mercoledì 14 maggio 2025

Denatalità, uno studio mostra che l’uomo è a rischio estinzione



Uno studio pubblicato su PLOS One spiega che per garantire il ricambio generazionale e quindi evitare l’estinzione dell’umanità servono 2,7 figli per donna, anziché 2,1 (valore peraltro non raggiunto nella gran parte dei casi) come si era ritenuto finora. Urge un cambio di mentalità e di azione, a favore della vita.


L’allarme dei ricercatori

Vita e bioetica 

Luca Volontè, 14-05-2025

Siamo in pieno “sboom” demografico. Pensavamo che avere 2,1 figli per donna fosse sufficiente a far prosperare l’umanità? Un nuovo studio suggerisce invece che questo parametro potrebbe essere troppo basso, insufficiente per evitarci l’estinzione. Con tale studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One e ripreso da molti siti e riviste a livello globale, dei ricercatori taiwanesi ci mostrano la realtà nuda e cruda: il classico "livello di sostituzione" di 2,1 figli, ovvero il tasso di fertilità minimo per garantire il ricambio generazionale, è insufficiente e abbiamo bisogno di circa 2,7 figli per evitare l’estinzione della razza umana dal pianeta. Altro che tutela di scimpanzé, elefanti e tigri della Malesia!

Gli autori giustamente spiegano come il tasso di fertilità di 2,1 figli per donna non tiene pienamente conto della natura imprevedibile della vita, soprattutto nelle popolazioni più piccole. «Oscillazioni casuali nelle nascite, nei decessi e nel numero effettivo di figli possono spazzare via le linee familiari nel tempo», tutti fattori che i ricercatori hanno definito «stocasticità demografica» di cui è necessario tener conto nella verifica e rivalutazione del parametro di sopravvivenza e prosperità della razza umana sul pianeta.

Secondo lo studio, questo elemento casuale diventa cruciale quando si considera la sopravvivenza a lungo termine e così gli autori, utilizzando modelli matematici, hanno scoperto che la soglia reale per evitare l'estinzione in sicurezza è molto più alta di quanto si pensasse in precedenza. «I risultati indicano che il tasso di fertilità dovrebbe superare 2,7 per evitare l'estinzione», si afferma nello studio, una evidenza che incrina considerevolmente la sicurezza offerta dal valore di 2,1 figli per donna, valore peraltro non raggiunto in aree che rappresentano circa due terzi della popolazione mondiale.

«Considerando la stocasticità dei tassi di fertilità e mortalità e del rapporto tra i sessi, i nati maschi sono maggiori delle femmine anche per via degli aborti selettivi crescenti, un tasso di fertilità superiore al livello di sostituzione standard è necessario per garantire la sostenibilità della nostra popolazione», ha affermato in una nota Diane Cuaresma, coautrice dello studio. Poiché i tassi di fertilità nella maggior parte dei Paesi sviluppati sono ben al di sotto della soglia dei 2,7 figli, i ricercatori suggeriscono che «le linee familiari di quasi tutti gli individui sono destinate prima o poi a estinguersi». Sebbene molti grandi Paesi non siano di fronte a un collasso immediato, sulla base delle tendenze attuali, il quadro a lungo termine per le singole linee familiari appare fosco. È interessante notare che lo studio ha anche individuato un potenziale sistema di sicurezza biologico: ripristinare la sostanziale parità di nate femmine e nati maschi. Ciò vorrebbe dire, lo affermiamo noi senza ombra di dubbio, vietare sempre e comunque l’aborto selettivo, diffusissimo in molte comunità asiatiche presenti anche nei Paesi occidentali oltreché in Paesi come India, Bangladesh, Pakistan, eccetera.

Secondo gli autori della ricerca, per sostenere davvero le popolazioni, insieme alle lingue, alle culture e alle storie comunitarie e familiari che rappresentano, è quindi necessario puntare molto più in alto del vecchio obiettivo/tasso di sostituzione di 2,1 figli. Nonostante l’estinzione non sia imminente, è necessario agire per tempo, ben sapendo che senza una costante azione culturale a favore della vita e natalità non sarà possibile risalire la china e salvare l’umanità dall’estinzione. Le Nazioni Unite prevedono che la popolazione mondiale raggiungerà un picco di 10,3 miliardi di persone entro la metà degli anni Ottanta del XXI secolo e poi si fermerà. Un esempio. L'anno scorso, il tasso di fertilità degli Stati Uniti ha toccato un minimo storico. Tra il 2014 e il 2020, il tasso di fertilità è diminuito costantemente del 2% ogni anno, secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC).

In particolare, le donne di età compresa tra i 20 e i 39 anni non hanno lo stesso numero di figli delle generazioni precedenti. Solo a titolo di esempio, secondo uno studio della Michigan State University, pubblicato lo scorso aprile, la percentuale di adulti senza figli negli Stati Uniti che hanno deciso di non volerne è più che raddoppiata negli ultimi due decenni, passando dal 14% del 2002 a un sorprendente 29% nel 2023. «Nello stesso periodo, la percentuale di non genitori che prevede di avere figli in futuro è scesa dal 79% al 59%», aveva dichiarato Jennifer Watling Neal, docente di psicologia alla MSU. Allo stesso tempo, il tasso di fertilità degli Stati Uniti è sceso ancora una volta nel 2023 a soli 54,5 nati per 1.000 donne in età fertile, un nuovo minimo storico. Un problema che sta emergendo anche nel Regno Unito dove ormai si parla di “bomba a tempo” per descrivere la drammatica situazione di denatalità galoppante. Gli ultimi dati mostrano che il numero medio di figli nati da una donna in Inghilterra e Galles nel corso della sua vita è sceso a 1,44 nel 2023, il livello più basso dall'inizio delle registrazioni e statistiche nel 1938, secondo l'Office for National Statistics che ha fatto una semplice equazione realistica: meno figli, meno tasse, meno servizi pagati dal pubblico.

