

Redazionale. È appena stato pubblicato il 17mo Rapporto del nostro Osservatorio sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo (VEDI QUI) con il titolo “La guerra demografica. Ci vogliono estinti?”. Sullo stesso tema proponiamo qui un nuovo ampio articolo di Andrea Mondinelli sui rapporti tra eugenetica e denatalità. Dello stesso Autore abbiamo già pubblicato due altri interventi QUI e QUI.
Invitiamo ad approfondire queste problematiche ordinando una copia del Rapporto:
Di Andrea Mondinelli, 10 nov 2025
Introduzione. Due movimenti, una sola radice
La storia del controllo delle nascite nel XX e XXI secolo non può essere compresa se isolata da un altro grande movimento, apparentemente scomparso ma in realtà trasmutato: l’eugenetica. La narrazione comune presenta i due come fenomeni distinti, se non opposti: l’uno (l’eugenetica) come una pseudo-scienza razzista e coercitiva, l’altro (il controllo delle nascite, poi “pianificazione familiare” e oggi “salute riproduttiva”) come una conquista progressista di libertà e autodeterminazione.
Un’analisi storica rigorosa, basata sui documenti, sulle istituzioni e, soprattutto, sugli stessi protagonisti, rivela una verità radicalmente diversa. Lungi dall’essere separati, i due movimenti nascono dalla stessa radice filosofica, sono promossi dalle stesse persone, finanziati dalle stesse fondazioni e mirano, in ultima analisi, allo stesso obiettivo: la gestione e il controllo della riproduzione umana per fini sociali e politici predeterminati. Quello che è cambiato nel tempo non è il fine, ma la strategia e il linguaggio.
Fase 1: La nascita dell’idea – Galton, darwinismo Sociale e “religione” dell’eugenetica (1860-1910)
La seconda metà del XIX secolo è dominata dall’impatto di due grandi idee: l’evoluzionismo di Charles Darwin (L’origine delle specie, 1859) e il positivismo di Auguste Comte. La teoria della selezione naturale viene rapidamente trasposta dall’ambito biologico a quello sociale da pensatori come Herbert Spencer, dando vita al darwinismo sociale: l’idea che la società umana sia un’arena di competizione in cui i “più adatti” (the fittest) devono prevalere e i “non adatti” (the unfit) sono destinati a soccombere. Qualsiasi intervento caritatevole (cristiano) che aiuti i deboli a sopravvivere e a riprodursi è visto come una pericolosa interferenza che indebolisce la qualità genetica della razza.
Cugino di Darwin, Francis Galton è l’uomo che codifica queste idee in una nuova “scienza”. Nel 1883 conia il termine “eugenetica” (dal greco eu-genos, “buona nascita”). La sua tesi è semplice: l’umanità deve prendere in mano la propria evoluzione. Non possiamo più affidarci alla selezione naturale, che la civiltà moderna ha indebolito. Dobbiamo sostituirla con una selezione artificiale e razionale. L’eugenetica positiva serve per incoraggiare la riproduzione dei “più adatti” (l’élite intellettuale, economica e razziale anglosassone), mentre quella negativa serve a scoraggiare o impedire attivamente la riproduzione dei “non adatti” (i poveri, i criminali, i malati di mente, le minoranze etniche). Per Galton, l’eugenetica non è una semplice politica sociale. È una “nuova religione”, un “dovere morale” che sostituirà il “sentimentalismo irrazionale” del Cristianesimo.
Fase 2: L’Istituzionalizzazione – La “Buona Società” Americana e Britannica (1910-1930)
All’inizio del XX secolo, l’eugenetica non è un’idea marginale; diventa l’ideologia dell’establishment progressista e accademico in Gran Bretagna e, soprattutto, negli Stati Uniti. Vengono create cattedre universitarie (a Harvard, Columbia, etc.), centri di ricerca (come l’Eugenics Record Office a Cold Spring Harbor, finanziato dai Rockefeller e dai Carnegie) e potenti lobby politiche.
È in questo contesto che l’eugenetica e il nascente movimento per il controllo delle nascite si fondono nella figura chiave di Margaret Sanger (1879-1966). La Sanger inizia la sua carriera come attivista radicale per la contraccezione, presentandola come uno strumento per la liberazione della donna e la lotta contro la povertà. Tuttavia, la sua ideologia si sposa rapidamente e perfettamente con quella eugenetica.
L’obiettivo eugenetico esplicito
Per Sanger, la contraccezione non è solo una questione di “scelta”, ma un dovere sociale per impedire la nascita dei “non adatti”. Nel suo libro del 1920, Woman and the New Race, dichiara senza ambiguità:
“Più figli dai più adatti, meno figli dai non adatti – questo è l’obiettivo principale del controllo delle nascite”.[1]
Questa frase è la confessione esplicita e definitiva dell’intento eugenetico. La contraccezione è, nelle sue stesse parole, uno strumento di selezione umana, una forma di giardinaggio sociale. La narrazione sulla “libertà della donna” è completamente assente. Il linguaggio è quello dell’allevatore di bestiame.
Nel suo articolo del 1921 su Birth Control Review, Sanger è ancora più esplicita sul meccanismo:
“Il controllo delle nascite stesso, spesso denunciato come violazione della legge naturale, non è nient’altro che la facilitazione del processo di eliminare i non adatti, di prevenire la nascita dei difettosi o di coloro che diventeranno difettosi.”[2]
La guerra alla Carità cristiana
Nei suoi scritti più influenti, raccolti in “The Pivot of Civilization” (1922), Sanger sviluppa una teoria radicale e sconvolgente: il nemico principale non è la povertà, ma la carità che permette ai poveri di sopravvivere e riprodursi. Per lei, la filantropia e l’assistenza sanitaria sono un disastro eugenetico.
Nel capitolo cruciale intitolato “The Cruelty of Charity” (La Crudeltà della Carità), Sanger attacca frontalmente l’essenza stessa del cristianesimo:
“La carità organizzata è essa stessa il sintomo di una maligna malattia sociale. Quelle vaste, complesse, interrelate organizzazioni che mirano a controllare e diminuire la diffusione della miseria e della destituzione e tutti i mali minacciosi che sgorgano da questo terreno sinistro e fertile, sono il segno più sicuro che la nostra civiltà ha generato, sta generando e sta perpetuando numeri costantemente crescenti di difettosi, delinquenti e dipendenti.“[3]
Questa non è una critica al “modo” in cui si fa la carità, ma è la condanna del principio stesso della carità cristiana e dell’assistenza ai deboli. Nella sua visione spietatamente darwinista, aiutare un povero a sopravvivere è un atto anti-sociale perché si permette a “materiale genetico scadente” di perpetuarsi, danneggiando la società nel suo insieme.
Sanger ribadisce il concetto con un’immagine ancora più violenta:
“La carità è un gesto, non una cura; è un sonnifero che tende a smussare gli spigoli della nostra coscienza sociale e a impedirci di vedere la necessità di apportare cambiamenti sociali ed economici nella società.”[4]
E infine, l’accusa più diretta:
“L’accusa più grave che si possa muovere alla ‘benevolenza’ moderna è che essa incoraggia la perpetuazione di difettosi, delinquenti e dipendenti.”[5]
Chi sono i “non adatti”? La visione classista
Chi sono questi “non adatti” (unfit) che minacciano la civiltà? Sanger è molto chiara. Nel capitolo sulla “Lotta per l’Esistenza”, identifica il nemico:
“Stiamo pagando per, e persino sottomettendoci ai dettami di, una classe di esseri umani in continua crescita e incessante riproduzione che non avrebbe mai dovuto nascere.”[6]
Sanger elenca le categorie: i “deboli di mente” (feeble-minded), gli “epilettici”, gli “illetterati”, i “poveri”, i “criminali” e, in generale, tutti coloro che, per la loro povertà e mancanza di “intelligenza”, non possono provvedere adeguatamente ai propri figli. È una visione puramente classista. La povertà non è una condizione sociale da sanare, ma un sintomo di inferiorità biologica da estirpare.
Nel capitolo dedicato specificamente a questo tema, scrive:
“Stiamo trasformando le nostre città in veri e propri vivai e semenzai per la produzione e la perpetuazione di povertà, malattia e deficienza.”[7]
La soluzione: segregazione, sterilizzazione e “misericordia”
La soluzione a questo “problema” non è la giustizia sociale, ma il controllo biologico. Nel capitolo sulla “Fertilità dei Deboli di Mente”, Sanger è esplicita:
“Il problema urgente della segregazione e della sterilizzazione deve essere affrontato immediatamente. Ogni ragazza o donna debole di mente del tipo ereditario, specialmente della classe dei moron, dovrebbe essere segregata durante il periodo riproduttivo.”[8]
Ma forse la frase più agghiacciante di tutta l’opera di Sanger è questa, ripetuta sia in The Pivot of Civilization che in Woman and the New Race:
“La cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa possa fare a uno dei suoi membri neonati è ucciderlo.”[9]
Non si tratta di una frase isolata o di un momento di retorica esagerata. È la logica conclusione del suo pensiero: se la vita in povertà è peggiore della morte, allora uccidere è un atto di misericordia. È l’anticipazione perfetta della logica dell’aborto e dell’eutanasia.
Nel capitolo “The Wickedness of Creating Large Families” (La Malvagità di Creare Famiglie Numerose), rincara:
“Il male più grave del nostro tempo è quello di incoraggiare a mettere al mondo famiglie numerose. La pratica più immorale del giorno è generare troppi figli… L’esempio di un bambino inferiore dovrebbe essere un avvertimento per tutte le coppie.“[10]
E ancora:
“Non dovrebbero nascere più figli quando i genitori, benché sani loro stessi, scoprono che i loro figli sono fisicamente o mentalmente difettosi.”[11]
L’obiettivo finale: igiene razziale
Nel capitolo conclusivo di The Pivot of Civilization, intitolato “The Goal” (L’Obiettivo), Sanger svela senza veli il suo programma:
“Il Controllo delle Nascite non è la contraccezione praticata indiscriminatamente e sconsideratamente. Significa il rilascio e la coltivazione dei migliori elementi razziali nella nostra società, e la graduale soppressione, eliminazione ed eventuale estirpazione delle stirpi difettose – quelle erbacce umane che minacciano la fioritura dei fiori più belli della civiltà americana.”[12]
Il linguaggio è quello del giardiniere che estirpa le erbacce. Gli esseri umani sono ridotti a piante da selezionare. Il controllo delle nascite non è uno strumento per la libertà della donna, ma per l’igiene della razza.
Il “Negro Project” e la dimensione razziale
L’ideologia eugenetica di Sanger aveva anche una chiara dimensione razziale. Il famoso “Negro Project” degli anni ’30 era un programma esplicito per ridurre la natalità tra gli afroamericani. In una lettera del 1939 a Clarence Gamble, membro della famiglia Procter & Gamble e finanziatore del progetto, Sanger scrisse con una franchezza sconcertante:
“Non vogliamo che si diffonda la voce che vogliamo sterminare la popolazione negra, e il ministro è l’uomo che può chiarire quest’idea se mai dovesse venire in mente a qualcuno dei loro membri più ribelli.”[13]
Questa frase è controversa ma documentata negli archivi della Sophia Smith Collection. Dimostra la consapevolezza che il programma potesse essere percepito per quello che era: un tentativo di genocidio demografico. La strategia era cooptare i leader religiosi neri per rendere il programma accettabile alla comunità.
La confessione tardiva. L’intervista Wallace (1957)
Decenni dopo, ormai anziana, Sanger ribadì le sue convinzioni in un’intervista televisiva con Mike Wallace nel 1957:
“Penso che il più grande peccato al mondo sia mettere al mondo bambini — che hanno malattie dai loro genitori, che non hanno alcuna possibilità al mondo di essere praticamente un essere umano. Delinquenti, prigionieri, ogni sorta di cose già segnate quando nascono. Questo per me è il più grande peccato che le persone possono commettere.”[14]
Per Sanger, il peccato non è l’aborto, non è l’uccisione. Il peccato è far nascere chi, secondo lei, non merita di vivere.
L’eredità istituzionale
Margaret Sanger fonda l’American Birth Control League (1921), che in seguito diventerà la Planned Parenthood Federation of America (PPFA). Fin dall’inizio, i comitati direttivi di queste organizzazioni sono pieni di noti eugenisti. L’obiettivo è duplice:
Fornire contraccezione su vasta scala.
Con un focus strategico sui quartieri poveri e delle minoranze.
Nel frattempo, l’eugenetica coercitiva diventa legge. Trenta stati americani, a partire dall’Indiana nel 1907, approvano leggi sulla sterilizzazione forzata, convalidate da una famigerata sentenza della Corte Suprema (Buck v. Bell, 1927), in cui il giudice Oliver Wendell Holmes scrisse: “Tre generazioni di imbecilli sono abbastanza”.
Conclusione. Il volto vero del Movimento
Le citazioni da The Pivot of Civilization, Woman and the New Race, dai suoi articoli su Birth Control Review e dalle sue dichiarazioni pubbliche non lasciano spazio a interpretazioni benevole. Dimostrano in modo inconfutabile che il pensiero di Margaret Sanger era:
Con un focus strategico sui quartieri poveri e delle minoranze.
Nel frattempo, l’eugenetica coercitiva diventa legge. Trenta stati americani, a partire dall’Indiana nel 1907, approvano leggi sulla sterilizzazione forzata, convalidate da una famigerata sentenza della Corte Suprema (Buck v. Bell, 1927), in cui il giudice Oliver Wendell Holmes scrisse: “Tre generazioni di imbecilli sono abbastanza”.
Conclusione. Il volto vero del Movimento
Le citazioni da The Pivot of Civilization, Woman and the New Race, dai suoi articoli su Birth Control Review e dalle sue dichiarazioni pubbliche non lasciano spazio a interpretazioni benevole. Dimostrano in modo inconfutabile che il pensiero di Margaret Sanger era:
Profondamente eugenetico — il controllo delle nascite come strumento di selezione razziale.
Anti-caritatevole — identificava la carità cristiana come il problema, non la soluzione.
Radicalmente classista — disprezzava profondamente le classi lavoratrici e i poveri, considerandoli biologicamente inferiori.
Favorevole alla coercizione — sosteneva apertamente segregazione e sterilizzazione forzata.
Mortifero — vedeva la morte come preferibile alla vita in povertà.
Presentare oggi Margaret Sanger come una pioniera dei “diritti umani” o dei “diritti delle donne” è una delle più grandi falsificazioni storiche del nostro tempo. Era, nelle sue stesse parole, un’architetta dell’ingegneria umana, un’idolatra della “scienza” eugenetica, e una nemica dichiarata della carità cristiana.
Fase 3: il culmine e la crisi – Il laboratorio nazista e la sconfitta pubblica (1930-1945)
Il Nazismo come “allievo radicale”. Il movimento eugenetico tedesco, incarnato da figure come Alfred Ploetz e sostenuto dagli accademici del Kaiser Wilhelm Institute (KWI), non inventa nulla. Importa, sistematizza e radicalizza le idee anglo-americane. Le leggi naziste sulla sterilizzazione del 1933 sono modellate su quelle californiane. Esponenti dell’eugenetica americana, come Madison Grant, sono letti e ammirati da Hitler. La differenza è che il regime nazista ha il potere totalitario per applicare il programma fino alle sue estreme e omicide conseguenze.
