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti. […] Ed è ben possibile […] identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella che è la figura paterna all’interno delle coppie eterosessuali». Un mammo o una babba, vedete voi.

Eliminato il riferimento alla realtà, insieme alle sue leggi naturali, tutto crolla. Se l’uomo non è fatto per la donna e viceversa non si può che accettare l’omosessualità. E se si accetta l’omosessualità, non si possono che accettare le relazioni omosessuali e quindi le coppie omosessuali. Accettate queste ultime, non si può che equipararle alle coppie etero, coniugate o non, riconoscendo a loro tutti i diritti dei genitori, sposati o meno che siano. Questa catena ideologica di riconoscimenti non si deve spezzare, nemmeno quando, ancora una volta, la realtà ci ricorda, prove scientifiche alla mano, che un bambino per crescere bene ha bisogno di un padre e di una madre, non di una madre e di una madre intenzionale o ipotetica, un surrogato di madre, una madre di fantasia o di desiderio. Alla fine il punto di vista sposato dai giudici non è quello del minore, bensì quello dei maggiorenni e maggiorenni omosessuali, casta sociale e politica intoccabile.

Va da sé che, riconosciuto il congedo di paternità, non si potranno che riconoscere in capo alla “madre” intenzionale anche tutti gli altri diritti legati alla genitorialità, in primis le decisioni sui figli in ambito sanitario e scolastico. Poi, assecondando il principio secondo il quale il sesso è ininfluente quando si parla di figli e in accordo al principio di reciprocità, accadrà che anche il “padre” intenzionale all'interno di una coppia gay maschile farà valere i suoi diritti perché se una donna può essere “padre” così anche un uomo potrà essere “madre”. E dunque, ad esempio, il compagno non padre biologico, così come il padre biologico, potrà chiedere il congedo di maternità per le lavoratrici (cinque mesi obbligatori).

E va da sé che la Legge Cirinnà sarà la prossima norma a subire le attenzioni particolari della Consulta. Infatti in quella legge i diritti delle coppie gay unite civilmente sono i medesimi delle coppie etero sposate, eccetto per i diritti genitoriali. La Cirinnà non legittimava l’omogenitorialità, sebbene avesse aperto varchi immensi per la sua legittimazione giurisprudenziale. Ma dato che ora ci ha pensato la Consulta con la già citata sentenza n. 68 a riconoscerla, il prossimo passo sarà mettere mano a quella legge per equiparare sul versante della genitorialità le coppie omosex, unite civilmente o no, con le coppie etero, sposate o no.

Come invertire la rotta? La salvezza non verrà dalle sentenze, né dalle leggi, né dalla politica. La salvezza verrà da Cristo: solo una cultura informata dalla fede farà aprire gli occhi su questi abissi. Solo il radicale mutare della coscienza collettiva, generato da una fede condivisa, potrà porre le premesse per una inversione ad U. In sintesi: fino a quando la Chiesa benedirà le coppie gay (vedi Fiducia supplicans), come possiamo aspettarci che anche i giudici non le benedicano?





martedì 22 luglio 2025

Dal Canada all’Olanda, dove l’eutanasia uccide anche senza consenso



Una carrellata dei Paesi occidentali che hanno approvato o stanno discutendo leggi a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito. L’illusione della “libertà”: in un anno, nei Paesi Bassi uccise con l’eutanasia 517 persone che non avevano dato il loro consenso.

Occidente alla deriva

Vita e bioetica 



Luca Volontè, 22-07-2025

La diffusione dell’eutanasia nel mondo occidentale – Italia inclusa (vedi la legge 219/2017 sulle Dat) – avanza senza alcun freno. Venerdì scorso, 18 luglio, la Slovenia ha approvato una legge che consente il suicidio assistito, unendosi a un numero crescente di Paesi che riconoscono il diritto di porre fine alla propria vita. Australia (legale in tutti gli Stati e, da fine 2025, nei Territori del Nord), Nuova Zelanda (2021), Canada (2016), Lussemburgo (2009), Belgio e Paesi Bassi (2002) sono alcune tra le nazioni che hanno autorizzato la morte assistita, così come alcuni Stati degli USA. Ma anche in altri Paesi occidentali il cosiddetto diritto a morire è entrato, ahinoi, a far parte dei rispettivi ordinamenti.