In Italia i dati pubblicati dall’Istat lo scorso marzo confermano l'estinzione in atto e, per altro verso, il sostanziale disinteresse della politica e dei governi degli ultimi 30 anni: molte parole, pochi soldi, meno fatti e ancor meno consapevolezza culturale. Nel 2024 la popolazione italiana è scesa di 37.000 unità a 58,93 milioni; dal 2014 si è ridotta di quasi 1,9 milioni di unità, più degli abitanti di Milano o della Calabria. Il dato dei 370.000 bambini nati nel 2024 significa il 16° calo annuale consecutivo ed è stato il dato più basso dall’Unità d’Italia (1861).

Il resto dell’Unione Europea non sta meglio: nel 2023 sono nati nell'UE 3,67 milioni di bambini, con un calo del 5,4% rispetto ai 3,88 milioni del 2022. Si tratta del maggior calo annuale registrato dal 1961. Il tasso di fertilità totale nel 2023 era di 1,38 nati vivi per donna nell'UE, in calo rispetto all’1,46 del 2022.

Nella nostra scia il Giappone, dove la popolazione cittadina è scesa a 120,3 milioni nell'ottobre 2024, segnando un calo record di 898.000 persone rispetto all'anno precedente e il 13° calo consecutivo della popolazione non straniera: è stato il calo più ampio da quando il governo ha iniziato a raccogliere dati comparabili nel 1950. La Cina vive la medesima crisi epocale di nascite e matrimoni stabili.

Tutto ciò ha un impatto sulla produzione, la crescita economica, i consumi, le politiche abitative, le spese sociali, scolastiche e sanitarie a livello di ogni singolo Paese e globalmente, nonché appunto sulla stessa sopravvivenza dell’umanità.





martedì 13 maggio 2025

Fine vita, lo stop del Governo alla legge toscana non basta




Il Governo ha impugnato alla Consulta la legge toscana sul suicidio assistito. Perché non spetta alle regioni legiferare, ma affinché questa non sia una strategia perdente, è bene affermare la contrarietà ad una legge sul fine vita. Anche per via parlamentare.


Suicidio assistito

Editoriali 



Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024 è il nome della legge della Regione Toscana che ha legittimato il suicidio assistito. Un testo normativo che trova la sua matrice giuridica nella proposta di legge di iniziativa popolare promossa dai Radicali. Per accedere all’aiuto al suicidio il paziente deve essere in possesso dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale nelle due sentenze citate nel titolo della legge (qui e qui un approfondimento): la persona deve essere capace di intendere e volere, essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da patologia irreversibile e da sofferenze giudicate intollerabili.

La legge regionale ha poi previsto una procedura per accedere al suicidio assistito: una Commissione multidisciplinare costituita presso ogni Ausl ha l’onere di verificare la sussistenza dei requisiti che abbiamo appena indicato e di appurare che il paziente sia stato informato sulla possibilità di accesso alle cure palliative. La Commissione successivamente chiede un parere al Comitato per l’etica istituito sempre dalla Regione. Se il parere è positivo, la Ausl definisce le modalità per praticare l’aiuto al suicidio, il Comitato per l’etica esprime un suo secondo parere e infine la Commissione predispone il necessario per l’«autosomministrazione del farmaco autorizzato».

Il testo di legge è stato approvato lo scorso 11 febbraio e promulgato il 14 marzo. Il Centrodestra fece immediatamente ricorso al collegio di garanzia della Regione, ma lo perse. Ora ci ha pensato il Consiglio dei Ministri ad impugnare la norma davanti alla Corte Costituzionale. Il motivo principale del ricorso è dato dal conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato: non sta alle Regioni legiferare su questo tema, perché materia riservata esclusivamente allo Stato dall’art 117 della Costituzione: spetta solo allo Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». E la salute è un diritto civile. Sempre secondo la Costituzione spettano in modo concorrenziale allo Stato e alle Regioni «la tutela della salute». Dunque se leggiamo in combinato disposto entrambi gli enunciati ciò significa che lo Stato deve fissare i principi normativi sui diritti civili e sociali e alle Regioni rimane il compito da dare attuazione pratica a questi principi.

Dunque, nel nostro caso, compete solo al Parlamento decidere se un paziente può o non può accedere all’aiuto al suicidio, indicando, in caso positivo, anche i requisiti e le modalità per l’accesso. Una volta deciso che il suicidio assistito è un diritto del paziente, spetterà alle Regioni dare concreta attuazione a queste disposizioni del Parlamento. Nel caso in cui invece le Regioni avochino a sé la regolamentazione della materia sul fine vita – proprio come sta accedendo attualmente – ci potrebbe essere uno strambo federalismo eutanasico: alcune Regioni, come la Regione Toscana, legittimano l’aiuto al suicidio, altre no, come il Veneto, la Lombardia e il Piemonte. Va da sé che invece una materia di questa rilevanza legata a diritti fondamentali della persona come il vivere e il morire non può che essere disciplinata in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. E questo può avvenire solo grazie al Parlamento.

Non spetta poi alle Regioni legiferare sull’aiuto al suicidio, perché, a ben vedere, la materia non è quella relativa alla salute dei cittadini, ma la materia riguarda il diritto penale e dunque, sempre ex art 117 Cost, di spettanza esclusiva del Parlamento. Infatti la Corte Costituzionale, secondo molti interpreti tra cui anche i proponenti la legge toscana (ma noi non siamo tra questi), non ha riconosciuto un nuovo diritto, la legittimazione al suicidio assistito, bensì ha ridotto l’ambito delle condotte penalmente rilevanti in merito al reato di aiuto al suicidio ex art. 580 cp. Dunque se la materia ha natura penale di certo non possono normare su di essa le Regioni.

Infine spetta al Parlamento e non alle Regioni legiferare sul tema perché, più banalmente, è stata la stessa Corte Costituzionale a chiederlo esplicitamente più volte al Parlamento. La Consulta non l’ha chiesto alle Regioni, bensì al Parlamento.