Le élite filantropiche americane, in particolare la Fondazione Rockefeller, forniscono finanziamenti cruciali alla ricerca eugenetica in Germania fino al 1939, sostenendo proprio il KWI che diventerà il cervello scientifico della politica razziale di Hitler.
“Nationalsozialismus ist nichts anderes als angewandte Biologie” (Il Nazionalsocialismo non è altro che biologia applicata) è una frase generalmente attribuita al delfino di Hitler, Rudolf Hess (1894-1987). La formulazione così concisa e potente è molto probabilmente una sintesi successiva, elaborata da storici e analisti del Nazismo per catturare l’essenza della sua ideologia. È diventata famosa e ampiamente utilizzata perché descrive in modo perfetto il riduzionismo biologico che stava al centro del pensiero nazista. Uno degli storici che ha più contribuito a popolarizzarla, citandola come l’essenza della visione di Hess, è Robert Jay Lifton nel suo celebre studio sui medici nazisti, “The Nazi Doctors: Medical Killing and the Psychology of Genocide” (1986).
Rudolf Hess, in qualità di Vice di Hitler e figura di spicco del partito fin dai suoi esordi, era uno dei principali guardiani e promotori dell’ “ortodossia” ideologica nazista. Il suo ruolo non era quello del militare o dell’amministratore, ma quello dell'”apostolo”, dell’interprete fedele del pensiero del Führer. Nei suoi numerosi discorsi e scritti durante gli anni ’30 (specialmente quando parlava a studenti, scienziati e medici), Hess martellava costantemente su questo concetto, sebbene con un linguaggio più prolisso. Le fonti storiche documentano che Hess ha ripetutamente affermato concetti che sono perfettamente riassunti dalla formula “biologia applicata”.
In un discorso a un gruppo di scienziati nel 1934, Hess dichiarò che la politica nazista non era arbitraria, ma che si basava sulle “leggi eterne della vita” e sulla necessità di “applicare le scoperte della scienza ereditaria e razziale all’amministrazione dello Stato”.
In un discorso tenuto a Monaco nello stesso anno, sottolineò che la carità verso i “malati ereditariamente” era un tradimento delle “responsabilità biologiche” del popolo tedesco verso le generazioni future. Sempre nel 1934, parlando del rapporto tra politica e scienza, disse: “La politica di oggi è inseparabile dalla scienza della vita, e la scienza della vita è la base della nostra politica”.
Questa idea non era unicamente di Hess. Era l’aria che si respirava nell’élite intellettuale e medica del Terzo Reich. I medici che parteciparono al programma di eutanasia, gli antropologi del Kaiser Wilhelm Institute (che, come abbiamo visto, erano finanziati dai Rockefeller), e i burocrati che redassero le Leggi di Norimberga, tutti operavano secondo questo preciso paradigma: la morale tradizionale era obsoleta; la nuova guida per l’azione politica era la “scienza” biologica.
Otmar Freiherr von Verschuer (1896–1969): lo scienziato dei campi di morte
Von Verschuer era uno dei più importanti genetisti umani della Germania e uno dei principali teorici dell'”igiene razziale“ (Rassenhygiene). Non era un ideologo da birreria, ma un professore universitario di alto profilo. Diresse l’Istituto di Antropologia, Eredità Umana ed Eugenetica a Francoforte e, dal 1942, subentrò al suo maestro Eugen Fischer alla direzione del prestigioso (e infame) Kaiser Wilhelm Institute (KWI) per l’Antropologia, l’Eredità Umana e l’Eugenetica a Berlino. Come abbiamo già stabilito, questo istituto fu massicciamente finanziato dalla Fondazione Rockefeller americana. Questo significa che la carriera e le ricerche di von Verschuer furono, in parte significativa, sostenute da denaro “filantropico” statunitense.
Il dottor Josef Mengele, che sarebbe poi diventato tristemente noto come l’ “Angelo della Morte” di Auschwitz, fu uno degli studenti di dottorato e assistenti prediletti di von Verschuer all’istituto di Francoforte prima della guerra. La loro non fu una conoscenza casuale; fu un rapporto stretto tra maestro e allievo. Questo legame non si interruppe con la guerra. Anzi, si intensificò. Quando Mengele divenne medico capo ad Auschwitz-Birkenau, egli non operò in un vuoto scientifico. Le sue torture e i suoi esperimenti omicidi su gemelli, zingari e altre vittime erano condotti in diretta collaborazione e sotto la supervisione scientifica a distanza del suo mentore, Otmar von Verschuer, a Berlino. Documenti e testimonianze del dopoguerra (processo di Norimberga, processo ai medici) hanno provato senza ombra di dubbio che Mengele inviava regolarmente “materiale” di ricerca dal campo di sterminio all’Istituto Kaiser Wilhelm di von Verschuer. Questo “materiale” includeva campioni di sangue di gemelli, organi, scheletri e, nel caso più famoso, gli occhi di un’intera famiglia di zingari che Mengele aveva ucciso appositamente per poterli inviare al suo capo per le sue ricerche sull’eterocromia. L’istituto di von Verschuer, quindi, non era un semplice beneficiario passivo; era il committente scientifico di esperimenti omicidi.
La storia di von Verschuer dopo il 1945 è forse ancora più scandalosa, perché smaschera l’ipocrisia del mondo “civilizzato” che pretendeva di aver sconfitto il male. A differenza di Mengele, che fuggì, von Verschuer riuscì in un’operazione di riciclaggio quasi perfetta. Dopo un processo di “denazificazione” superficiale, in cui si presentò come un “semplice scienziato” e negò (contro ogni evidenza) di conoscere i crimini del suo pupillo Mengele, riuscì a ottenere una cattedra di Genetica Umana all’Università di Münster nel 1951, diventando uno dei genetisti più rispettati della nuova Germania Ovest. E qui arriva il fatto che chiude ogni dibattito sulla presunta “discontinuità” tra l’eugenetica nazista e quella “democratica”. Nel 1949, mentre le ceneri di Auschwitz erano ancora calde e i dettagli dei suoi esperimenti cominciavano ad emergere, Otmar Freiherr von Verschuer – l’uomo che riceveva gli occhi dei bambini assassinati da Mengele – venne accolto come membro dell'American Society of Human Genetics (ASHG).
L’élite eugenetica americana, lungi dal provare orrore per i risultati pratici delle proprie teorie in Germania, non vedeva in von Verschuer un criminale, ma un collega. Riconoscevano in lui uno dei massimi esperti del loro stesso campo, un uomo che aveva avuto l’opportunità di condurre ricerche che loro potevano solo sognare. La sua ammissione nella loro società non era un atto di perdono, ma un atto di continuità e di riconoscimento professionale. Questo atto dimostra che il confine, per loro, non era tra “democratici” e “nazisti”. Il confine era tra “illuminati” (gli eugenisti di ogni nazione) e “arretrati” (tutti gli altri, specialmente i cattolici) che, con la loro morale “irrazionale”, ostacolavano il progresso della razza. Di fronte a questo nemico comune, l’alleanza tra eugenisti tedeschi e americani era solida.
Accogliendo von Verschuer, la ASHG stava segnalando al mondo una cosa precisa: il progetto eugenetico non era morto con Hitler. Stava solo entrando in una nuova fase. Quella che Frederick Osborn, in quegli stessi anni, stava teorizzando: l’eugenetica si toglierà la svastica e indosserà la maschera della “scelta volontaria” e della “pianificazione familiare”. Von Verschuer era il ponte tra il vecchio e il nuovo, la continuità vivente che garantiva il passaggio del testimone.
La continuità tra eugenismo post-bellico e nazionalsocialismo è incarnata da figure come il demografo tedesco Hans Harmsen. Come documentato accademicamente, Harmsen è stato un architetto intellettuale della politica razziale nazista, teorizzando la “sterilizzazione degli inferiori”. Nonostante questo, dopo la guerra, insieme a Margaret Sanger, diventerà co-fondatore della International Planned Parenthood Federation (IPPF) nel 1952.
Fase 4: Il riciclaggio – L’inganno di Osborn e la nuova maschera (1950-1968)
Dopo il 1945, il movimento eugenetico si trovò di fronte a un problema esistenziale. L’eugenetica “classica”, quella promossa da figure come Madison Grant, basata sul razzismo biologico esplicito e sulla coercizione statale (sterilizzazione forzata), era diventata moralmente e politicamente insostenibile. Le immagini dei campi di concentramento nazisti l’avevano resa radioattiva. L’intero progetto rischiava di morire.
È qui che entra in scena Frederick Osborn, per decenni segretario e poi presidente dell’American Eugenics Society. Osborn non era un rozzo suprematista bianco; era un membro dell’establishment, un uomo ricco e colto che capì che il futuro dell’eugenetica non risiedeva più nella forza bruta, ma nella seduzione psicologica e nell’ingegneria sociale.
Ma contrariamente alla narrazione comune, la sua strategia non nacque come reazione post-bellica al trauma del nazismo. Già nel 1937, in piena epoca pre-hitleriana, Osborn scriveva con lucidità profetica:
“Se vogliamo fare progressi nell’eugenetica, dobbiamo abbandonare l’idea di controllare la riproduzione umana attraverso la legislazione diretta e la coercizione statale. Invece, dobbiamo lavorare per creare condizioni in cui le persone sceglieranno volontariamente di avere figli in accordo con i principi eugenetici, senza sapere di farlo.”[15]
Il nazismo non creò la strategia dell’inganno; la rese semplicemente urgente e inevitabile.
La diagnosi. Perché l’eugenetica classica aveva fallito
L’inganno di Osborn, sviluppato negli anni ’50 e diventato poi la dottrina ufficiale del movimento, si basa su una sostituzione strategica del soggetto dell’azione. Ma prima di prescrivere la cura, Osborn doveva fare la diagnosi. E la sua analisi fu spietata quanto sincera.
Nel suo celebre articolo del 1956, “Galton and Mid-Century Eugenics”, pubblicato sulla prestigiosa Eugenics Review, Osborn individuò con precisione chirurgica il motivo del fallimento:
“Le società eugenetiche non sono riuscite ad attrarre un ampio sostegno pubblico perché sono state troppo dirette nel loro approccio. Hanno parlato apertamente di migliorare la razza, di prevenire la nascita di difettosi, di sterilizzazione. Questo ha alienato piuttosto che attratto il pubblico. È necessario un approccio più indiretto.”[16]
Il problema, quindi, non era l’eugenetica in sé, ma il fatto di parlarne apertamente; la soluzione non era abbandonare l’obiettivo, ma cambiare il metodo e, soprattutto, il linguaggio. Poche pagine dopo, nello stesso articolo, Osborn pronunciò la frase che sarebbe diventata il manifesto della nuova era:
“Gli obiettivi eugenetici hanno maggiori probabilità di essere raggiunti sotto un nome diverso da eugenetica.”[17]
Questa è la confessione esplicita della strategia della menzogna e del travestimento. Osborn non dice: “l’eugenetica coercitiva è moralmente sbagliata”. Dice: “non funziona, la gente si ribella”. La sua è una critica pragmatica, non morale. E la soluzione che propone è altrettanto pragmatica: se il nome “eugenetica” è bruciato, continuiamo a perseguire i suoi obiettivi usando un altro nome.
Il cambio di maschera. La manipolazione semantica
Ma cambiare il nome non bastava. Bisognava ripulire l’intero vocabolario del movimento, eliminando ogni termine che potesse evocare il passato compromesso. Nel suo libro Preface to Eugenics (edizione rivista del 1951), Osborn fornì il nuovo codice linguistico con una franchezza disarmante:
“I termini ‘adatti’ e ‘non adatti’ sono diventati offensivi e dovrebbero essere eliminati dalla discussione eugenetica. Dovremmo parlare invece di persone di ‘alta capacità’ e ‘bassa capacità’, o di gruppi ‘avvantaggiati’ e ‘svantaggiati’. Questo cambiamento di terminologia renderà le proposte eugenetiche più accettabili al pubblico.”[18]
Ecco la chirurgia semantica in azione. Non si sta cambiando idea, si stanno solo cambiando le parole per rendere più digeribile lo stesso veleno. I “non adatti” diventano i “socialmente svantaggiati”. L'”eliminazione dei difettosi” diventa “prevenzione delle nascite ad alto rischio”. La “sterilizzazione” diventa “pianificazione familiare responsabile”.
Ma l’operazione di cosmesi linguistica era solo l’inizio. Il vero colpo di genio fu capire che i programmi eugenetici non dovevano più presentarsi come tali, ma dovevano mascherarsi sotto obiettivi apparentemente umanitari. Sempre nello stesso articolo del 1956, Osborn lo dice esplicitamente:
“Gli obiettivi eugenetici possono essere meglio raggiunti attraverso programmi che sembrano avere altri scopi. I programmi di pianificazione familiare, per esempio, possono essere presentati come mezzi per migliorare la salute materna e infantile, o per innalzare il tenore di vita, mentre silenziosamente raggiungono obiettivi eugenetici.”[19]
Questa è la confessione più devastante di tutte. Il manuale operativo è completo: presentate X (salute, benessere, diritti delle donne) mentre fate Y (eugenetica). L’inganno non è un effetto collaterale, è il metodo.
La nuova strategia. Dalla coercizione alla manipolazione ambientale
Osborn capì che la vecchia eugenetica “negativa” e coercitiva era morta. La gente non avrebbe mai più accettato che lo Stato sterilizzasse forzatamente le persone. Quindi, bisognava trovare un modo per convincere le persone a sterilizzarsi da sole, volontariamente. Nei suoi scritti più maturi, raccolti in The Future of Human Heredity (1968), propone una “nuova eugenetica” o “eugenetica riformata”.
Nel capitolo cruciale dedicato al “Programma Eugenetico per Oggi”, Osborn delinea con precisione matematica la sua visione:
“Se gli obiettivi eugenetici devono essere raggiunti, ciò deve essere fatto in modo tale da rendere volontarie le misure eugenetiche. Questo significa che deve essere conquistata l’accettazione pubblica, e questa non sarà conquistata a meno che il movimento eugenetico non cambi il suo nome e allarghi la sua base per includere tutte quelle misure sociali che portano a un aumento delle nascite tra i più capaci e a una diminuzione delle nascite tra i meno capaci.”[20]
Ecco il programma in sintesi: cambiare nome, mascherare gli obiettivi, usare “misure sociali” apparentemente neutre per ottenere risultati eugenetici. Ma qual è il meccanismo concreto? Come si ottiene questo risultato senza la coercizione? Osborn è cristallino:
“La proposta eugenetica più praticabile sarebbe creare un ambiente sociale e culturale in cui coppie di alta capacità e carattere tenderebbero ad avere famiglie di dimensioni superiori alla media, e coppie con bassa capacità e carattere tenderebbero ad avere famiglie di dimensioni inferiori alla media.”[21]
E ancora, con una formulazione che rivela l’intera logica del progetto:
“Una selezione volontaria e inconscia è resa possibile quando l’ambiente è organizzato in modo tale che le persone di alta capacità abbiano probabilmente famiglie numerose e le persone di bassa capacità abbiano probabilmente famiglie piccole.”[22]
Ecco il manifesto della coercizione “soft”. L’obiettivo non è più lo Stato che entra in camera da letto, ma uno Stato e una cultura che rendono la camera da letto un ambiente ostile alla procreazione per certi gruppi e favorevole per altri. Come? Attraverso la propaganda, la pressione economica, la medicalizzazione e la ridefinizione dei ruoli familiari — esattamente le misure che il Memorandum Jaffe avrebbe poi elencato. Si passa dal bisturi del chirurgo al bisturi invisibile dell’ingegnere sociale. L’eugenetica diventa “inconscia”.