In Spagna l’eutanasia è legale dal 25 giugno 2021, dopo l’approvazione definitiva da parte del Parlamento (18 marzo 2021), che ha depenalizzato “l’aiuto medico a morire”. In Austria, dal gennaio 2022, è entrata in vigore la nuova legge che stabilisce il diritto delle persone gravemente malate di decidere sul fine vita, ovvero di porre fine volontariamente alle proprie sofferenze.

Il Portogallo ad oggi non ha una legge sull’eutanasia, dopo che il presidente della Repubblica si è giustamente più volte rifiutato di firmare il testo approvato dal Parlamento, rimandandolo alla Corte Costituzionale. Solo il mese scorso, il Parlamento britannico, attraverso la Camera dei Comuni, ha votato favorevolmente per legalizzare la morte assistita: il disegno di legge deve ancora essere approvato dalla Camera dei Lord. Il 27 maggio la Camera bassa del Parlamento francese aveva adottato un disegno di legge, fortemente voluto dal presidente Emmanuel Macron, che consentirà agli adulti affetti da malattie cosiddette “incurabili” di porre volontariamente fine alla propria vita, assumendo una sostanza letale prescritta da medici. Il provvedimento verrà discusso e votato nel prossimo settembre dal Senato.

A Malta, all’inizio del 2025, è cominciato il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito: ora ci si trova nel pieno della raccolta di contributi pubblici alla discussione, come confermato al Parlamento lo scorso 16 giugno dal segretario parlamentare per le Riforme e l'Uguaglianza, Rebecca Buttigieg che ha anche riferito dei tre incontri pubblici sull'eutanasia, tenutisi nelle ultime settimane. A Cipro, dove si discute del suicidio assistito e dell’eutanasia dal 2023, il Parlamento prevede di votare la legalizzazione dell'eutanasia nel gennaio del 2026, mentre dal prossimo settembre inizierà l’esame della relativa proposta di legge in seno alla Commissione per i diritti umani della Camera. In Irlanda, dopo l’approvazione nell’ottobre 2024 del rapporto finale di una commissione, che chiede al governo di legalizzare la morte assistita in alcune circostanze limitate, ci si aspetta che l’esecutivo presenti la proposta entro l’anno in corso. Proposta che poi dovrà essere approvata dall'Oireachtas (il Parlamento irlandese) e poi firmata dal presidente.

I dati sullo scivolamento omicida, causato dalle varie forme di depenalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia, sono ben evidenti e in crescita ovunque. Due esempi recenti li troviamo dall’applicazione delle leggi spagnole e olandesi.

In Spagna sono ormai migliaia le persone che hanno ottenuto l'aiuto a morire dall'entrata in vigore della legge sull'eutanasia, quattro anni fa. Se fino all'anno scorso erano state effettuate in totale 1.034 eutanasie, secondo l'associazione “Derecho a Morir Dignamente” (Diritto a morire con dignità) nel solo 2025 ne sono già state effettuate più di 1.300, con l’approvazione di oltre il 40% delle richieste di assistenza a morire. Il pendio scivoloso di graduale allentamento delle norme e ampliamento della platea di persone anche e solo temporaneamente malate o disadattate che vengono invitate, indotte o accompagnate al suicidio o consenzienti a essere uccise supera ogni volta il limite stabilito.

L’Olanda fa scuola, in negativo, come dimostra lo studio quinquennale commissionato dal governo per indagare i decessi derivanti da decisioni mediche di fine vita. Nel solo anno 2021, nei Paesi Bassi, sono state uccise, tramite eutanasia, ben 517 persone che non avevano fatto alcuna esplicita richiesta né dato alcun esplicito consenso. Si tratta di casi classificati con l’acronimo LAWER (Life-ending Acts Without Explicit Request); di fatto è una pratica che, tolte le ipocrisie verbali, si può definire con una sola parola: omicidio. Una tendenza contagiosa già in atto anche in Canada e che si diffonderà inevitabilmente ovunque c’è una legislazione favorevole al suicidio assistito, all’eutanasia e all’omicidio del consenziente.