A tal proposito si obietterà che il Parlamento è obbligato a legiferare su questa materia proprio perché la Corte costituzionale glielo ha chiesto. No, non c’è obbligo sia perché il potere legislativo è autonomo rispetto a quello giudiziario, sia perché l’iniziativa legislativa, ex. art. 70 Cost. non spetta ai giudici. Giudici che, nel caso delle due sentenze già citate della Consulta, hanno invece giocato a fare i parlamentari.

Detto tutto ciò, concentrare la strategia per opporsi alla legge toscana solo sul conflitto di poteri, aspetto sicuramente da far valere davanti alla Consulta, è comunque una strategia perdente perché, così facendo, già si è accettato il principio contrario a morale – sì al suicidio assistito – facendo opposizione non sull’oggetto del contendere – appunto la liceità giuridica e morale del suicidio assistito – ma solo sul soggetto chiamato a legiferare. È un po’ come se tutti fossero d’accordo che Tizio debba essere ucciso e ci si dividesse solo sul nome del killer. A ben vedere, questo più che un esempio è la descrizione fedele della realtà.




Tempi di Maria, tempi di consacrazione al suo Cuore



Da Fatima in poi, la Madonna ha ripetutamente chiesto la consacrazione al suo Cuore Immacolato. Un libro di Pietro M. Pedalino passa in rassegna apparizioni e santi che spiegano la necessità di questa consacrazione per resistere alle insidie del demonio.


Il libro

Ecclesia



Ermes Dovico,  13-05-2025

Sono passati 108 anni dall’inizio delle apparizioni di Fatima, in cui la Madonna venne a stabilire nel mondo la devozione al suo Cuore Immacolato, secondo un preciso disegno di Dio, come la Santa Vergine stessa rivelò ai tre pastorelli. Da quel fondamentale ciclo mariano, passando attraverso altre apparizioni, si sono moltiplicati gli appelli della Madre celeste a consacrarsi al suo Cuore come mezzo per appartenere più perfettamente a Gesù e quindi conseguire più facilmente la salvezza eterna. Sono appelli, quelli di Maria, che ci dicono che la battaglia escatologica contro Satana si sta progressivamente intensificando e siamo dentro quel quadro di profezie bibliche di cui il capitolo 12 dell’Apocalisse è lo snodo centrale.


Questa è la riflessione di fondo di un libro fresco di stampa, Tempi di Maria e Consacrazione al Cuore Immacolato (Ares, 2025), scritto da fratel Pietro Maria Pedalino. L’autore, un consacrato laico francescano, si sofferma su una serie di apparizioni mariane dell’età contemporanea (in specie da quelle di Rue du Bac, nel 1830, in poi), collegando i messaggi e le richieste della Madonna a quanto contenuto nella Bibbia e alle parole di vari santi, il tutto con uno sguardo a certe tendenze moderniste nella Chiesa e a quanto sta avvenendo più in generale nelle nostre società, sempre più dimentiche di Dio e dei suoi comandamenti. Come diceva il venerabile Pio XII in un discorso del 1952 citato nel libro di Pedalino, negli ultimi secoli il demonio è riuscito a plasmare «un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio. Il “nemico” si è adoperato e si adopera perché Cristo sia un estraneo nelle Università, nella scuola, nella famiglia, nell’amministrazione della giustizia, nell’attività legislativa, nel consesso delle nazioni, là ove si determina la pace o la guerra. Esso sta corrompendo il mondo con una stampa e con spettacoli, che uccidono il pudore nei giovani e nelle fanciulle e distruggono l’amore fra gli sposi; inculca un nazionalismo che conduce alla guerra» (Discorso agli uomini di Azione Cattolica, 12 ottobre 1952).

Contro questo male dilagante nel mondo che si traduce poi nella dannazione eterna di tante anime, la Madonna è venuta a indicarci il grande rimedio della consacrazione al suo Cuore Immacolato: un rimedio sicuro per ogni singola persona, le famiglie, le nazioni, la Chiesa e il mondo intero, un rimedio donatoci appunto da Dio stesso, che vuole che ogni realtà umana si rifugi in questo Cuore materno, nel quale il Maligno non è mai riuscito a entrare.

L’espressione “Tempi di Maria” richiama l’insegnamento di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) che nel suo capolavoro – il Trattato della vera devozione alla Santa Vergine – spiega proprio l’importanza di consacrarsi alla Madre celeste. Il Montfort parla dei consacrati a Maria come «veri apostoli degli ultimi tempi», i quali «saranno veri discepoli di Gesù Cristo secondo le orme della sua povertà, umiltà, disprezzo del mondo e carità, insegneranno la via stretta di Dio nella pura verità, secondo il santo Vangelo, e non secondo i canoni del mondo (...). Avranno in bocca la spada a due tagli della parola di Dio e porteranno sulle spalle lo stendardo insanguinato della Croce, il crocifisso nella mano destra, la corona nella sinistra, i sacri nomi di Gesù e di Maria sul cuore, la modestia e la mortificazione di Gesù Cristo in tutta la loro condotta» (cfr. VD, 58-59).

Avvicinandoci ai giorni nostri, troviamo un altro grande santo che ha sottolineato la necessità di consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria: san Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941), martire nel campo di concentramento di Auschwitz. Nell’atto di consacrazione proposto dal fondatore della Milizia dell’Immacolata ci si offre alla Santa Vergine come sua «cosa e proprietà». Non a caso, negli scritti del santo polacco si insiste sul fatto che la consacrazione a Maria, per essere autentica, deve essere illimitata. E questa totale donazione di sé, nell’ottica dell’apostolato di padre Kolbe, va propagata su tutta la terra perché, attraverso Maria, Dio regni nei cuori di tutti.





lunedì 12 maggio 2025

Marcia in difesa della vita, grande partecipazione e testimonianze



In marcia in 10mila in difesa della vita a Roma. Testimonianze di madri, prigionieri di coscienza e un malato di Sla per la difesa di un diritto inviolabile in ogni fase dell'esistenza umana, sin dal concepimento.