Nel suo libro del 1968, Osborn è ancora più esplicito sulla natura “sottile” della nuova strategia:
“La nuova eugenetica sarà basata sulla crescente conoscenza dell’ereditarietà e sul cambiamento dell’ambiente sociale. Sarà volontaria, e sarà sottile. Alla fine, potrebbe essere molto più efficace della vecchia eugenetica della coercizione.”[23]
Tre aggettivi che sono un programma: volontaria, sottile, più efficace. L’inganno non è una deviazione tattica temporanea; è la strategia dichiarata, superiore alla coercizione proprio perché invisibile.
L’inganno diabolico. La libertà come mezzo.
Qui risiede l’inganno più diabolico. La libertà non è il fine, è il mezzo. Si dà alle masse l’illusione della scelta, sapendo che la loro scelta sarà pre-orientata dall’ambiente che è stato creato per loro. Nel capitolo conclusivo del suo libro del 1968, Osborn arriva alla confessione definitiva:
“Il principio della pianificazione familiare volontaria è probabilmente il più grande passo avanti per l’eugenetica che sia stato fatto in questo secolo.”[24]
Perché questo entusiasmo per la “pianificazione familiare volontaria”? La risposta è cinica e rivelatrice:
“Le misure per incoraggiare la contraccezione su base volontaria avranno un effetto eugenetico. Saranno i meno responsabili, i meno intelligenti e i meno lungimiranti a fare il maggior uso di metodi contraccettivi economici e facilmente disponibili.”[25]
Questa è la confessione definitiva. La contraccezione di massa non è offerta per la “libertà delle donne”, ma perché Osborn è convinto (con un classismo e un razzismo impliciti ma evidenti) che i poveri e gli “stupidi” ne abuseranno, auto-eliminandosi così dal pool genetico. La “libertà di scelta” diventa il meccanismo attraverso cui i “non adatti” compiono il loro “suicidio demografico” volontario. È una scommessa cinica sulla debolezza e sull’irresponsabilità delle masse, che le élite incoraggiano e poi sfruttano per i propri fini.
Già nel 1951, Osborn aveva teorizzato questo meccanismo di selezione “per incompetenza”:
“La diffusione delle informazioni e delle strutture per il controllo delle nascite ha avuto un effetto selettivo sulle nascite. Coloro che sono meno intelligenti e meno responsabili sono stati più lenti nell’adottare i metodi di controllo delle nascite, e quando li adottano, li usano meno efficacemente. Questo differenziale ha valore eugenetico.”[26]
La logica è perversa ma coerente: il fatto che i poveri usino male i contraccettivi non è un problema da risolvere, ma un obiettivo da sfruttare. L’inefficacia diventa efficacia eugenetica.
Chi sono i “non adatti”? Il bersaglio non è cambiato
Infine, chi sono questi “non adatti”? Osborn abbandona la rozza terminologia razziale del passato per una più moderna e scientifica, ma il bersaglio rimane identico. Nel capitolo sulla “Prevenzione dei Difetti”, scrive:
“Tutti concordano sul fatto che i bambini cresciuti in case dove c’è poca intelligenza, poca cura genitoriale e dove ci sono troppi fratelli, partono da una posizione di svantaggio… Il controllo delle nascite, quindi, dovrebbe essere particolarmente incoraggiato tra i gruppi economicamente e socialmente svantaggiati della popolazione.”[27]
La maschera è caduta, il bersaglio non è cambiato: sono sempre i poveri. L’unica differenza è che non sono più definiti “biologicamente inferiori” (un termine nazista), ma “socialmente svantaggiati”, con “scarsa intelligenza” e “poca responsabilità”. Il giudizio è lo stesso, è cambiato solo l’aggettivo. La “nuova eugenetica” è semplicemente la vecchia eugenetica con una laurea in sociologia.
Il ruolo delle Fondazioni. La rete operativa
Ma chi avrebbe dovuto implementare questa strategia? Osborn lo dice esplicitamente, nominando per nome l’istituzione chiave:
“Le fondazioni private hanno un ruolo importante da svolgere nella promozione degli obiettivi eugenetici. Possono sostenere la ricerca, l’educazione e lo sviluppo di programmi che incoraggiano la fertilità differenziale senza apparire di natura eugenetica. Il Population Council, per esempio, ha avuto successo in questo senso.”[28]
Questa citazione è una bomba. Osborn cita esplicitamente il Population Council — fondato dai Rockefeller nel 1952 e di cui lui stesso divenne presidente — come esempio di successo nel mascheramento. Non è un’interpretazione esterna, è l’architetto stesso che conferma la continuità istituzionale tra eugenetica classica e “pianificazione familiare” moderna. La Fondazione Rockefeller, che aveva finanziato l’eugenetica nazista fino al 1939, crea il Population Council che, guidato da Osborn, diventerà il principale think tank globale del controllo demografico. L’IPPF, co-fondata dal nazista Harmsen e dalla razzista Sanger, diventa il suo braccio operativo globale.
Conclusione. Il manuale che svela l’inganno
I testi di Frederick Osborn — da “Development of a Eugenic Philosophy” (1937) a “Preface to Eugenics” (1951), dall’articolo “Galton and Mid-Century Eugenics” (1956) fino a The Future of Human Heredity (1968) — costituiscono il manuale che svela l’inganno.
Dimostrano, senza possibilità di smentita, che l’intero movimento per la “pianificazione familiare” e la “salute riproduttiva”, promosso da organizzazioni come l’IPPF e il Population Council, non è stato un movimento umanitario per la libertà, ma un programma eugenetico scientificamente pianificato, basato sulla dissimulazione, sulla manipolazione culturale e sulla cinica scommessa che, data l'”opportunità”, i “non adatti” avrebbero scelto di scomparire.
E, come la storia degli ultimi settant’anni ha dimostrato, la scommessa di Osborn ha, purtroppo, pagato.
Riassumendo, l’eugenetica non scompare, ma cambia nome, nascondendosi dietro l’etichetta benevola della “pianificazione familiare”. Per promuovere questa “nuova eugenetica dal volto umano”, le stesse élite creano nuove istituzioni “scientifiche” e “rispettabili”. La Fondazione Rockefeller crea nel 1952 il Population Council, che diventerà il principale think tank globale del controllo demografico, guidato dallo stesso Osborn e da altri noti eugenisti. L’IPPF, co-fondata dal nazista Harmsen e dalla razzista Sanger, diventa il suo braccio operativo globale.
Fase 5. La grande svolta – Dall’inefficienza della contraccezione e della sterilizzazione alla strategia dell’aborto di massa (1967-1974)
Come vedremo tra poco, l’aborto procurato diventerà il migliore, se non l’unico, mezzo per ottenere l’abbattimento delle incremento demografico nel mondo e l’uccisione dei bimbi disabili, sostituendo la sterilizzazione forzata. Ecco le coincidenze temporali che non lasciano adito a dubbi:
Paesi Nordici – Abolizione sterilizzazioni forzate:Svezia: abolite nel 1975
Norvegia: abolite nel 1977
Danimarca: abolite nel 1967
Finlandia: abolite nel 1970
Legalizzazione aborto:Svezia: 1975
Norvegia: 1978
Danimarca: 1973
Finlandia: 1970
L’abolizione delle sterilizzazioni forzate non rappresentò un abbandono dell’agenda eugenetica, ma piuttosto una transizione verso metodi più “accettabili” socialmente – principalmente l’aborto legale e accessibile. Questo segue perfettamente la strategia delineata da Frederick Osborn: abbandonare i metodi coercitivi espliciti per metodi “volontari” che ottengono gli stessi risultati demografici ma con legittimità sociale.
La Svezia: il perfetto caso di studio
Analizziamo il perfetto caso di studio svedese. Gunnar Myrdal (1898-1987) era un economista, premio Nobel 1974, teorico principale del welfare state svedese e co-architetto delle leggi eugenetiche svedesi negli anni ’30; la moglie Alva Myrdal (1902-1986) era una sociologa, premio Nobel per la Pace 1982, pioniera delle politiche familiari svedesi e anche lei responsabile delle leggi eugenetiche svedesi negli anni ’30. Di seguito lo schema cronologico che rappresenta la pistola fumante del caso.
La continuità documentata
Anni ’30 – Eugenetica esplicita:
Radicalmente classista — disprezzava profondamente le classi lavoratrici e i poveri, considerandoli biologicamente inferiori.
Favorevole alla coercizione — sosteneva apertamente segregazione e sterilizzazione forzata.
Mortifero — vedeva la morte come preferibile alla vita in povertà.
Presentare oggi Margaret Sanger come una pioniera dei “diritti umani” o dei “diritti delle donne” è una delle più grandi falsificazioni storiche del nostro tempo. Era, nelle sue stesse parole, un’architetta dell’ingegneria umana, un’idolatra della “scienza” eugenetica, e una nemica dichiarata della carità cristiana.
Fase 3: il culmine e la crisi – Il laboratorio nazista e la sconfitta pubblica (1930-1945)
Il Nazismo come “allievo radicale”. Il movimento eugenetico tedesco, incarnato da figure come Alfred Ploetz e sostenuto dagli accademici del Kaiser Wilhelm Institute (KWI), non inventa nulla. Importa, sistematizza e radicalizza le idee anglo-americane. Le leggi naziste sulla sterilizzazione del 1933 sono modellate su quelle californiane. Esponenti dell’eugenetica americana, come Madison Grant, sono letti e ammirati da Hitler. La differenza è che il regime nazista ha il potere totalitario per applicare il programma fino alle sue estreme e omicide conseguenze.
Le élite filantropiche americane, in particolare la Fondazione Rockefeller, forniscono finanziamenti cruciali alla ricerca eugenetica in Germania fino al 1939, sostenendo proprio il KWI che diventerà il cervello scientifico della politica razziale di Hitler.
“Nationalsozialismus ist nichts anderes als angewandte Biologie” (Il Nazionalsocialismo non è altro che biologia applicata) è una frase generalmente attribuita al delfino di Hitler, Rudolf Hess (1894-1987). La formulazione così concisa e potente è molto probabilmente una sintesi successiva, elaborata da storici e analisti del Nazismo per catturare l’essenza della sua ideologia. È diventata famosa e ampiamente utilizzata perché descrive in modo perfetto il riduzionismo biologico che stava al centro del pensiero nazista. Uno degli storici che ha più contribuito a popolarizzarla, citandola come l’essenza della visione di Hess, è Robert Jay Lifton nel suo celebre studio sui medici nazisti, “The Nazi Doctors: Medical Killing and the Psychology of Genocide” (1986).
Rudolf Hess, in qualità di Vice di Hitler e figura di spicco del partito fin dai suoi esordi, era uno dei principali guardiani e promotori dell’ “ortodossia” ideologica nazista. Il suo ruolo non era quello del militare o dell’amministratore, ma quello dell'”apostolo”, dell’interprete fedele del pensiero del Führer. Nei suoi numerosi discorsi e scritti durante gli anni ’30 (specialmente quando parlava a studenti, scienziati e medici), Hess martellava costantemente su questo concetto, sebbene con un linguaggio più prolisso. Le fonti storiche documentano che Hess ha ripetutamente affermato concetti che sono perfettamente riassunti dalla formula “biologia applicata”.
In un discorso a un gruppo di scienziati nel 1934, Hess dichiarò che la politica nazista non era arbitraria, ma che si basava sulle “leggi eterne della vita” e sulla necessità di “applicare le scoperte della scienza ereditaria e razziale all’amministrazione dello Stato”.
In un discorso tenuto a Monaco nello stesso anno, sottolineò che la carità verso i “malati ereditariamente” era un tradimento delle “responsabilità biologiche” del popolo tedesco verso le generazioni future. Sempre nel 1934, parlando del rapporto tra politica e scienza, disse: “La politica di oggi è inseparabile dalla scienza della vita, e la scienza della vita è la base della nostra politica”.
Questa idea non era unicamente di Hess. Era l’aria che si respirava nell’élite intellettuale e medica del Terzo Reich. I medici che parteciparono al programma di eutanasia, gli antropologi del Kaiser Wilhelm Institute (che, come abbiamo visto, erano finanziati dai Rockefeller), e i burocrati che redassero le Leggi di Norimberga, tutti operavano secondo questo preciso paradigma: la morale tradizionale era obsoleta; la nuova guida per l’azione politica era la “scienza” biologica.
Otmar Freiherr von Verschuer (1896–1969): lo scienziato dei campi di morte
Von Verschuer era uno dei più importanti genetisti umani della Germania e uno dei principali teorici dell'”igiene razziale“ (Rassenhygiene). Non era un ideologo da birreria, ma un professore universitario di alto profilo. Diresse l’Istituto di Antropologia, Eredità Umana ed Eugenetica a Francoforte e, dal 1942, subentrò al suo maestro Eugen Fischer alla direzione del prestigioso (e infame) Kaiser Wilhelm Institute (KWI) per l’Antropologia, l’Eredità Umana e l’Eugenetica a Berlino. Come abbiamo già stabilito, questo istituto fu massicciamente finanziato dalla Fondazione Rockefeller americana. Questo significa che la carriera e le ricerche di von Verschuer furono, in parte significativa, sostenute da denaro “filantropico” statunitense.
Il dottor Josef Mengele, che sarebbe poi diventato tristemente noto come l’ “Angelo della Morte” di Auschwitz, fu uno degli studenti di dottorato e assistenti prediletti di von Verschuer all’istituto di Francoforte prima della guerra. La loro non fu una conoscenza casuale; fu un rapporto stretto tra maestro e allievo. Questo legame non si interruppe con la guerra. Anzi, si intensificò. Quando Mengele divenne medico capo ad Auschwitz-Birkenau, egli non operò in un vuoto scientifico. Le sue torture e i suoi esperimenti omicidi su gemelli, zingari e altre vittime erano condotti in diretta collaborazione e sotto la supervisione scientifica a distanza del suo mentore, Otmar von Verschuer, a Berlino. Documenti e testimonianze del dopoguerra (processo di Norimberga, processo ai medici) hanno provato senza ombra di dubbio che Mengele inviava regolarmente “materiale” di ricerca dal campo di sterminio all’Istituto Kaiser Wilhelm di von Verschuer. Questo “materiale” includeva campioni di sangue di gemelli, organi, scheletri e, nel caso più famoso, gli occhi di un’intera famiglia di zingari che Mengele aveva ucciso appositamente per poterli inviare al suo capo per le sue ricerche sull’eterocromia. L’istituto di von Verschuer, quindi, non era un semplice beneficiario passivo; era il committente scientifico di esperimenti omicidi.
La storia di von Verschuer dopo il 1945 è forse ancora più scandalosa, perché smaschera l’ipocrisia del mondo “civilizzato” che pretendeva di aver sconfitto il male. A differenza di Mengele, che fuggì, von Verschuer riuscì in un’operazione di riciclaggio quasi perfetta. Dopo un processo di “denazificazione” superficiale, in cui si presentò come un “semplice scienziato” e negò (contro ogni evidenza) di conoscere i crimini del suo pupillo Mengele, riuscì a ottenere una cattedra di Genetica Umana all’Università di Münster nel 1951, diventando uno dei genetisti più rispettati della nuova Germania Ovest. E qui arriva il fatto che chiude ogni dibattito sulla presunta “discontinuità” tra l’eugenetica nazista e quella “democratica”. Nel 1949, mentre le ceneri di Auschwitz erano ancora calde e i dettagli dei suoi esperimenti cominciavano ad emergere, Otmar Freiherr von Verschuer – l’uomo che riceveva gli occhi dei bambini assassinati da Mengele – venne accolto come membro dell'American Society of Human Genetics (ASHG).
L’élite eugenetica americana, lungi dal provare orrore per i risultati pratici delle proprie teorie in Germania, non vedeva in von Verschuer un criminale, ma un collega. Riconoscevano in lui uno dei massimi esperti del loro stesso campo, un uomo che aveva avuto l’opportunità di condurre ricerche che loro potevano solo sognare. La sua ammissione nella loro società non era un atto di perdono, ma un atto di continuità e di riconoscimento professionale. Questo atto dimostra che il confine, per loro, non era tra “democratici” e “nazisti”. Il confine era tra “illuminati” (gli eugenisti di ogni nazione) e “arretrati” (tutti gli altri, specialmente i cattolici) che, con la loro morale “irrazionale”, ostacolavano il progresso della razza. Di fronte a questo nemico comune, l’alleanza tra eugenisti tedeschi e americani era solida.
Accogliendo von Verschuer, la ASHG stava segnalando al mondo una cosa precisa: il progetto eugenetico non era morto con Hitler. Stava solo entrando in una nuova fase. Quella che Frederick Osborn, in quegli stessi anni, stava teorizzando: l’eugenetica si toglierà la svastica e indosserà la maschera della “scelta volontaria” e della “pianificazione familiare”. Von Verschuer era il ponte tra il vecchio e il nuovo, la continuità vivente che garantiva il passaggio del testimone.
La continuità tra eugenismo post-bellico e nazionalsocialismo è incarnata da figure come il demografo tedesco Hans Harmsen. Come documentato accademicamente, Harmsen è stato un architetto intellettuale della politica razziale nazista, teorizzando la “sterilizzazione degli inferiori”. Nonostante questo, dopo la guerra, insieme a Margaret Sanger, diventerà co-fondatore della International Planned Parenthood Federation (IPPF) nel 1952.
Fase 4: Il riciclaggio – L’inganno di Osborn e la nuova maschera (1950-1968)
Dopo il 1945, il movimento eugenetico si trovò di fronte a un problema esistenziale. L’eugenetica “classica”, quella promossa da figure come Madison Grant, basata sul razzismo biologico esplicito e sulla coercizione statale (sterilizzazione forzata), era diventata moralmente e politicamente insostenibile. Le immagini dei campi di concentramento nazisti l’avevano resa radioattiva. L’intero progetto rischiava di morire.
È qui che entra in scena Frederick Osborn, per decenni segretario e poi presidente dell’American Eugenics Society. Osborn non era un rozzo suprematista bianco; era un membro dell’establishment, un uomo ricco e colto che capì che il futuro dell’eugenetica non risiedeva più nella forza bruta, ma nella seduzione psicologica e nell’ingegneria sociale.
Ma contrariamente alla narrazione comune, la sua strategia non nacque come reazione post-bellica al trauma del nazismo. Già nel 1937, in piena epoca pre-hitleriana, Osborn scriveva con lucidità profetica:
“Se vogliamo fare progressi nell’eugenetica, dobbiamo abbandonare l’idea di controllare la riproduzione umana attraverso la legislazione diretta e la coercizione statale. Invece, dobbiamo lavorare per creare condizioni in cui le persone sceglieranno volontariamente di avere figli in accordo con i principi eugenetici, senza sapere di farlo.”[15]
Il nazismo non creò la strategia dell’inganno; la rese semplicemente urgente e inevitabile.
La diagnosi. Perché l’eugenetica classica aveva fallito
L’inganno di Osborn, sviluppato negli anni ’50 e diventato poi la dottrina ufficiale del movimento, si basa su una sostituzione strategica del soggetto dell’azione. Ma prima di prescrivere la cura, Osborn doveva fare la diagnosi. E la sua analisi fu spietata quanto sincera.
Nel suo celebre articolo del 1956, “Galton and Mid-Century Eugenics”, pubblicato sulla prestigiosa Eugenics Review, Osborn individuò con precisione chirurgica il motivo del fallimento:
“Le società eugenetiche non sono riuscite ad attrarre un ampio sostegno pubblico perché sono state troppo dirette nel loro approccio. Hanno parlato apertamente di migliorare la razza, di prevenire la nascita di difettosi, di sterilizzazione. Questo ha alienato piuttosto che attratto il pubblico. È necessario un approccio più indiretto.”[16]
Il problema, quindi, non era l’eugenetica in sé, ma il fatto di parlarne apertamente; la soluzione non era abbandonare l’obiettivo, ma cambiare il metodo e, soprattutto, il linguaggio. Poche pagine dopo, nello stesso articolo, Osborn pronunciò la frase che sarebbe diventata il manifesto della nuova era:
“Gli obiettivi eugenetici hanno maggiori probabilità di essere raggiunti sotto un nome diverso da eugenetica.”[17]
Questa è la confessione esplicita della strategia della menzogna e del travestimento. Osborn non dice: “l’eugenetica coercitiva è moralmente sbagliata”. Dice: “non funziona, la gente si ribella”. La sua è una critica pragmatica, non morale. E la soluzione che propone è altrettanto pragmatica: se il nome “eugenetica” è bruciato, continuiamo a perseguire i suoi obiettivi usando un altro nome.
Il cambio di maschera. La manipolazione semantica
Ma cambiare il nome non bastava. Bisognava ripulire l’intero vocabolario del movimento, eliminando ogni termine che potesse evocare il passato compromesso. Nel suo libro Preface to Eugenics (edizione rivista del 1951), Osborn fornì il nuovo codice linguistico con una franchezza disarmante:
“I termini ‘adatti’ e ‘non adatti’ sono diventati offensivi e dovrebbero essere eliminati dalla discussione eugenetica. Dovremmo parlare invece di persone di ‘alta capacità’ e ‘bassa capacità’, o di gruppi ‘avvantaggiati’ e ‘svantaggiati’. Questo cambiamento di terminologia renderà le proposte eugenetiche più accettabili al pubblico.”[18]
Ecco la chirurgia semantica in azione. Non si sta cambiando idea, si stanno solo cambiando le parole per rendere più digeribile lo stesso veleno. I “non adatti” diventano i “socialmente svantaggiati”. L'”eliminazione dei difettosi” diventa “prevenzione delle nascite ad alto rischio”. La “sterilizzazione” diventa “pianificazione familiare responsabile”.
Ma l’operazione di cosmesi linguistica era solo l’inizio. Il vero colpo di genio fu capire che i programmi eugenetici non dovevano più presentarsi come tali, ma dovevano mascherarsi sotto obiettivi apparentemente umanitari. Sempre nello stesso articolo del 1956, Osborn lo dice esplicitamente:
“Gli obiettivi eugenetici possono essere meglio raggiunti attraverso programmi che sembrano avere altri scopi. I programmi di pianificazione familiare, per esempio, possono essere presentati come mezzi per migliorare la salute materna e infantile, o per innalzare il tenore di vita, mentre silenziosamente raggiungono obiettivi eugenetici.”[19]
Questa è la confessione più devastante di tutte. Il manuale operativo è completo: presentate X (salute, benessere, diritti delle donne) mentre fate Y (eugenetica). L’inganno non è un effetto collaterale, è il metodo.
La nuova strategia. Dalla coercizione alla manipolazione ambientale
Osborn capì che la vecchia eugenetica “negativa” e coercitiva era morta. La gente non avrebbe mai più accettato che lo Stato sterilizzasse forzatamente le persone. Quindi, bisognava trovare un modo per convincere le persone a sterilizzarsi da sole, volontariamente. Nei suoi scritti più maturi, raccolti in The Future of Human Heredity (1968), propone una “nuova eugenetica” o “eugenetica riformata”.
Nel capitolo cruciale dedicato al “Programma Eugenetico per Oggi”, Osborn delinea con precisione matematica la sua visione:
“Se gli obiettivi eugenetici devono essere raggiunti, ciò deve essere fatto in modo tale da rendere volontarie le misure eugenetiche. Questo significa che deve essere conquistata l’accettazione pubblica, e questa non sarà conquistata a meno che il movimento eugenetico non cambi il suo nome e allarghi la sua base per includere tutte quelle misure sociali che portano a un aumento delle nascite tra i più capaci e a una diminuzione delle nascite tra i meno capaci.”[20]
Ecco il programma in sintesi: cambiare nome, mascherare gli obiettivi, usare “misure sociali” apparentemente neutre per ottenere risultati eugenetici. Ma qual è il meccanismo concreto? Come si ottiene questo risultato senza la coercizione? Osborn è cristallino:
“La proposta eugenetica più praticabile sarebbe creare un ambiente sociale e culturale in cui coppie di alta capacità e carattere tenderebbero ad avere famiglie di dimensioni superiori alla media, e coppie con bassa capacità e carattere tenderebbero ad avere famiglie di dimensioni inferiori alla media.”[21]
E ancora, con una formulazione che rivela l’intera logica del progetto:
“Una selezione volontaria e inconscia è resa possibile quando l’ambiente è organizzato in modo tale che le persone di alta capacità abbiano probabilmente famiglie numerose e le persone di bassa capacità abbiano probabilmente famiglie piccole.”[22]
Ecco il manifesto della coercizione “soft”. L’obiettivo non è più lo Stato che entra in camera da letto, ma uno Stato e una cultura che rendono la camera da letto un ambiente ostile alla procreazione per certi gruppi e favorevole per altri. Come? Attraverso la propaganda, la pressione economica, la medicalizzazione e la ridefinizione dei ruoli familiari — esattamente le misure che il Memorandum Jaffe avrebbe poi elencato. Si passa dal bisturi del chirurgo al bisturi invisibile dell’ingegnere sociale. L’eugenetica diventa “inconscia”.
Nel suo libro del 1968, Osborn è ancora più esplicito sulla natura “sottile” della nuova strategia:
“La nuova eugenetica sarà basata sulla crescente conoscenza dell’ereditarietà e sul cambiamento dell’ambiente sociale. Sarà volontaria, e sarà sottile. Alla fine, potrebbe essere molto più efficace della vecchia eugenetica della coercizione.”[23]
Tre aggettivi che sono un programma: volontaria, sottile, più efficace. L’inganno non è una deviazione tattica temporanea; è la strategia dichiarata, superiore alla coercizione proprio perché invisibile.
L’inganno diabolico. La libertà come mezzo.
Qui risiede l’inganno più diabolico. La libertà non è il fine, è il mezzo. Si dà alle masse l’illusione della scelta, sapendo che la loro scelta sarà pre-orientata dall’ambiente che è stato creato per loro. Nel capitolo conclusivo del suo libro del 1968, Osborn arriva alla confessione definitiva:
“Il principio della pianificazione familiare volontaria è probabilmente il più grande passo avanti per l’eugenetica che sia stato fatto in questo secolo.”[24]
Perché questo entusiasmo per la “pianificazione familiare volontaria”? La risposta è cinica e rivelatrice:
“Le misure per incoraggiare la contraccezione su base volontaria avranno un effetto eugenetico. Saranno i meno responsabili, i meno intelligenti e i meno lungimiranti a fare il maggior uso di metodi contraccettivi economici e facilmente disponibili.”[25]
Questa è la confessione definitiva. La contraccezione di massa non è offerta per la “libertà delle donne”, ma perché Osborn è convinto (con un classismo e un razzismo impliciti ma evidenti) che i poveri e gli “stupidi” ne abuseranno, auto-eliminandosi così dal pool genetico. La “libertà di scelta” diventa il meccanismo attraverso cui i “non adatti” compiono il loro “suicidio demografico” volontario. È una scommessa cinica sulla debolezza e sull’irresponsabilità delle masse, che le élite incoraggiano e poi sfruttano per i propri fini.
Già nel 1951, Osborn aveva teorizzato questo meccanismo di selezione “per incompetenza”:
“La diffusione delle informazioni e delle strutture per il controllo delle nascite ha avuto un effetto selettivo sulle nascite. Coloro che sono meno intelligenti e meno responsabili sono stati più lenti nell’adottare i metodi di controllo delle nascite, e quando li adottano, li usano meno efficacemente. Questo differenziale ha valore eugenetico.”[26]
La logica è perversa ma coerente: il fatto che i poveri usino male i contraccettivi non è un problema da risolvere, ma un obiettivo da sfruttare. L’inefficacia diventa efficacia eugenetica.
Chi sono i “non adatti”? Il bersaglio non è cambiato
Infine, chi sono questi “non adatti”? Osborn abbandona la rozza terminologia razziale del passato per una più moderna e scientifica, ma il bersaglio rimane identico. Nel capitolo sulla “Prevenzione dei Difetti”, scrive:
“Tutti concordano sul fatto che i bambini cresciuti in case dove c’è poca intelligenza, poca cura genitoriale e dove ci sono troppi fratelli, partono da una posizione di svantaggio… Il controllo delle nascite, quindi, dovrebbe essere particolarmente incoraggiato tra i gruppi economicamente e socialmente svantaggiati della popolazione.”[27]
La maschera è caduta, il bersaglio non è cambiato: sono sempre i poveri. L’unica differenza è che non sono più definiti “biologicamente inferiori” (un termine nazista), ma “socialmente svantaggiati”, con “scarsa intelligenza” e “poca responsabilità”. Il giudizio è lo stesso, è cambiato solo l’aggettivo. La “nuova eugenetica” è semplicemente la vecchia eugenetica con una laurea in sociologia.
Il ruolo delle Fondazioni. La rete operativa
Ma chi avrebbe dovuto implementare questa strategia? Osborn lo dice esplicitamente, nominando per nome l’istituzione chiave:
“Le fondazioni private hanno un ruolo importante da svolgere nella promozione degli obiettivi eugenetici. Possono sostenere la ricerca, l’educazione e lo sviluppo di programmi che incoraggiano la fertilità differenziale senza apparire di natura eugenetica. Il Population Council, per esempio, ha avuto successo in questo senso.”[28]
Questa citazione è una bomba. Osborn cita esplicitamente il Population Council — fondato dai Rockefeller nel 1952 e di cui lui stesso divenne presidente — come esempio di successo nel mascheramento. Non è un’interpretazione esterna, è l’architetto stesso che conferma la continuità istituzionale tra eugenetica classica e “pianificazione familiare” moderna. La Fondazione Rockefeller, che aveva finanziato l’eugenetica nazista fino al 1939, crea il Population Council che, guidato da Osborn, diventerà il principale think tank globale del controllo demografico. L’IPPF, co-fondata dal nazista Harmsen e dalla razzista Sanger, diventa il suo braccio operativo globale.
Conclusione. Il manuale che svela l’inganno
I testi di Frederick Osborn — da “Development of a Eugenic Philosophy” (1937) a “Preface to Eugenics” (1951), dall’articolo “Galton and Mid-Century Eugenics” (1956) fino a The Future of Human Heredity (1968) — costituiscono il manuale che svela l’inganno.
Dimostrano, senza possibilità di smentita, che l’intero movimento per la “pianificazione familiare” e la “salute riproduttiva”, promosso da organizzazioni come l’IPPF e il Population Council, non è stato un movimento umanitario per la libertà, ma un programma eugenetico scientificamente pianificato, basato sulla dissimulazione, sulla manipolazione culturale e sulla cinica scommessa che, data l'”opportunità”, i “non adatti” avrebbero scelto di scomparire.
E, come la storia degli ultimi settant’anni ha dimostrato, la scommessa di Osborn ha, purtroppo, pagato.