Fabio Piemonte, 12-05-2025

Dal bambino nel grembo materno all’anziano allo stadio terminale: ogni vita ha il diritto di essere difesa e custodita dal primo all’ultimo respiro, semplicemente perché umana. Per questa ragione 10mila persone si sono ritrovate sabato 10 maggio alle ore 14 in Piazza della Repubblica per ribadire il loro sì alla vita senza compromessi per la quarta edizione della Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” 2025.

Sono soprattutto tante giovani famiglie a sfilare per le vie del centro di Roma, 110 le associazioni aderenti. Uomini, donne e bambini con palloncini colorati, bandiere e striscioni, contenti di essere «la generazione per la vita», come recita un cartoncino che espongono. Anche perché «finché Provita, c’è speranza», recita un’altra iscrizione.

In Piazza della Repubblica - insieme ai due coordinatori dell’evento Massimo Gandolfini e Maria Rachele Ruiu – ci sono per un breve saluto anche Teodora e Paul della “March for Life Bucharest” e Marie Gabrielle, Agathe ed Emrik della “Marcia per la Vita Parigi”, a testimonianza della necessità di una cooperazione e mobilitazione internazionale sulla difesa del diritto alla vita di ogni uomo.

Una giovane mamma, Aurora, rievoca piangendo come abbia solo potuto pensare all’idea di abortire suo figlio. Però nel contempo ricorda, in special modo grazie al prezioso supporto ricevuto da alcuni volontari dei Centri per la Vita, che «ora Edoardo ha due mesi ed è la mia vita, la mia gioia più grande». Livia Tossici-Bolt – condannata nel Regno Unito lo scorso aprile a pagare 20mila sterline e a 2 anni di carcere semplicemente per aver sostato in silenzio nella ‘zona cuscinetto’ di una clinica abortista con un cartello tra le mani: «Here to talk if you want» («Qui per parlare, se vuoi») – testimonia come nel Regno Unito sia minacciata persino la libertà di pregare silenziosamente e di espressione.


«Non sono un problema da risolvere, ma una persona da ascoltare. Ho una malattia rara (la Sla, ndr), ma ho scelto di non mollare. E questo si chiama vivere. Non c’è un tasso minimo di perfezione per meritare la vita. Qualcuno ha deciso che ne valesse la pena e io non me la sento di dargli torto!». Con voce determinata racconta così dalla sedia a rotelle il suo amore per la vita Emanuel Cosmin Stoica, giovane attivista per i diritti dei disabili e influencer. Al termine della sua testimonianza lo stesso decide proprio dal palco della Manifestazione di fare la proposta di matrimonio alla sua fidanzata, tra le lacrime di gioia di lei che pronuncia subito il suo sì e la commozione degli astanti.

Sul palco sale anche Maurizio Marrone - Assessore alle Politiche Sociali e alla Famiglia della Regione Piemonte - il quale, grazie al Fondo Vita Nascente, sta portando avanti politiche di sostegno alla natalità e alle famiglie. Infatti dalla Regione «orgogliosamente amica della vita e della famiglia, sono arrivati in tre anni 2 milioni e mezzo di euro che si sono trasformati in sussidi concreti di supporto a famiglie e mamme in difficoltà per un figlio inaspettato o indesiderato e che, nonostante le difficoltà, hanno portato a termine la gravidanza, anche grazie al prezioso supporto dei volontari dei Centri per la Vita. Ai partecipanti alla Manifestazione anche il Presidente della Camera Lorenzo Fontana fa pervenire il suo saluto, «perché è possibile sperare, amare e garantire il diritto alla vita per tutti». D’altra parte gli stessi organizzatori a più riprese chiedono al Governo dal palco «più coraggio» nelle politiche nazionali in favore della natalità anche per porre un argine a un declino demografico del nostro Paese che pare inarrestabile.

Con un breve videomessaggio Eduardo Verastegui - celebre attore e produttore messicano interprete dei film Bella, Cristiada e The sound of freedom e del cortometraggio Il circo della farfalla - ribadisce l’esigenza di fare ciascuno la propria parte: «Difendiamo la vita sempre con la nostra vita».

Durante il corteo fanno capolino anche alcune femministe che contestano la Manifestazione con lo striscione «Prima o poi abortiamo pure voi. Roma vi schifa» e i cori «Le femmine pro vita si chiudono col fuoco», mentre alzano il dito medio. Eppure costoro dimenticano che le loro stesse madri sono pro vita, dal momento che le hanno custodite in grembo e fatte venire alla luce.

È la rock band The Marcos ad accogliere il popolo della vita ai Fori Imperiali sulle note di Viva
la mamma di Bennato per un momento di musica live.

«Siamo contenti che la Manifestazione “Scegliamo la Vita” si svolga a due giorni dall’elezione di Papa Leone XIV, il quale siamo certi alzerà forte la voce per la dignità umana in ogni fase della sua esistenza e contro tutte le forme di offesa che ne disprezzano il valore innato, come dimostrato partecipando da Vescovo alla Marcia per la Vita in Perù e affermando l’urgenza di “difendere la vita umana in ogni momento”», esprimono infine dal palco Gandolfini e Ruiu.

In effetti «i pro vita sono la maggioranza» nel Paese, per quanto silenziata dai media e dall’ideologia woke dominante. Perciò è fondamentale che, attraverso “Scegliamo la Vita” almeno una volta all’anno tornino in piazza a manifestare pubblicamente contro la ‘cultura dello scarto’ la bellezza del dono della vita di ciascun essere umano, in special modo quando è più indifesa e fragile.






Il nome Leone e la Dottrina sociale della Chiesa










Il nuovo pontefice ha scelto di richiamarsi a Leone XIII e alla Rerum novarum: un'enciclica da inquadrare nell'intero corpus del pensiero di papa Pecci. Alcuni aspetti da chiarire affinché non resti un richiamo generico.