Riassumendo, l’eugenetica non scompare, ma cambia nome, nascondendosi dietro l’etichetta benevola della “pianificazione familiare”. Per promuovere questa “nuova eugenetica dal volto umano”, le stesse élite creano nuove istituzioni “scientifiche” e “rispettabili”. La Fondazione Rockefeller crea nel 1952 il Population Council, che diventerà il principale think tank globale del controllo demografico, guidato dallo stesso Osborn e da altri noti eugenisti. L’IPPF, co-fondata dal nazista Harmsen e dalla razzista Sanger, diventa il suo braccio operativo globale.
Fase 5. La grande svolta – Dall’inefficienza della contraccezione e della sterilizzazione alla strategia dell’aborto di massa (1967-1974)
Come vedremo tra poco, l’aborto procurato diventerà il migliore, se non l’unico, mezzo per ottenere l’abbattimento delle incremento demografico nel mondo e l’uccisione dei bimbi disabili, sostituendo la sterilizzazione forzata. Ecco le coincidenze temporali che non lasciano adito a dubbi:
Paesi Nordici – Abolizione sterilizzazioni forzate:Svezia: abolite nel 1975
Norvegia: abolite nel 1977
Danimarca: abolite nel 1967
Finlandia: abolite nel 1970
Legalizzazione aborto:Svezia: 1975
Norvegia: 1978
Danimarca: 1973
Finlandia: 1970
L’abolizione delle sterilizzazioni forzate non rappresentò un abbandono dell’agenda eugenetica, ma piuttosto una transizione verso metodi più “accettabili” socialmente – principalmente l’aborto legale e accessibile. Questo segue perfettamente la strategia delineata da Frederick Osborn: abbandonare i metodi coercitivi espliciti per metodi “volontari” che ottengono gli stessi risultati demografici ma con legittimità sociale.
La Svezia: il perfetto caso di studio
Analizziamo il perfetto caso di studio svedese. Gunnar Myrdal (1898-1987) era un economista, premio Nobel 1974, teorico principale del welfare state svedese e co-architetto delle leggi eugenetiche svedesi negli anni ’30; la moglie Alva Myrdal (1902-1986) era una sociologa, premio Nobel per la Pace 1982, pioniera delle politiche familiari svedesi e anche lei responsabile delle leggi eugenetiche svedesi negli anni ’30. Di seguito lo schema cronologico che rappresenta la pistola fumante del caso.
La continuità documentata
Anni ’30 – Eugenetica esplicita:
I Myrdal scrissero “Kris i befolkningsfrågan” (1934) – “Crisi nella questione demografica”
Sostenevano sterilizzazione per “elementi antisociali” e “razze inferiori”
Progettarono il modello di “ingegneria sociale” del Folkhemmet
Anni ’70 – Transizione “umanitaria”:Alva Myrdal fu protagonista dell’abolizione delle sterilizzazioni forzate
Gli stessi Myrdal promossero la legalizzazione dell’aborto
Stesse persone, stessi obiettivi demografici, metodi diversi
Il fatto che entrambi abbiano ricevuto premi Nobel dopo aver architettato programmi eugenetici dimostra come l’establishment internazionale non vedesse contraddizione tra l’eugenetica negli anni ’30 ed i “diritti umani” negli anni ’70. La biografia dei Myrdal dimostra che la transizione non fu un ripudio dell’eugenetica, ma la sua evoluzione strategica. Le stesse menti che progettarono la sterilizzazione forzata progettarono poi l’aborto legale.
Alla metà degli anni ’60, il movimento per il controllo della popolazione, nonostante gli ingenti investimenti e il crescente appoggio politico, si trovò di fronte a un problema frustrante: la gente continuava a fare troppi figli. I programmi basati sulla “pianificazione familiare volontaria”, cioè sulla semplice offerta di contraccettivi, si stavano rivelando demograficamente inefficienti. Le coppie, specialmente nei paesi in via di sviluppo, anche quando usavano la contraccezione, desideravano ancora famiglie numerose, vanificando l’obiettivo malthusiano. Serviva un cambio di passo. Serviva un’analisi spietata della situazione e una strategia più radicale. Questa transizione avvenne in tre atti, tra il 1967 e il 1969.
Atto I: La Diagnosi Accademica – Kingsley Davis e il Fallimento della “Pianificazione Familiare” (Science, 1967)
La sveglia suonò dall’interno del sancta sanctorum dell’establishment scientifico. Kingsley Davis[29], che coniò il termine “esplosione demografica“, uno dei più eminenti sociologi e demografi del tempo, pubblicò sulla prestigiosa rivista Science un articolo intitolato “Population Policy: Will Current Programs Succeed?“[30], che significa “Politica demografica: i programmi attuali avranno successo?”. La sua risposta fu un “NO” categorico e argomentato. Davis demolisce l’idea che la pianificazione familiare, basata sulla “scelta” della coppia, possa mai portare al controllo demografico. La sua logica è ferrea: “Non c’è ragione di aspettarsi che milioni di decisioni sulla dimensione della famiglia prese dalle coppie nel loro interesse privato possano automaticamente controllare la popolazione per il beneficio della società.” L’interesse della coppia (avere 3, 4 o 5 figli) e l’interesse dello Stato malthusiano (la “crescita zero”) sono in conflitto. Finché ci si affida alla “libertà”, vincerà sempre la coppia. Davis accusa i suoi stessi colleghi di ipocrisia e inefficienza per il loro rifiuto di usare gli strumenti più efficaci, primo tra tutti l’aborto. Le sue parole sono agghiaccianti:
“L’aborto indotto… è uno dei mezzi più sicuri per controllare la riproduzione, e che ha dimostrato di essere capace di ridurre i tassi di natalità rapidamente… Esso non è in concorrenza con la contraccezione, ma serve come un backstop [rete di sicurezza] quando quest’ultima fallisce…”
Il messaggio era chiaro: smettetela di nascondervi. Se volete davvero ridurre la popolazione, dovete abbracciare l’aborto come strumento primario e smetterla di considerarlo un “incidente da evitare”.
Davis accusa i pianificatori familiari di un’ingenuità quasi infantile (o, più probabilmente, di una disonestà strategica) nell’ignorare la questione fondamentale: perché le persone vogliono figli?
“Santificando la dottrina secondo cui ogni donna dovrebbe avere il numero di figli che desidera… i leader delle attuali politiche eludono la necessità di chiedersi perché le donne desiderino così tanti figli e come questo desiderio possa essere influenzato… Nel considerare gli atteggiamenti negativi verso il controllo delle nascite come dovuti a ignoranza, apatia e tradizione obsoleta, e la ‘comunicazione di massa’ come la soluzione al problema della motivazione, i pianificatori familiari tendono a ignorare il potere e la complessità della vita sociale.”
Davis qui è spietato. Afferma che l’intera strategia dei suoi contemporanei si basa su un errore di valutazione: credono che sia sufficiente offrire contraccettivi e “educare” la gente per risolvere il problema. Davis li accusa di ignorare la verità sociologica fondamentale: la procreazione non è un incidente, è un comportamento profondamente motivato socialmente, inserito in un sistema di “ricompense e punizioni” che incoraggia la fertilità. Per Davis, quindi, ogni programma che non attacchi direttamente le strutture sociali pro-familiari è destinato al fallimento.
Un’altra accusa pesante che Davis muove è quella di aver trasformato un problema socio-economico in un problema puramente medico.
“Designare il controllo della popolazione come un compito medico o di sanità pubblica porta a un’evasione simile. Questa categorizzazione assicura il sostegno popolare perché mette la politica demografica nelle mani di personale medico rispettato, ma, per la stessa ragione, dà la responsabilità a persone che pensano in termini di cliniche e pazienti, di pillole e spirali, e che portano alla gestione di fenomeni economici e sociali un’ingenuità presuntuosa.”
Questa è un’analisi brillante. Medicalizzando il problema, si ottiene un doppio vantaggio strategico: si guadagna il rispetto del pubblico e si evita il problema reale, che è politico ed economico. Dare pillole è più facile (e meno controverso) che smantellare la struttura familiare. Questa critica è ancora attualissima: oggi l’aborto è difeso quasi esclusivamente come una “procedura medica” e un “diritto alla salute”, esattamente la strategia evasiva che Davis aveva già identificato nel 1967.
Infine, l’articolo elenca senza censure le vere misure che un governo serio, che volesse davvero controllare la popolazione, dovrebbe intraprendere. Sono la traduzione politica della sua analisi.
“Il governo potrebbe pagare le persone per permettere che siano sterilizzate; tutti i costi dell’aborto potrebbero essere pagati dal governo; si potrebbe imporre una tassa sostanziosa sulla licenza di matrimonio; si potrebbe prelevare una ‘tassa sui figli’…” e ancora: “…Smettere di tassare i single più dei coniugati; smettere di dare ai genitori speciali esenzioni fiscali; abbandonare la politica fiscale che discrimina le coppie quando la moglie lavora; ridurre i congedi di maternità pagati; ridurre gli assegni familiari…”
Questa non è più teoria, ma è un programma di governo. Davis sta delineando un attacco sistematico, legale e fiscale, contro l’istituzione della famiglia e della maternità. Ogni misura è progettata per penalizzare la normalità (sposarsi, avere figli) e premiare la devianza dalla norma (rimanere single, sterili o lavorare fuori casa).
Il documento completo di Kingsley Davis, riletto oggi, è la pietra angolare che illumina l’intera storia successiva. È la prova inconfutabile che:L’élite sapeva fin dall’inizio che la “pianificazione familiare volontaria” era una facciata.
Sostenevano sterilizzazione per “elementi antisociali” e “razze inferiori”
Progettarono il modello di “ingegneria sociale” del Folkhemmet
Anni ’70 – Transizione “umanitaria”:Alva Myrdal fu protagonista dell’abolizione delle sterilizzazioni forzate
Gli stessi Myrdal promossero la legalizzazione dell’aborto
Stesse persone, stessi obiettivi demografici, metodi diversi
Il fatto che entrambi abbiano ricevuto premi Nobel dopo aver architettato programmi eugenetici dimostra come l’establishment internazionale non vedesse contraddizione tra l’eugenetica negli anni ’30 ed i “diritti umani” negli anni ’70. La biografia dei Myrdal dimostra che la transizione non fu un ripudio dell’eugenetica, ma la sua evoluzione strategica. Le stesse menti che progettarono la sterilizzazione forzata progettarono poi l’aborto legale.
Alla metà degli anni ’60, il movimento per il controllo della popolazione, nonostante gli ingenti investimenti e il crescente appoggio politico, si trovò di fronte a un problema frustrante: la gente continuava a fare troppi figli. I programmi basati sulla “pianificazione familiare volontaria”, cioè sulla semplice offerta di contraccettivi, si stavano rivelando demograficamente inefficienti. Le coppie, specialmente nei paesi in via di sviluppo, anche quando usavano la contraccezione, desideravano ancora famiglie numerose, vanificando l’obiettivo malthusiano. Serviva un cambio di passo. Serviva un’analisi spietata della situazione e una strategia più radicale. Questa transizione avvenne in tre atti, tra il 1967 e il 1969.
Atto I: La Diagnosi Accademica – Kingsley Davis e il Fallimento della “Pianificazione Familiare” (Science, 1967)
La sveglia suonò dall’interno del sancta sanctorum dell’establishment scientifico. Kingsley Davis[29], che coniò il termine “esplosione demografica“, uno dei più eminenti sociologi e demografi del tempo, pubblicò sulla prestigiosa rivista Science un articolo intitolato “Population Policy: Will Current Programs Succeed?“[30], che significa “Politica demografica: i programmi attuali avranno successo?”. La sua risposta fu un “NO” categorico e argomentato. Davis demolisce l’idea che la pianificazione familiare, basata sulla “scelta” della coppia, possa mai portare al controllo demografico. La sua logica è ferrea: “Non c’è ragione di aspettarsi che milioni di decisioni sulla dimensione della famiglia prese dalle coppie nel loro interesse privato possano automaticamente controllare la popolazione per il beneficio della società.” L’interesse della coppia (avere 3, 4 o 5 figli) e l’interesse dello Stato malthusiano (la “crescita zero”) sono in conflitto. Finché ci si affida alla “libertà”, vincerà sempre la coppia. Davis accusa i suoi stessi colleghi di ipocrisia e inefficienza per il loro rifiuto di usare gli strumenti più efficaci, primo tra tutti l’aborto. Le sue parole sono agghiaccianti:
“L’aborto indotto… è uno dei mezzi più sicuri per controllare la riproduzione, e che ha dimostrato di essere capace di ridurre i tassi di natalità rapidamente… Esso non è in concorrenza con la contraccezione, ma serve come un backstop [rete di sicurezza] quando quest’ultima fallisce…”
Il messaggio era chiaro: smettetela di nascondervi. Se volete davvero ridurre la popolazione, dovete abbracciare l’aborto come strumento primario e smetterla di considerarlo un “incidente da evitare”.
Davis accusa i pianificatori familiari di un’ingenuità quasi infantile (o, più probabilmente, di una disonestà strategica) nell’ignorare la questione fondamentale: perché le persone vogliono figli?
“Santificando la dottrina secondo cui ogni donna dovrebbe avere il numero di figli che desidera… i leader delle attuali politiche eludono la necessità di chiedersi perché le donne desiderino così tanti figli e come questo desiderio possa essere influenzato… Nel considerare gli atteggiamenti negativi verso il controllo delle nascite come dovuti a ignoranza, apatia e tradizione obsoleta, e la ‘comunicazione di massa’ come la soluzione al problema della motivazione, i pianificatori familiari tendono a ignorare il potere e la complessità della vita sociale.”
Davis qui è spietato. Afferma che l’intera strategia dei suoi contemporanei si basa su un errore di valutazione: credono che sia sufficiente offrire contraccettivi e “educare” la gente per risolvere il problema. Davis li accusa di ignorare la verità sociologica fondamentale: la procreazione non è un incidente, è un comportamento profondamente motivato socialmente, inserito in un sistema di “ricompense e punizioni” che incoraggia la fertilità. Per Davis, quindi, ogni programma che non attacchi direttamente le strutture sociali pro-familiari è destinato al fallimento.
Un’altra accusa pesante che Davis muove è quella di aver trasformato un problema socio-economico in un problema puramente medico.
“Designare il controllo della popolazione come un compito medico o di sanità pubblica porta a un’evasione simile. Questa categorizzazione assicura il sostegno popolare perché mette la politica demografica nelle mani di personale medico rispettato, ma, per la stessa ragione, dà la responsabilità a persone che pensano in termini di cliniche e pazienti, di pillole e spirali, e che portano alla gestione di fenomeni economici e sociali un’ingenuità presuntuosa.”
Questa è un’analisi brillante. Medicalizzando il problema, si ottiene un doppio vantaggio strategico: si guadagna il rispetto del pubblico e si evita il problema reale, che è politico ed economico. Dare pillole è più facile (e meno controverso) che smantellare la struttura familiare. Questa critica è ancora attualissima: oggi l’aborto è difeso quasi esclusivamente come una “procedura medica” e un “diritto alla salute”, esattamente la strategia evasiva che Davis aveva già identificato nel 1967.
Infine, l’articolo elenca senza censure le vere misure che un governo serio, che volesse davvero controllare la popolazione, dovrebbe intraprendere. Sono la traduzione politica della sua analisi.
“Il governo potrebbe pagare le persone per permettere che siano sterilizzate; tutti i costi dell’aborto potrebbero essere pagati dal governo; si potrebbe imporre una tassa sostanziosa sulla licenza di matrimonio; si potrebbe prelevare una ‘tassa sui figli’…” e ancora: “…Smettere di tassare i single più dei coniugati; smettere di dare ai genitori speciali esenzioni fiscali; abbandonare la politica fiscale che discrimina le coppie quando la moglie lavora; ridurre i congedi di maternità pagati; ridurre gli assegni familiari…”
Questa non è più teoria, ma è un programma di governo. Davis sta delineando un attacco sistematico, legale e fiscale, contro l’istituzione della famiglia e della maternità. Ogni misura è progettata per penalizzare la normalità (sposarsi, avere figli) e premiare la devianza dalla norma (rimanere single, sterili o lavorare fuori casa).
Il documento completo di Kingsley Davis, riletto oggi, è la pietra angolare che illumina l’intera storia successiva. È la prova inconfutabile che:L’élite sapeva fin dall’inizio che la “pianificazione familiare volontaria” era una facciata.
L’aborto era considerato fin dall’inizio lo strumento più efficace.
L’obiettivo finale era, ed è, non solo un controllo demografico, ma una profonda ristrutturazione della società occidentale per renderla intrinsecamente anti-natalista.
I movimenti femministi, le riforme fiscali anti-familiari, la crisi della nuzialità, il crollo demografico che abbiamo vissuto nei 50 anni successivi non sono stati incidenti storici. Sono stati, in gran parte, l’implementazione di successo, consapevole o meno, del programma delineato da Kingsley Davis in questo agghiacciante e profetico articolo.
Atto II: La Delibera Politica – L’IPPF a Dacca sceglie l’Aborto come Arma Globale (1969)
La lezione di Davis fu recepita perfettamente dall’organizzazione che, più di ogni altra, traduceva la teoria in azione politica: l’ International Planned Parenthood Federation (IPPF).
Nel suo congresso mondiale tenutosi a Dacca (allora Pakistan Orientale, oggi Bangladesh) dal 28 gennaio al 4 febbraio 1969, l’IPPF prese la decisione strategica di cambiare marcia. Gli atti di quel congresso, che riunì i vertici mondiali della pianificazione familiare, sono la prova che la promozione dell’aborto non fu un’evoluzione spontanea, ma una delibera a tavolino. L’eco delle parole di Davis risuona nelle conclusioni del congresso:
Citazione dagli Atti (come riportato da fonti dell’epoca): “L’aborto – legale e illegale – è considerato come il più efficace metodo di controllo delle nascite rispetto a qualsiasi contraccettivo conosciuto”.
L’aborto non era più visto come un’opzione tra le altre, ma come un passaggio obbligato, una conditio sine qua non per il successo del programma di de-popolazione.
Citazione dagli Atti: “Per qualsiasi nazione è impossibile diminuire il proprio tasso di natalità senza passare per l’aborto, legale o illegale”.
L’inganno semantico. Per normalizzare questa scelta e renderla digeribile all’opinione pubblica, si adottò un nuovo linguaggio, un capolavoro di manipolazione semantica. L’aborto viene definito, testualmente, “il mezzo chirurgico della contraccezione”. Questa frase, apparentemente tecnica, è in realtà un atto di violenza concettuale: dissolve la distinzione morale e ontologica tra impedire una vita e sopprimere una vita, riducendo l’omicidio di un essere umano a una semplice procedura medica, una continuazione “chirurgica” di un atto preventivo.
Il congresso di Dacca del 1969 fu, a tutti gli effetti, il momento in cui l’élite malthusiana “sganciò la bomba” dell’aborto sul mondo, trasformandolo da pratica marginale a strumento centrale della sua strategia geopolitica.
Atto III: Il Manuale Operativo – Il Memorandum Jaffe[31] e la Mentalità Totalitaria (1969)
Mentre l’IPPF a livello globale definiva la strategia, la sua branca più potente, la Planned Parenthood americana, ne studiava le tattiche di implementazione. Nello stesso anno, nel marzo 1969, Frederick S. Jaffe, vicepresidente di PPFA, redasse il famoso “Memorandum Jaffe” per il Population Council di John D. Rockefeller III. Questo documento è il catalogo degli orrori. Non è un piano politico, ma un brainstorming tecnico che elenca, con agghiacciante lucidità, tutte le misure possibili per ridurre la fertilità, senza alcun filtro morale. Serve a rivelare la mentalità degli ingegneri sociali. Il memorandum non si limita all’aborto e alla contraccezione. Elenca misure di coercizione economica, sociale e persino biologica, tra cui:
Dalla Tabella del Memorandum Jaffe:
“Ristrutturare la famiglia”
“Incoraggiare una maggiore omosessualità”
“Tassare i figli”
“Pagamenti per la sterilizzazione”
“Permessi di gravidanza negoziabili”
E, la più infame di tutte: “Aggiungere un agente sterilizzante alle forniture d’acqua o ai cibi di base”.
Il Memorandum Jaffe è la prova definitiva che, per questa élite, non c’è mai stato alcun interesse reale per la “libertà di scelta” della donna. La donna e la sua fertilità erano viste solo come una variabile in un’equazione demografica da risolvere. Se la “scelta volontaria” (persuasa) non fosse stata sufficiente a raggiungere gli obiettivi, si era pronti a passare senza scrupoli alla coercizione diretta e persino alla sterilizzazione di massa involontaria e segreta. Il Memorandum Jaffe non era un piano politico da approvare in parlamento. Era una mappa strategica di ingegneria culturale. E, come tale, il suo successo si misura non tanto nelle singole leggi, quanto nel cambiamento radicale della mentalità e dei comportamenti sociali. E da questo punto di vista, la vittoria è stata quasi totale. Vediamone gli effetti ex-post.Successo nella ristrutturazione anti-Sociale (Categoria A: “Social Constraints”)
“Ristrutturare la famiglia… alterare l’immagine della famiglia ideale”: SUCCESSO TOTALE. Oggi, l’immagine mediatica e culturale dominante della “famiglia ideale” non è più quella numerosa. È quella con uno, massimo due figli. Avere tre o più figli è visto come un atto eccentrico, irresponsabile o addirittura un “crimine ecologico”.
“Incoraggiare le donne a lavorare”: SUCCESSO TOTALE. Questo è forse il punto di maggiore successo. L’ideologia femminista, promossa e finanziata dalle stesse fondazioni (Ford, Rockefeller), è diventata il motore di questo cambiamento. La “realizzazione” della donna è stata identificata quasi esclusivamente con la carriera extra-domestica, mentre la maternità e la cura della casa sono state sistematicamente declassate a ruoli oppressivi e privi di valore.
“Incoraggiare una maggiore omosessualità”: SUCCESSO TOTALE. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una promozione martellante e senza precedenti dello stile di vita omosessuale attraverso i media, l’istruzione e la legislazione. Al di là di ogni considerazione morale, dal punto di vista puramente demografico malthusiano, questa è una strategia vincente: le unioni omosessuali sono, per natura, sterili. La loro normalizzazione e celebrazione contribuiscono matematicamente a ridurre il tasso di natalità.
2. Successo nella manipolazione economica (Categoria B: “Economic Deterrents”)
“Tassare le famiglie con figli” / “Togliere gli sgravi fiscali”: SUCCESSO PARZIALE MA SIGNIFICATIVO. Sebbene non sia stata introdotta una “tassa sui figli” esplicita (sarebbe stata troppo impopolare), i sistemi fiscali occidentali si sono evoluti in una direzione che, di fatto, penalizza la famiglia numerosa. Il costo di crescere un figlio è esploso, mentre gli aiuti statali (sgravi fiscali, assegni familiari) sono quasi sempre insufficienti a coprire le spese. Far nascere e crescere figli è diventato, economicamente parlando, un atto irrazionale, un lusso per ricchi. L’economia stessa è diventata il più potente dei contraccettivi.
“Pagare per la non-gravidanza” / “Bonus per la sterilizzazione”: Sebbene non si paghino direttamente le persone per non fare figli, la logica dell’incentivo si è affermata. I sistemi sanitari pubblici o le assicurazioni private coprono quasi sempre al 100% i costi di contraccettivi, sterilizzazioni e aborti, rendendoli di fatto “gratuiti”. Allo stesso tempo, il parto e la cura dei figli hanno costi enormi. Il sistema sussidia la sterilità e tassa la fertilità.
3. Successo nel controllo medico (Categoria C: “Universal access to fertility control”)
Qui la vittoria è stata la più visibile e politicamente combattuta, ma alla fine schiacciante.
“Accesso universale a contraccezione e aborto”: SUCCESSO QUASI TOTALE. Questo è diventato il dogma intoccabile della “salute riproduttiva”. Oggi, in quasi tutto il mondo occidentale, contraccettivi e aborto non sono solo legali, ma sono considerati “diritti umani fondamentali”, promossi attivamente dallo Stato e da organismi internazionali, e finanziati con denaro pubblico.
“Aggiungere un agente sterilizzante alle forniture d’acqua”: FALLIMENTO (nell’implementazione diretta). SUCCESSO (nella logica sottostante). Questa misura era tecnicamente e politicamente impraticabile. Ma la logica che la anima è più viva che mai: l’idea che la fertilità umana sia una “malattia” da contenere con interventi di sanità pubblica su vasta scala, anche senza il consenso esplicito dell’individuo. Oggi questa logica si manifesta in forme più sottili: le martellanti campagne di “educazione sessuale” nelle scuole, che indottrinano i bambini alla contraccezione fin dalla più tenera età; la pressione sociale e medica sulle donne affinché usino contraccettivi a lungo termine (spirali, impianti sottocutanei), che creano una condizione di sterilità “di default” che deve essere attivamente rimossa per avere un figlio. Non hanno messo lo sterilizzante nell’acqua, l’hanno messo nella cultura.
Il piano di Jaffe ha funzionato spaventosamente bene. La società occidentale del 2025 è, in gran parte, la società che lui e i suoi colleghi avevano progettato nel 1969. È una società in cui:
“Incoraggiare una maggiore omosessualità”
“Tassare i figli”
“Pagamenti per la sterilizzazione”
“Permessi di gravidanza negoziabili”
E, la più infame di tutte: “Aggiungere un agente sterilizzante alle forniture d’acqua o ai cibi di base”.
Il Memorandum Jaffe è la prova definitiva che, per questa élite, non c’è mai stato alcun interesse reale per la “libertà di scelta” della donna. La donna e la sua fertilità erano viste solo come una variabile in un’equazione demografica da risolvere. Se la “scelta volontaria” (persuasa) non fosse stata sufficiente a raggiungere gli obiettivi, si era pronti a passare senza scrupoli alla coercizione diretta e persino alla sterilizzazione di massa involontaria e segreta. Il Memorandum Jaffe non era un piano politico da approvare in parlamento. Era una mappa strategica di ingegneria culturale. E, come tale, il suo successo si misura non tanto nelle singole leggi, quanto nel cambiamento radicale della mentalità e dei comportamenti sociali. E da questo punto di vista, la vittoria è stata quasi totale. Vediamone gli effetti ex-post.Successo nella ristrutturazione anti-Sociale (Categoria A: “Social Constraints”)
“Ristrutturare la famiglia… alterare l’immagine della famiglia ideale”: SUCCESSO TOTALE. Oggi, l’immagine mediatica e culturale dominante della “famiglia ideale” non è più quella numerosa. È quella con uno, massimo due figli. Avere tre o più figli è visto come un atto eccentrico, irresponsabile o addirittura un “crimine ecologico”.
“Incoraggiare le donne a lavorare”: SUCCESSO TOTALE. Questo è forse il punto di maggiore successo. L’ideologia femminista, promossa e finanziata dalle stesse fondazioni (Ford, Rockefeller), è diventata il motore di questo cambiamento. La “realizzazione” della donna è stata identificata quasi esclusivamente con la carriera extra-domestica, mentre la maternità e la cura della casa sono state sistematicamente declassate a ruoli oppressivi e privi di valore.
“Incoraggiare una maggiore omosessualità”: SUCCESSO TOTALE. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una promozione martellante e senza precedenti dello stile di vita omosessuale attraverso i media, l’istruzione e la legislazione. Al di là di ogni considerazione morale, dal punto di vista puramente demografico malthusiano, questa è una strategia vincente: le unioni omosessuali sono, per natura, sterili. La loro normalizzazione e celebrazione contribuiscono matematicamente a ridurre il tasso di natalità.
2. Successo nella manipolazione economica (Categoria B: “Economic Deterrents”)
“Tassare le famiglie con figli” / “Togliere gli sgravi fiscali”: SUCCESSO PARZIALE MA SIGNIFICATIVO. Sebbene non sia stata introdotta una “tassa sui figli” esplicita (sarebbe stata troppo impopolare), i sistemi fiscali occidentali si sono evoluti in una direzione che, di fatto, penalizza la famiglia numerosa. Il costo di crescere un figlio è esploso, mentre gli aiuti statali (sgravi fiscali, assegni familiari) sono quasi sempre insufficienti a coprire le spese. Far nascere e crescere figli è diventato, economicamente parlando, un atto irrazionale, un lusso per ricchi. L’economia stessa è diventata il più potente dei contraccettivi.
“Pagare per la non-gravidanza” / “Bonus per la sterilizzazione”: Sebbene non si paghino direttamente le persone per non fare figli, la logica dell’incentivo si è affermata. I sistemi sanitari pubblici o le assicurazioni private coprono quasi sempre al 100% i costi di contraccettivi, sterilizzazioni e aborti, rendendoli di fatto “gratuiti”. Allo stesso tempo, il parto e la cura dei figli hanno costi enormi. Il sistema sussidia la sterilità e tassa la fertilità.
3. Successo nel controllo medico (Categoria C: “Universal access to fertility control”)
Qui la vittoria è stata la più visibile e politicamente combattuta, ma alla fine schiacciante.
“Accesso universale a contraccezione e aborto”: SUCCESSO QUASI TOTALE. Questo è diventato il dogma intoccabile della “salute riproduttiva”. Oggi, in quasi tutto il mondo occidentale, contraccettivi e aborto non sono solo legali, ma sono considerati “diritti umani fondamentali”, promossi attivamente dallo Stato e da organismi internazionali, e finanziati con denaro pubblico.
“Aggiungere un agente sterilizzante alle forniture d’acqua”: FALLIMENTO (nell’implementazione diretta). SUCCESSO (nella logica sottostante). Questa misura era tecnicamente e politicamente impraticabile. Ma la logica che la anima è più viva che mai: l’idea che la fertilità umana sia una “malattia” da contenere con interventi di sanità pubblica su vasta scala, anche senza il consenso esplicito dell’individuo. Oggi questa logica si manifesta in forme più sottili: le martellanti campagne di “educazione sessuale” nelle scuole, che indottrinano i bambini alla contraccezione fin dalla più tenera età; la pressione sociale e medica sulle donne affinché usino contraccettivi a lungo termine (spirali, impianti sottocutanei), che creano una condizione di sterilità “di default” che deve essere attivamente rimossa per avere un figlio. Non hanno messo lo sterilizzante nell’acqua, l’hanno messo nella cultura.
Il piano di Jaffe ha funzionato spaventosamente bene. La società occidentale del 2025 è, in gran parte, la società che lui e i suoi colleghi avevano progettato nel 1969. È una società in cui:
La famiglia naturale è indebolita e decostruita.
La maternità è vista come un’opzione secondaria rispetto alla carriera.