 Magistero
Dottrina sociale


Stefano Fontana, 12-05-2025

Parlando ai cardinali, Leone XIV ha soddisfatto, almeno in parte, gli interrogativi sui motivi della scelta del nome, esprimendosi in questo modo: «Proprio sentendomi chiamato a proseguire in questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il Papa Leone XIII, infatti, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un'altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell'intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Come valutare questo richiamo alla Dottrina sociale della Chiesa? A prima vista è da valutare in modo positivo. Chi scrive ha di recente pubblicato un articolo per sostenere che nel pontificato di Francesco la Dottrina sociale della Chiesa era stata completamente messa da parte, quindi risulta apprezzabile questo suo recupero, anche se per il momento si tratta solo di un accenno. Anche in questo caso, come in altri pronunciamenti di papa Leone in questi primi giorni del suo pontificato, bisogna attendere i concreti sviluppi.
Nel caso specifico della Dottrina sociale della Chiesa sono soprattutto tre gli aspetti che andranno chiariti.

Il primo è in cosa consisterà il richiamo a Leone XIII e alla Rerum novarum, ossia quanto e cosa verrà ripreso del suo insegnamento. Si tratta solo di un richiamo generico al fondatore della Dottrina sociale della Chiesa nell’epoca moderna, oppure si intende riprendere in modo specifico qualche aspetto del suo insegnamento? Tutti coloro che si rifanno alla Dottrina sociale citano Leone XIII, poi però riconsiderano gran parte del suo pensiero ritenuto non più adatto ai tempi o comunque bisognoso di approfondimenti. Possiamo fare un caso tra i più rilevanti: Giovanni Paolo II, commemorando nella Laborem exercens la Rerum novarum ribadisce che non esiste soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo, confermando così il testo di Leone XIII, ma quando si occupa del diritto del lavoratore al riposo festivo non lo intende più come culto pubblico a Dio, ma come espressione della libertà religiosa. Le due cose difficilmente possono stare insieme.

Il secondo aspetto del richiamo a Leone XIII è che la Rerum novarum non era una enciclica isolata ma inserita in un corpus di pensiero ampio che riguardava la corretta filosofia da adoperare, il fondamento dell’autorità civile, i doveri dei fedeli cattolici, la libertà politica, la natura della democrazia, l’esistenza di un ordine naturale nelle cose che riguardano la vita sociale, i rapporti tra politica e religione e così via. Augusto Del Noce aveva detto che Leone XIII era stato il più grande filosofo cattolico dell’Ottocento e che se togliamo la Rerum novarum da questo contesto di pensiero risulta incomprensibile. Ne terrà conto il nuovo Leone?

Un terzo ed ultimo aspetto riguarda la continuità con Francesco. Questa continuità era già evidente nel primo discorso dalla loggia delle Benedizioni l’8 maggio scorso, come abbiamo osservato altrove. Negli appuntamenti dei giorni successivi, in particolare nell’incontro con i cardinali, questa continuità è stata ampiamente ribadita anche in modo articolato, ossia richiamando alcune linee del pontificato di Francesco. Però in molte cose questo pontificato era contrario alla Dottrina sociale della Chiesa in quanto tale. Se Leone intendesse riprendere tutto il pontificato precedente, ossia una linea teologica e magisteriale reinterpretata completamente in continuità, troverebbe grandi difficoltà a riprendere la Dottrina sociale della Chiesa come egli dice di voler fare. A meno di non trasformarla, ma in questo caso il richiamo a Leone XIII perderebbe di peso.




domenica 11 maggio 2025

Sei ragioni per cui tornano le balaustre d’altare e si ravviva la devozione eucaristica



Immagine generata con l’intelligenza artificiale 
(ChatGPT – DALL·E), modificata con Canva Pro



di John Horvat

In chiese di tutto il Paese, i parroci stanno installando nuovamente le balaustre d’altare. Alcune parrocchie le stanno riportando in chiese antiche, dopo che erano state rimosse decenni fa. Altre le stanno aggiungendo a chiese nuove che non le avevano mai avute.

Le balaustre stanno tornando per richiesta popolare. Stanno cambiando il modo in cui i fedeli percepiscono la Santa Eucaristia. E soprattutto, questo ritorno è molto apprezzato e sta risvegliando entusiasmo tra i fedeli.

Dopo il Concilio Vaticano II, molte chiese rimossero le balaustre d’altare, sostenendo che esse separavano “il popolo di Dio” dal sacerdote nel presbiterio. L’idea era trasformare la Messa in “un’esperienza di culto condivisa e comunitaria”. Tuttavia, ciò comportò anche la perdita del senso del sacro che un tempo dominava la chiesa, e la devozione eucaristica ne risentì.

Un catechismo scolpito nella pietra

La rimozione delle balaustre d’altare ha confermato ciò che tutti sanno sull’architettura e il design delle chiese: la chiesa non è uno spazio neutro. Ogni suo aspetto dovrebbe essere carico di significato e simbolismo. La chiesa è un catechismo in pietra che insegna al popolo a conoscere e amare Dio più profondamente.

Quando il Santissimo Sacramento non viene più trattato come qualcosa di sacro e non viene collocato in un luogo centrale e visibile, le persone smettono di credere nella Presenza Reale — una realtà confermata anche dai sondaggi.

Trasformare le parrocchie

In un eccellente articolo pubblicato sul National Catholic Register, il giornalista Joseph Pronechen riferisce come tutto ciò sia cambiato con la diffusione delle balaustre d’altare. Il ritorno delle balaustre sta trasformando le parrocchie ed è accolto con entusiasmo dai cattolici di tutte le età, compresi i giovani che non le avevano mai conosciute.

I fedeli nei banchi citano molte ragioni per cui si sentono attratti da questi semplici divisori. Anche i parroci restano sorpresi dalla rapidità con cui questo gesto apparentemente semplice ha ravvivato la devozione eucaristica.

Ci sono sei ragioni per cui i cattolici accolgono con favore il ritorno delle balaustre d’altare.

Un modo più riverente di ricevere l’Eucaristia

Anzitutto, la balaustra rende la ricezione dell’Eucaristia più riverente. I fedeli apprezzano il tempo supplementare offerto dalla sosta alla balaustra per riflettere su Chi stanno per ricevere. Si crea così un’atmosfera di raccoglimento, in cui chi si accosta alla Comunione non sente fretta di sbrigrasi. La ricezione diventa un momento breve ma intimo tra Cristo e il comunicando.