La fertilità è pesantemente tassata e medicalizzata.
La sterilità (sia attraverso la contraccezione, l’omosessualità o l’aborto) è sussidiata, celebrata e considerata un diritto.
Non hanno avuto bisogno di usare la forza bruta dello Stato totalitario. L’inganno di Osborn, l’ “eugenetica dal volto umano”, ha avuto successo. Hanno raggiunto i loro obiettivi eugenetici non attraverso le leggi razziali, ma attraverso la cultura, l’economia, la medicina e, soprattutto, la manipolazione del concetto di “libertà”. Ci hanno convinto a scegliere volontariamente ciò che, un tempo, avrebbero dovuto imporci con la forza. E questa è la vittoria più grande e più terrificante di tutte.
Il triennio 1967-1969 fu il momento della verità. È il momento in cui il movimento per il controllo della popolazione, di fronte ai propri fallimenti, si tolse la maschera “umanitaria” e, almeno nelle sue deliberazioni interne e nei suoi documenti strategici, rivelò il suo vero volto: quello di un’ingegneria sociale spietata, pronta a usare qualsiasi mezzo – dall’aborto di massa fino alla contaminazione dell’acqua potabile – per raggiungere il suo unico, ossessivo, obiettivo: meno esseri umani sulla Terra. L’intera narrazione sui “diritti riproduttivi” che seguì non è stata la causa, ma l’effetto; la campagna di propaganda necessaria a implementare una decisione già presa.
Atto IV: La strategia viene scritta – Il National Security Study Memorandum 200[32] (1974)
Il National Security Study Memorandum 200 (NSSM 200), intitolato “Implicazioni della Crescita della Popolazione Mondiale per la Sicurezza e gli Interessi Esteri degli Stati Uniti”, fu completato e sottoposto al Presidente degli Stati Uniti in data 24 aprile 1974. Il documento fu commissionato da Henry Kissinger, che all’epoca ricopriva il doppio ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale e di Segretario di Stato sotto l’amministrazione Nixon, e fu poi adottato come politica ufficiale dall’amministrazione del Presidente Gerald Ford con il National Security Decision Memorandum 314 (NSDM 314) nel novembre 1975. È rimasto classificato come segreto per 15 anni, fino al suo declassamento nel 1989.
La data del 1974 è assolutamente centrale per comprendere il suo impatto storico, perché si colloca in un momento cruciale: subito dopo la famosa sentenza Roe v. Wade (1973) che legalizzò l’aborto a livello federale negli USA, creando il precedente legale e culturale, contemporaneamente alla prima “crisi petrolifera” (1973), che rese le élite occidentali ossessionate dal controllo delle risorse naturali dei paesi del Terzo Mondo. E proprio in concomitanza con la Conferenza Mondiale sulla Popolazione dell’ONU a Bucarest (1974), dove l’establishment americano (sulla base delle direttive del NSSM 200, allora segreto) tentò di imporre il controllo demografico come politica globale. Il testo è letteralmente agghiacciante per la sua lucidità e il suo cinismo.
L’NSSM 200 identifica senza mezzi termini la crescita della popolazione in 13 paesi chiave in via di sviluppo (tra cui Brasile, Nigeria, India, Egitto, Messico e Indonesia) come una grave minaccia per la sicurezza nazionale americana. Perché? Non per ragioni umanitarie. Ma perché, come recita il documento, “L’ubicazione delle riserve conosciute dei minerali di qualità comporta una dipendenza crescente di tutte le regioni industrializzate dalle importazioni dai paesi meno sviluppati”. Una popolazione numerosa e giovane in queste nazioni, sostiene Kissinger, potrebbe portare a instabilità politica e, peggio ancora, a governi che chiedono prezzi più alti per le loro materie prime, danneggiando l’economia statunitense. Di fronte a questa “minaccia”, la conclusione è netta: “Una riduzione della pressione demografica… può aumentare la prospettiva di tale stabilità, [e] la politica demografica diventa essenziale per le forniture delle risorse e per gli interessi economici degli Stati Uniti.” Il controllo demografico non è più un’opzione, diventa “essenziale”. E lo strumento è esplicito: promuovere con ogni mezzo l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione in questi 13 paesi.
Il metodo: Il cavallo di Troia dell’ “aiuto umanitario”
La parte più cinica del piano è la strategia di implementazione. Kissinger è consapevole che un programma di de-popolazione imposto apertamente verrebbe percepito per quello che è: imperialismo. Bisogna quindi mascherarlo:
“Bisogna fare attenzione che le nostre attività non diano ai Paesi Meno Sviluppati l’apparenza di una politica di un paese industrializzato diretta contro di loro.”
“Gli Stati Uniti possono aiutare a minimizzare le accuse di una motivazione imperialista dietro il loro sostegno alle attività demografiche, affermando ripetutamente che tale sostegno deriva da una preoccupazione per: (a) il diritto della coppia individuale di determinare liberamente e responsabilmente il numero e la spaziatura dei figli… e (b) lo sviluppo fondamentale, sociale ed economico dei paesi poveri…”
Qui abbiamo la confessione esplicita dell’inganno strategico. Kissinger sta scrivendo nero su bianco: “Il nostro vero motivo è l’imperialismo e il controllo delle risorse, ma per evitare che ci accusino di questo, la nostra propaganda ufficiale deve affermare ripetutamente che il nostro motivo è il ‘diritto di scelta’ e l’ ‘aiuto allo sviluppo’”. È l’atto di nascita ufficiale di tutta la retorica della “salute riproduttiva” e dell’ “empowerment femminile” come armi di disinformazione per coprire un’operazione geopolitica. Il documento delinea una strategia di inganno sistematico. Pertanto, il piano deve essere portato avanti non direttamente dagli USA, ma attraverso organismi percepiti come “neutrali”: le Nazioni Unite (in particolare l’ UNFPA, che il memorandum designa come il veicolo ideale), la Banca Mondiale e le ONG.
Gli aiuti alimentari e allo sviluppo devono essere usati come leva per costringere i governi riottosi ad accettare i programmi di controllo demografico. Il programma deve essere sempre presentato al pubblico sotto la maschera benevola della “salute materna e infantile”, della “pianificazione familiare” e del “miglioramento della condizione femminile”, mai come un programma di riduzione della popolazione per interessi geopolitici.
La brutalità dell’argomentazione è disarmante. Il testo non finge nemmeno un interesse umanitario. Il problema è definito in termini di un gioco a somma zero: o la loro crescita o il nostro benessere.
“Qualunque cosa si possa fare per aumentare la produzione, la questione fondamentale rimane se il Pianeta possa fornire uno standard di vita adeguato per i previsti 12 miliardi di persone… Uno sforzo molto più vigoroso per rallentare la crescita della popolazione può anche significare una grandissima differenza tra enormi tragedie di malnutrizione e fame contro condizioni croniche solo serie.”
Qui c’è un’inversione morale terrificante. Il testo presenta la riduzione della popolazione non come una “scelta”, ma come l’alternativa più compassionevole. La logica è questa: “Poiché queste persone, se nasceranno, saranno comunque condannate a una vita di miseria, non è forse più ‘umano’ impedire del tutto la loro nascita?”.
È la logica dell’eugenista. Si giustifica l’eliminazione dei “non adatti” (in questo caso, intere popolazioni) in nome della “qualità della vita”. È la proiezione della colpa: Invece di riconoscere che la fame è causata da ingiustizia economica e politica (spesso perpetrata dalle stesse potenze occidentali), la colpa viene trasferita alle vittime: “siete troppi, e per questo soffrite”. È una colossale operazione di gaslighting geopolitico. Il documento poi abbandona ogni pretesa di “compassione” e va dritto al punto: il controllo demografico non serve per il bene dei poveri, serve per il bene della nostra economia.
“La moderazione della crescita della popolazione offre benefici in termini di risorse risparmiate per investimenti e/o per un maggiore consumo pro capite… l’impatto sulla crescita del PIL e sul reddito pro capite può essere significativo.”
Qui Kissinger sta parlando ai suoi veri interlocutori: le élite economiche. Il messaggio è chiaro: ogni bambino non nato in Brasile significa più petrolio, più bauxite, più legname disponibile a basso costo per l’industria americana. Investire 1 dollaro in contraccettivi in Etiopia è molto più “efficiente” (“…how much more efficient expenditures for population control might be…”) che investire 1 dollaro in un’acciaieria o in un sistema di irrigazione in quel paese. La ragione è semplice: un’acciaieria rende quel paese più ricco e un concorrente. Un programma di sterilizzazione lo mantiene povero, dipendente e una docile fonte di materie prime. Non si tratta di combattere la povertà. Si tratta di gestirla.La conclusione della sezione è un ordine esecutivo globale.
“La politica e i programmi mondiali nel campo della popolazione dovrebbero incorporare due obiettivi principali: … (b) azioni per mantenere il livello finale [della popolazione] il più vicino possibile a 8 miliardi, piuttosto che permettergli di raggiungere 10 miliardi, 13 miliardi o più.”
Non si parla più di “aiutare le famiglie”. Si parla di fissare un “tetto” globale alla popolazione umana. L’obiettivo è numerico: evitare che l’umanità raggiunga una certa dimensione. Questa non è una “raccomandazione”. È una direttiva strategica mondiale. I fatti sono lì, nero su bianco, in un documento ufficiale del governo degli Stati Uniti.
In sintesi, il NSSM 200 è il manuale operativo della cospirazione. Fornisce la motivazione (controllo delle risorse), l’obiettivo (riduzione della popolazione nei paesi del sud del mondo) e il metodo (uso strumentale di ONU, ONG e propaganda umanitaria). Ogni singolo evento degli ultimi cinquant’anni nel campo della “salute riproduttiva” non è altro che l’esecuzione fedele di questa direttiva, scritta nel 1974.
Atto V. L’Evidenza schiacciante
Risulta ora evidente la straordinaria continuità tre eugenetica e controllo delle nascite tramite l’aborto procurato. Ecco uno schema sintetico.
1. Continuità di persone:I Myrdal: stesse persone progettano eugenetica anni ’30 E transizione anni ’70
Von Verschuer: da Mengele all’American Society of Human Genetics
Hans Harmsen: da eugenetica nazista a co-fondatore IPPF
2. Continuità temporale precisa:Tutti i paesi nordici: abolizione sterilizzazioni = legalizzazione aborto
Coincidenza impossibile come casualità
3. Continuità strategica documentata:Osborn teorizza il passaggio da coercizione a “scelta volontaria”
Jaffe elenca tutti gli strumenti possibili (incluso aborto)
NSSM 200 pianifica implementazione globale
4. Continuità istituzionale:Population Council → UNFPA
American Birth Control League → Planned Parenthood → IPPF
Stesse organizzazioni, stessi finanziatori, stessi obiettivi
5. Assenza di rottura ideologica:Nessuna condanna del passato eugenetico
Nessun risarcimento alle vittime
Transizione silenziosa e funzionale
Non si tratta di “teoria del complotto” ma di continuità storica documentata. L’aborto legale degli anni ’70 non fu una conquista femminista indipendente, ma l‘implementazione perfetta della strategia Osborn: ottenere gli stessi risultati demografici eugenetici attraverso la “libera scelta” manipolata. La documentazione dimostra una pianificazione centenaria con evoluzione tattica, ma continuità strategica. Il nesso causale è provato oltre ogni ragionevole dubbio.
Fase 6. Analisi dell’Agenda 21[33] (1992)
L’Agenda 21 è un ampio e articolato programma di azione scaturito dalla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite o Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. Esso costituisce una sorta di manuale per raggiungere uno sviluppo sostenibile “da qui al XXI secolo”.
L’indice di Agenda 21 rivela un’ambizione sconfinata. Non c’è un singolo aspetto dell’esistenza umana e dell’attività sociale che non venga avocato alla competenza di questo nuovo piano globale. Sotto la maschera benevola dello “sviluppo sostenibile”, si cela un programma per la micro-gestione centralizzata di tutta l’umanità.
L’anima malthusiana del documento
Anche se il linguaggio è moderno e “sostenibile”, il motore ideologico è lo stesso che abbiamo già identificato. L’intero documento si basa su due dogmi non dimostrati ma dati per scontati:Capitolo 4: “Changing Consumption Patterns” (Cambiare i Modelli di Consumo). Il presupposto è malthusiano. Si assume che i modelli di consumo occidentali non siano sostenibili e debbano essere “cambiati” (cioè ridotti) dall’alto.
Capitolo 5: “Demographic Dynamics and Sustainability” (Dinamiche Demografiche e Sostenibilità). Qui si esplicita il legame. La crescita della popolazione viene presentata non come una risorsa, ma come un problema che mette a rischio la “sostenibilità” del pianeta. Questo capitolo è l’erede diretto dell’NSSM 200. Non usa un linguaggio coercitivo, ma stabilisce la necessità di integrare le “politiche demografiche” in ogni piano di sviluppo. È la porta attraverso cui l’agenda del controllo delle nascite viene importata all’interno dell’agenda ambientalista.
L’assalto alla sovranità nazionale: il progetto del Governo mondiale
La portata del documento è terrificante. Dichiara che ogni aspetto della vita nazionale deve essere subordinato a questo piano globale. Leggiamo l’elenco, perché è una dichiarazione di intenti totalitari:Controllo su Ogni Risorsa: Il piano prevede la gestione internazionale e centralizzata di tutto. Non solo l’atmosfera (Cap. 9) e le foreste (Cap. 11), ma anche:
La maternità è vista come un’opzione secondaria rispetto alla carriera.
La fertilità è pesantemente tassata e medicalizzata.
La sterilità (sia attraverso la contraccezione, l’omosessualità o l’aborto) è sussidiata, celebrata e considerata un diritto.
Non hanno avuto bisogno di usare la forza bruta dello Stato totalitario. L’inganno di Osborn, l’ “eugenetica dal volto umano”, ha avuto successo. Hanno raggiunto i loro obiettivi eugenetici non attraverso le leggi razziali, ma attraverso la cultura, l’economia, la medicina e, soprattutto, la manipolazione del concetto di “libertà”. Ci hanno convinto a scegliere volontariamente ciò che, un tempo, avrebbero dovuto imporci con la forza. E questa è la vittoria più grande e più terrificante di tutte.
Il triennio 1967-1969 fu il momento della verità. È il momento in cui il movimento per il controllo della popolazione, di fronte ai propri fallimenti, si tolse la maschera “umanitaria” e, almeno nelle sue deliberazioni interne e nei suoi documenti strategici, rivelò il suo vero volto: quello di un’ingegneria sociale spietata, pronta a usare qualsiasi mezzo – dall’aborto di massa fino alla contaminazione dell’acqua potabile – per raggiungere il suo unico, ossessivo, obiettivo: meno esseri umani sulla Terra. L’intera narrazione sui “diritti riproduttivi” che seguì non è stata la causa, ma l’effetto; la campagna di propaganda necessaria a implementare una decisione già presa.
Atto IV: La strategia viene scritta – Il National Security Study Memorandum 200[32] (1974)
Il National Security Study Memorandum 200 (NSSM 200), intitolato “Implicazioni della Crescita della Popolazione Mondiale per la Sicurezza e gli Interessi Esteri degli Stati Uniti”, fu completato e sottoposto al Presidente degli Stati Uniti in data 24 aprile 1974. Il documento fu commissionato da Henry Kissinger, che all’epoca ricopriva il doppio ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale e di Segretario di Stato sotto l’amministrazione Nixon, e fu poi adottato come politica ufficiale dall’amministrazione del Presidente Gerald Ford con il National Security Decision Memorandum 314 (NSDM 314) nel novembre 1975. È rimasto classificato come segreto per 15 anni, fino al suo declassamento nel 1989.