Quando viene data la possibilità di scegliere, circa il 90% dei fedeli preferisce inginocchiarsi alla balaustra. Molti di coloro che si inginocchiano si sentono anche spinti a ricevere la Comunione sulla lingua.

Un senso di confine e di timore reverenziale


In secondo luogo, la balaustra d’altare trasmette un senso di confine sacro e di timore reverenziale. Padre Matthew Tomeny, dei Marian Fathers e rettore del Santuario Nazionale della Divina Misericordia a Stockbridge, Massachusetts, ha ricordato che la balaustra è “vista come un’estensione dell’altare, talvolta chiamata ‘l’altare del popolo’. È quella soglia tra il cielo e la terra, dove il cielo è rappresentato dal santuario e la terra dalla navata dove si raduna il popolo.”

In terzo luogo, inginocchiarsi per ricevere il Signore è la più grande espressione fisica di umiltà, riverenza e adorazione. Esprimersi in un modo così forte e diverso non può che influenzare il modo in cui si comprende l’Eucaristia. Il corpo manifesta lo stupore e la meraviglia dell’anima davanti a un così grande mistero.

Altre considerazioni

La quarta ragione è che i parroci riferiscono come la balaustra sia di per sé un elemento di bellezza e simbolismo che attira le persone alla parrocchia. I fedeli percepiscono una maggiore devozione verso il Signore presente nel Santissimo Sacramento e si avvicinano alla comunità. In particolare, molte famiglie giovani si sentono attratte e desiderano unirsi a parrocchie dove la Comunione viene ricevuta in modo più riverente. Un parroco ha riferito che il ritorno delle balaustre ha portato a una grande crescita spirituale e a una più profonda comprensione del significato della Presenza Reale.

Un’altra ragione è di ordine più pratico. Alcuni parroci osservano che l’uso della balaustra ha reso più semplice e veloce la distribuzione della Santa Comunione, al punto da rendere superflua la presenza di ministri straordinari. I chierichetti notano inoltre che, con l’area del presbiterio delimitata, ci sono meno distrazioni.

Infine, le balaustre servono anche come luogo di devozione al di fuori della Comunione e della Messa. I fedeli trovano comodo inginocchiarsi alla balaustra per pregare davanti al Santissimo Sacramento. L’assenza della balaustra rappresentava una barriera che impediva alle persone di avvicinarsi all’altare per pregare. Le nuove balaustre, invece, le invitano ad accostarsi per una devozione più intima.

Una proposta vincente rifiutata

Il ritorno della balaustra d’altare dovrebbe essere un modello a livello nazionale per ravvivare la devozione eucaristica. Le storie di successo delle parrocchie che le hanno reintrodotte dovrebbero ispirarne molte altre a fare lo stesso.

Tuttavia, non tutti sono favorevoli a questi cambiamenti — nemmeno in questi tempi “sinodali”, in cui si invita ufficialmente ad ascoltare i parrocchiani.

La rimozione delle balaustre fu una scelta deliberata da parte di cattolici progressisti decisi a “devastare” le chiese dopo il Concilio. Chi ancora oggi aderisce a questa ideologia progressista non nasconde le ragioni della rimozione né mostra alcun rimorso. Sostengono che l’eliminazione delle balaustre contribuisca a creare uno spazio più accogliente e inclusivo per tutti, a prescindere da background o convinzioni. Il loro intento era promuovere una visione più egualitaria — e teologicamente scorretta — di Dio e della Chiesa, e la rimozione della balaustra della Comunione era perfettamente coerente con tale obiettivo.


Fonte





Fonte: Tfp.org, 5 maggio 2025. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

sabato 10 maggio 2025

Le questioni cruciali che dovrà affrontare Papa Leone XIV


Baldacchino di San Pietro è la monumentale struttura barocca 
che Gian Lorenzo Bernini costruì tra il 1624 e il 1633 
per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro a Roma


Di seguito l’articolo scritto da Eduard Pentin, pubblicato sul suo blog. L’articolo che segue è stato pubblicato il 4 maggio scorso, per cui il titolo originale era: “10 questioni cruciali che dovrà affrontare il prossimo Papa”. Ecco l’articolo nella traduzione curata da Sabino Paciolla (10 maggio 2025).



Edward Pentin

Papa Francesco, che notoriamente raccomanda di “fare confusione”, ha applicato questa massima al suo pontificato, rendendolo altamente dirompente, divisivo e tumultuoso.

Il disordine ha generato molto comprensibile disagio, costernazione e, a volte, disgusto, soprattutto perché un approccio così deliberato al governo non è mai stato coerente con la fede cattolica, il bene comune, la Rivelazione divina e la legge naturale.

Tuttavia, il rovescio della medaglia è stato che, come un rimescolamento della pentola, ha portato in superficie molto di ciò che era rimasto nascosto nell’oscurità.

E così facendo, ha il potenziale per fornire al prossimo Papa le informazioni necessarie per correggere, se lo desidera, i problemi che il pontificato di Francesco ha messo in luce.
Quali potrebbero essere le aree critiche che il prossimo Papa dovrà affrontare? Ecco un elenco di 10 possibili priorità:

1 Ritorno a un papato come fonte di sana dottrina e unità

Sebbene Papa Francesco abbia fatto molto per cercare di portare la Chiesa alle periferie, ai poveri e agli emarginati, nel tentativo di renderla accessibile a coloro che avrebbero potuto non degnarla di uno sguardo, nel farlo ha spesso messo da parte i confini dottrinali e i limiti canonici del potere papale. È stato anche spesso criticato per essersi allontanato dalla tradizione apostolica, rilasciando dichiarazioni che almeno in apparenza sembravano contrarie all’insegnamento della Chiesa, soprattutto quello morale, e promuovendo l‘indifferentismo, ossia l’idea che tutte le religioni siano valide vie d’accesso a Dio. 

Insieme alla spinta verso la sinodalità, in cui i fedeli non catechizzati avevano voce in capitolo in un’ampia democratizzazione della Chiesa, questo ha portato a confusione dottrinale in Vaticano e altrove, come la Chiesa in Germania. Insieme all’incapacità di correggere errori ed eresie, una tendenza iniziata prima del pontificato di Francesco, l’integrità della fede è stata minata. Una priorità urgente per il prossimo papa, quindi, sarà quella di ripristinare la chiarezza dottrinale nella fede e nella morale, il buon governo e il rispetto del diritto canonico. In relazione a ciò, il prossimo papa dovrà cessare e sradicare la persecuzione e l’eliminazione di istituzioni, movimenti, vescovi, clero e laici che evidentemente portano buoni e ampi frutti in termini di riverenza, vita spirituale, fedeltà alla dottrina cattolica e vocazioni. Dovrebbe permettere a queste persone o entità di crescere e prosperare piuttosto che essere cancellate – contrariamente a quanto spesso è accaduto sotto Papa Francesco, dove coloro che hanno abusato della dottrina, dell’insegnamento morale e della liturgia sono rimasti impuniti e hanno potuto prosperare.

2 Chiarimento del Vaticano II, riforma dei gesuiti

Strettamente connessa alla prima questione critica è la necessità che il prossimo Papa chiarisca le ambiguità relative al Concilio Vaticano II, o almeno affronti questa preoccupazione che è cresciuta negli ultimi anni. Il Concilio è stato a lungo interpretato in modi che molti sottolineano essere diversi da quelli intesi dai padri conciliari, e questo è diventato particolarmente evidente durante il pontificato di Francesco. L’ambiguità è stata spesso imputata a una mancanza di chiarezza nell’interpretazione degli insegnamenti del Concilio, a loro volta spesso criticati per non essere abbastanza chiari. Parte di questo ritorno alla chiarezza dell’insegnamento potrebbe anche comportare una sorta di riforma dell’Ordine dei Gesuiti. Nel suo Demos Memorandum, il cardinale George Pell ha chiesto una riforma di questo tipo, vista l’eterodossia prevalente nella Compagnia di Gesù e il declino catastrofico in termini di vocazioni all’Ordine. “Il carisma e il contributo dei gesuiti sono stati e sono così importanti per la Chiesa che non si dovrebbe permettere che passino indisturbati alla storia”, si legge nel memorandum.

3 Ripristinare il tradizionale governo papale e la collegialità del collegio episcopale e cardinalizio

Oltre al potere papale, il prossimo Papa dovrà riaffermare una maggiore collegialità con i vescovi e all’interno del Collegio cardinalizio. A causa di una tendenza di lunga data alla centralizzazione e alla prepotenza delle conferenze episcopali, la piena realizzazione della collegialità episcopale prevista dal Concilio Vaticano II non ha avuto luogo e l’autonomia e l’autorità dei vescovi sono state minate. Per quanto riguarda il Collegio cardinalizio, negli ultimi anni e contrariamente al desiderio dichiarato di sinodalità, la maggioranza dei cardinali, ad eccezione di alcuni stretti collaboratori, è stata esclusa dal processo decisionale, anche se uno dei loro ruoli principali è quello di agire come consiglieri del Papa. Inoltre, hanno avuto poche occasioni di incontrarsi perché le riunioni di tutti i cardinali durante i concistori cardinalizi sono state interrotte nel 2014, riducendo anche la collegialità del Sacro Collegio. Questi fattori hanno portato a una diminuzione del ruolo importante dei cardinali, mentre un potere eccessivo e incontrollato è stato messo nelle mani del Papa, contrariamente alle tradizioni del passato. Questo è diventato così evidente sotto Papa Francesco che gli osservatori hanno detto che il papato è diventato tirannico con esercizi arbitrari del potere. Il prossimo pontefice dovrà riaffermare ciò che i papi possono e non possono fare in conformità con la tradizione apostolica, e quanto peso magisteriale debba essere attribuito ai vari pronunciamenti di un papa – tutti argomenti significativi di dibattito durante il pontificato di Francesco.

4 Più riverenza nella liturgia

La divina liturgia è il “culmine verso cui si dirige l’attività della Chiesa” e la “fonte da cui scaturisce tutta la sua potenza”, afferma la Sacrosanctum Concilium, la costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia. La liturgia protegge anche la Chiesa da falsi insegnamenti e da una teologia imprecisa. Molti, tra cui Benedetto XVI, hanno attribuito l’odierna crisi della Chiesa in gran parte agli abusi della liturgia derivanti dalle riforme liturgiche del 1970, che hanno fatto sì che la Chiesa perdesse la sua enfasi cristocentrica e la sostituisse con una preferenza per l’intrattenimento che si concentra sull’uomo piuttosto che su Dio. Il prossimo Papa dovrà dare priorità al ritorno a un culto più riverente, migliorando la formazione liturgica sia del clero che dei laici, dando priorità al soprannaturale (lo scopo della Chiesa è soprannaturale) e sottolineando il primo comandamento, l’adorazione di Dio.

5 Porre fine alla soppressione della liturgia tradizionale

Collegata alla necessità di superare gli abusi liturgici è la necessità di affrontare la tendenza a sopprimere, e la chiara soppressione da parte di Francesco, la Messa latina tradizionale – una decisione che è stata ampiamente considerata ingiusta, contraria al precedente insegnamento papale, contraria alla legge divina e l’opposto di ciò che molti ritenevano che la liturgia avesse bisogno in questo momento: maggiore sacralità, meno mondanità e più riverenza incentrata su Cristo che riaffermava la Presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Il prossimo Papa dovrà quindi verificare come ripristinare gli sforzi, già iniziati da Benedetto XVI, per permettere alla Chiesa di attingere alle ricchezze della sempre più popolare liturgia tradizionale, senza mettere in pericolo l’unità o esacerbare le “guerre della liturgia”.

6 Distanza dal globalismo, dal secolarismo e dai legami con i finanziamenti governativi

Negli ultimi 60 anni, soprattutto in seguito alla direttiva del Concilio Vaticano II di aprire le porte della Chiesa al mondo, la Santa Sede e la Chiesa in generale si sono alleate con i governi nel tentativo di aiutare i poveri, i vulnerabili e gli emarginati. Ma se da un lato questo ha dato buoni frutti, dall’altro ha fatto germogliare anche le spine. La sua vicinanza alle fazioni politiche, il globalismo e la crescente dipendenza dai finanziamenti statali hanno portato, soprattutto negli ultimi anni, a scendere a compromessi con i valori secolari che hanno portato a un ammutolimento della voce della Chiesa su questioni morali fondamentali e a un conseguente “appiattimento” della sua testimonianza evangelica. Ciò è stato particolarmente visibile quando si è trattato di allearsi con la precedente amministrazione Biden, ma anche nella collaborazione sempre più frequente del Vaticano con gruppi multinazionali i cui valori sono stati diametralmente opposti ai principali insegnamenti morali della Chiesa. Il prossimo Papa dovrà coraggiosamente allontanare la Chiesa da tali gruppi ideologici, dai governi e dagli affari temporali, nonché da questioni su cui ha poca competenza, come il cambiamento climatico, e dai valori secolari di “diversità” e “inclusione” che tendono ad applicarsi realmente solo a coloro che aderiscono alla stessa ideologia secolarista. Il suo compito principale sarà quello di riportare la Chiesa al suo compito principale: servire come strumento del Signore per la salvezza delle anime e propagare la fede.

7 Tolleranza zero sugli abusi sessuali dei chierici

Papa Francesco è stato eletto con il mandato di affrontare la crisi degli abusi sessuali. Ha fatto alcuni progressi, come la pubblicazione del documento Vos estis lux mundi che, sebbene contenesse dei punti deboli, mirava a rendere i vescovi più responsabili. Ha anche rimosso alcuni vescovi per aver coperto gli abusi. Ma la cultura della segretezza permane e lo stesso Francesco ha ripetutamente difeso e protetto i vescovi e gli ecclesiastici di alto rango che hanno commesso abusi, soprattutto quelli a cui era personalmente fedele (ad esempio il vescovo Gustavo Zanchetta, padre Marko Rupnik, Theodore McCarrick e il vescovo Juan Barros Madrid). Una questione critica per il prossimo Papa sarà quella di garantire una maggiore giustizia e coerenza nel trattare il problema, assumendo un ruolo guida nell’affrontare gli abusi e non coprendo gli amici.

8 L’omosessualità nella Chiesa

Spesso definita “l’elefante rosa nella stanza”, l’influenza prevalente di coloro che sostengono che l’omosessualità sia normale è stata dannosa. Ha avuto un’influenza negativa significativa sul governo generale della Chiesa, sulla sua capacità di evangelizzare e di attrarre vocazioni solide. Questo tentativo di normalizzazione all’interno della Chiesa, soprattutto sotto Francesco che si è alleato con gruppi che il Vaticano aveva precedentemente bandito, ha permesso la crescita di cricche, l’aggravarsi di cospirazioni di silenzio e la commissione di grandi ingiustizie, non da ultimo ostacolando cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli non omosessuali nell’essere ascoltati e nell’avere un ruolo nel governo della Chiesa. Ha anche lasciato molti chierici omosessuali vulnerabili al ricatto. Il prossimo Papa dovrà lavorare almeno per identificare le aree problematiche, chiudere questi gruppi omosessuali e mostrare tolleranza zero per gli episodi di pratica omosessuale nel sacerdozio e nella gerarchia della Chiesa.

9 Buona gestione delle finanze vaticane

Nonostante alcune battute d’arresto ben pubblicizzate, il pontificato di Papa Francesco ha registrato alcuni successi nella riforma finanziaria che hanno posto le basi per una migliore gestione e una maggiore trasparenza e responsabilità. Ma le sfide rimangono e il prossimo Papa dovrà attuare pienamente le riforme strutturali avviate da Francesco nel 2014, eliminando i cambiamenti degli anni successivi che ne avevano annacquato gli effetti. Dovrà inoltre nominare laici qualificati per attuare le riforme e avviare una profonda ristrutturazione, soprattutto per quanto riguarda l’APSA, nonché introdurre organi di controllo indipendenti. Il prossimo Papa dovrà anche affrontare problemi irrisolti come lo scandalo delle proprietà di Sloane Avenue, le accuse che i fondi vaticani siano stati usati per comprare testimoni contro il cardinale Pell nel suo processo per impedirgli di scoprire la corruzione finanziaria in Vaticano, e la denuncia dell’ex revisore generale Libero Milone che ha fatto causa al Vaticano per licenziamento illegittimo.

10 Confrontarsi con la minaccia dell’Islam

Dopo le reazioni alla conferenza di Ratisbona del 2006 di Benedetto XVI, e soprattutto durante il pontificato di Francesco, il Vaticano e la Chiesa in generale hanno battuto in ritirata di fronte alla minaccia della diffusione dell’Islam in Occidente, preferendo invece una politica di accomodamento, di dialogo su questioni comuni e di enfasi sulla fraternità, ma senza che Cristo fosse menzionato o messo in chiara evidenza. Questo ha raggiunto il suo apice con il documento di Papa Francesco sulla Fraternità Umana e con il sostegno della Santa Sede a iniziative come la Casa della Famiglia Abramitica. Questo approccio ha spesso eluso questioni come la persecuzione dei cristiani da parte di gruppi islamici o di governi a maggioranza musulmana e l’importanza della reciprocità quando si tratta di libertà religiosa. Ha anche suscitato accuse di sincretismo e indifferentismo. Il prossimo Papa dovrà affrontare questi problemi, ad esempio sottolineando l’evangelizzazione, fornendo una guida teologica più chiara all’Islam, rafforzando la difesa dei cristiani perseguitati e assumendo una posizione più ferma sulla reciprocità.