La data del 1974 è assolutamente centrale per comprendere il suo impatto storico, perché si colloca in un momento cruciale: subito dopo la famosa sentenza Roe v. Wade (1973) che legalizzò l’aborto a livello federale negli USA, creando il precedente legale e culturale, contemporaneamente alla prima “crisi petrolifera” (1973), che rese le élite occidentali ossessionate dal controllo delle risorse naturali dei paesi del Terzo Mondo. E proprio in concomitanza con la Conferenza Mondiale sulla Popolazione dell’ONU a Bucarest (1974), dove l’establishment americano (sulla base delle direttive del NSSM 200, allora segreto) tentò di imporre il controllo demografico come politica globale. Il testo è letteralmente agghiacciante per la sua lucidità e il suo cinismo.
L’NSSM 200 identifica senza mezzi termini la crescita della popolazione in 13 paesi chiave in via di sviluppo (tra cui Brasile, Nigeria, India, Egitto, Messico e Indonesia) come una grave minaccia per la sicurezza nazionale americana. Perché? Non per ragioni umanitarie. Ma perché, come recita il documento, “L’ubicazione delle riserve conosciute dei minerali di qualità comporta una dipendenza crescente di tutte le regioni industrializzate dalle importazioni dai paesi meno sviluppati”. Una popolazione numerosa e giovane in queste nazioni, sostiene Kissinger, potrebbe portare a instabilità politica e, peggio ancora, a governi che chiedono prezzi più alti per le loro materie prime, danneggiando l’economia statunitense. Di fronte a questa “minaccia”, la conclusione è netta: “Una riduzione della pressione demografica… può aumentare la prospettiva di tale stabilità, [e] la politica demografica diventa essenziale per le forniture delle risorse e per gli interessi economici degli Stati Uniti.” Il controllo demografico non è più un’opzione, diventa “essenziale”. E lo strumento è esplicito: promuovere con ogni mezzo l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione in questi 13 paesi.
Il metodo: Il cavallo di Troia dell’ “aiuto umanitario”
La parte più cinica del piano è la strategia di implementazione. Kissinger è consapevole che un programma di de-popolazione imposto apertamente verrebbe percepito per quello che è: imperialismo. Bisogna quindi mascherarlo:
“Bisogna fare attenzione che le nostre attività non diano ai Paesi Meno Sviluppati l’apparenza di una politica di un paese industrializzato diretta contro di loro.”
“Gli Stati Uniti possono aiutare a minimizzare le accuse di una motivazione imperialista dietro il loro sostegno alle attività demografiche, affermando ripetutamente che tale sostegno deriva da una preoccupazione per: (a) il diritto della coppia individuale di determinare liberamente e responsabilmente il numero e la spaziatura dei figli… e (b) lo sviluppo fondamentale, sociale ed economico dei paesi poveri…”
Qui abbiamo la confessione esplicita dell’inganno strategico. Kissinger sta scrivendo nero su bianco: “Il nostro vero motivo è l’imperialismo e il controllo delle risorse, ma per evitare che ci accusino di questo, la nostra propaganda ufficiale deve affermare ripetutamente che il nostro motivo è il ‘diritto di scelta’ e l’ ‘aiuto allo sviluppo’”. È l’atto di nascita ufficiale di tutta la retorica della “salute riproduttiva” e dell’ “empowerment femminile” come armi di disinformazione per coprire un’operazione geopolitica. Il documento delinea una strategia di inganno sistematico. Pertanto, il piano deve essere portato avanti non direttamente dagli USA, ma attraverso organismi percepiti come “neutrali”: le Nazioni Unite (in particolare l’ UNFPA, che il memorandum designa come il veicolo ideale), la Banca Mondiale e le ONG.
Gli aiuti alimentari e allo sviluppo devono essere usati come leva per costringere i governi riottosi ad accettare i programmi di controllo demografico. Il programma deve essere sempre presentato al pubblico sotto la maschera benevola della “salute materna e infantile”, della “pianificazione familiare” e del “miglioramento della condizione femminile”, mai come un programma di riduzione della popolazione per interessi geopolitici.
La brutalità dell’argomentazione è disarmante. Il testo non finge nemmeno un interesse umanitario. Il problema è definito in termini di un gioco a somma zero: o la loro crescita o il nostro benessere.
“Qualunque cosa si possa fare per aumentare la produzione, la questione fondamentale rimane se il Pianeta possa fornire uno standard di vita adeguato per i previsti 12 miliardi di persone… Uno sforzo molto più vigoroso per rallentare la crescita della popolazione può anche significare una grandissima differenza tra enormi tragedie di malnutrizione e fame contro condizioni croniche solo serie.”
Qui c’è un’inversione morale terrificante. Il testo presenta la riduzione della popolazione non come una “scelta”, ma come l’alternativa più compassionevole. La logica è questa: “Poiché queste persone, se nasceranno, saranno comunque condannate a una vita di miseria, non è forse più ‘umano’ impedire del tutto la loro nascita?”.
È la logica dell’eugenista. Si giustifica l’eliminazione dei “non adatti” (in questo caso, intere popolazioni) in nome della “qualità della vita”. È la proiezione della colpa: Invece di riconoscere che la fame è causata da ingiustizia economica e politica (spesso perpetrata dalle stesse potenze occidentali), la colpa viene trasferita alle vittime: “siete troppi, e per questo soffrite”. È una colossale operazione di gaslighting geopolitico. Il documento poi abbandona ogni pretesa di “compassione” e va dritto al punto: il controllo demografico non serve per il bene dei poveri, serve per il bene della nostra economia.
“La moderazione della crescita della popolazione offre benefici in termini di risorse risparmiate per investimenti e/o per un maggiore consumo pro capite… l’impatto sulla crescita del PIL e sul reddito pro capite può essere significativo.”
Qui Kissinger sta parlando ai suoi veri interlocutori: le élite economiche. Il messaggio è chiaro: ogni bambino non nato in Brasile significa più petrolio, più bauxite, più legname disponibile a basso costo per l’industria americana. Investire 1 dollaro in contraccettivi in Etiopia è molto più “efficiente” (“…how much more efficient expenditures for population control might be…”) che investire 1 dollaro in un’acciaieria o in un sistema di irrigazione in quel paese. La ragione è semplice: un’acciaieria rende quel paese più ricco e un concorrente. Un programma di sterilizzazione lo mantiene povero, dipendente e una docile fonte di materie prime. Non si tratta di combattere la povertà. Si tratta di gestirla.La conclusione della sezione è un ordine esecutivo globale.
“La politica e i programmi mondiali nel campo della popolazione dovrebbero incorporare due obiettivi principali: … (b) azioni per mantenere il livello finale [della popolazione] il più vicino possibile a 8 miliardi, piuttosto che permettergli di raggiungere 10 miliardi, 13 miliardi o più.”
Non si parla più di “aiutare le famiglie”. Si parla di fissare un “tetto” globale alla popolazione umana. L’obiettivo è numerico: evitare che l’umanità raggiunga una certa dimensione. Questa non è una “raccomandazione”. È una direttiva strategica mondiale. I fatti sono lì, nero su bianco, in un documento ufficiale del governo degli Stati Uniti.
In sintesi, il NSSM 200 è il manuale operativo della cospirazione. Fornisce la motivazione (controllo delle risorse), l’obiettivo (riduzione della popolazione nei paesi del sud del mondo) e il metodo (uso strumentale di ONU, ONG e propaganda umanitaria). Ogni singolo evento degli ultimi cinquant’anni nel campo della “salute riproduttiva” non è altro che l’esecuzione fedele di questa direttiva, scritta nel 1974.
Atto V. L’Evidenza schiacciante
Risulta ora evidente la straordinaria continuità tre eugenetica e controllo delle nascite tramite l’aborto procurato. Ecco uno schema sintetico.
1. Continuità di persone:I Myrdal: stesse persone progettano eugenetica anni ’30 E transizione anni ’70
Von Verschuer: da Mengele all’American Society of Human Genetics
Hans Harmsen: da eugenetica nazista a co-fondatore IPPF
2. Continuità temporale precisa:Tutti i paesi nordici: abolizione sterilizzazioni = legalizzazione aborto
Coincidenza impossibile come casualità
3. Continuità strategica documentata:Osborn teorizza il passaggio da coercizione a “scelta volontaria”
Jaffe elenca tutti gli strumenti possibili (incluso aborto)
NSSM 200 pianifica implementazione globale
4. Continuità istituzionale:Population Council → UNFPA
American Birth Control League → Planned Parenthood → IPPF
Stesse organizzazioni, stessi finanziatori, stessi obiettivi
5. Assenza di rottura ideologica:Nessuna condanna del passato eugenetico
Nessun risarcimento alle vittime
Transizione silenziosa e funzionale
Non si tratta di “teoria del complotto” ma di continuità storica documentata. L’aborto legale degli anni ’70 non fu una conquista femminista indipendente, ma l‘implementazione perfetta della strategia Osborn: ottenere gli stessi risultati demografici eugenetici attraverso la “libera scelta” manipolata. La documentazione dimostra una pianificazione centenaria con evoluzione tattica, ma continuità strategica. Il nesso causale è provato oltre ogni ragionevole dubbio.
Fase 6. Analisi dell’Agenda 21[33] (1992)
L’Agenda 21 è un ampio e articolato programma di azione scaturito dalla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite o Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. Esso costituisce una sorta di manuale per raggiungere uno sviluppo sostenibile “da qui al XXI secolo”.
L’indice di Agenda 21 rivela un’ambizione sconfinata. Non c’è un singolo aspetto dell’esistenza umana e dell’attività sociale che non venga avocato alla competenza di questo nuovo piano globale. Sotto la maschera benevola dello “sviluppo sostenibile”, si cela un programma per la micro-gestione centralizzata di tutta l’umanità.
L’anima malthusiana del documento
Anche se il linguaggio è moderno e “sostenibile”, il motore ideologico è lo stesso che abbiamo già identificato. L’intero documento si basa su due dogmi non dimostrati ma dati per scontati:Capitolo 4: “Changing Consumption Patterns” (Cambiare i Modelli di Consumo). Il presupposto è malthusiano. Si assume che i modelli di consumo occidentali non siano sostenibili e debbano essere “cambiati” (cioè ridotti) dall’alto.
Capitolo 5: “Demographic Dynamics and Sustainability” (Dinamiche Demografiche e Sostenibilità). Qui si esplicita il legame. La crescita della popolazione viene presentata non come una risorsa, ma come un problema che mette a rischio la “sostenibilità” del pianeta. Questo capitolo è l’erede diretto dell’NSSM 200. Non usa un linguaggio coercitivo, ma stabilisce la necessità di integrare le “politiche demografiche” in ogni piano di sviluppo. È la porta attraverso cui l’agenda del controllo delle nascite viene importata all’interno dell’agenda ambientalista.
L’assalto alla sovranità nazionale: il progetto del Governo mondiale
La portata del documento è terrificante. Dichiara che ogni aspetto della vita nazionale deve essere subordinato a questo piano globale. Leggiamo l’elenco, perché è una dichiarazione di intenti totalitari:Controllo su Ogni Risorsa: Il piano prevede la gestione internazionale e centralizzata di tutto. Non solo l’atmosfera (Cap. 9) e le foreste (Cap. 11), ma anche:
Le risorse di terra (Cap. 10)
Gli oceani e i mari (Cap. 17)
Le risorse di acqua dolce (Cap. 18)
Le sostanze chimiche e i rifiuti (Cap. 19-21)
Persino i rifiuti radioattivi (Cap. 22)Controllo sulla Società e sull’Economia: Agenda 21 si arroga il diritto di riprogrammare l’intera società. Prevede di “integrare” ambiente e sviluppo in:“Sustainable Human Settlement Development” (Sviluppo di insediamenti umani sostenibili – Cap. 7): Il prototipo delle “città da 15 minuti”, dove la mobilità e la proprietà sono ridefinite.
“Promoting Sustainable Agriculture” (Promuovere l’agricoltura sostenibile – Cap. 14): La base teorica per la guerra all’agricoltura tradizionale e agli allevamenti.
E, cosa più importante, la centralizzazione del potere decisionale (“Integrating Environment and Development in Decision-Making”, Cap. 8).
L’obiettivo non è “aiutare” le nazioni, ma esautorarle, trasferendo il potere decisionale su ogni risorsa e politica cruciale a organismi sovranazionali. È la creazione di fatto di un governo mondiale tecnocratico.
Una delle mosse più geniali e subdole di Agenda 21 è quella di cooptare e mobilitare ogni settore della società, presentandoli come “partner” del progetto. Invece di un’imposizione dall’alto, si crea una falsa impressione di consenso “dal basso”.“Strengthening the Role of…” (Rafforzare il ruolo di…): Il documento dedica capitoli specifici per inquadrare e dare istruzioni a ogni gruppo sociale:Donne (Cap. 24)
Bambini e Giovani (Cap. 25)
Popoli Indigeni (Cap. 26)
ONG (Cap. 27)
Autorità Locali (Cap. 28)
Lavoratori e Sindacati (Cap. 29)
Business e Industria (Cap. 30)
Comunità Scientifica (Cap. 31)
Contadini (Cap. 32)
Ognuno di questi gruppi riceve un “mandato” e viene trasformato in un agente di implementazione di Agenda 21 nella propria sfera. In questo modo, l’agenda non appare più come un piano imposto da una burocrazia lontana, ma come una richiesta “spontanea” della “società civile”. Le ONG, in particolare, sono designate come “partner per lo sviluppo sostenibile”, ratificando la loro funzione di quinta colonna, già delineata nell’NSSM 200.
Agenda 21, presentata al mondo come un innocuo piano d’azione per l’ambiente, è in realtà la “Magna Carta” del totalitarismo tecnocratico del XXI secolo. È la traduzione in linguaggio burocratico e politicamente corretto dell’agenda malthusiana ed eugenetica che abbiamo analizzato. Fornisce la giustificazione ideologica (la “crisi ambientale”); delinea il programma politico (il controllo centralizzato di ogni risorsa); crea la struttura operativa (l’uso strumentale di agenzie ONU, ONG e “stakeholder”) per la sua implementazione.
Non è un caso che il capitolo 5, sulle “Dinamiche Demografiche”, sia al centro del documento. È il perno attorno al quale ruota tutto il resto. L’obiettivo ultimo di Agenda 21 non è un mondo più pulito. È un mondo più vuoto e più controllato. Questo non è un capitolo tra gli altri. È il punto in cui l’agenda malthusiana, fino a quel momento nascosta sotto strati di linguaggio ambientalista, emerge in superficie. È la traduzione, in un gergo burocratico e falsamente scientifico, del programma già delineato in segreto nell’NSSM 200. È la prova definitiva che Agenda 21 non è un piano ecologista, ma un piano di controllo demografico mascherato da ecologismo. Il testo del Capitolo 5 è un capolavoro di manipolazione semantica. Evita accuratamente parole “brutali” come “controllo delle nascite” o “riduzione della popolazione”, ma ne afferma la necessità attraverso un linguaggio tecnico e apparentemente neutrale. Il capitolo inizia stabilendo i suoi assiomi, presentandoli come dati di fatto scientifici:
Gli oceani e i mari (Cap. 17)
Le risorse di acqua dolce (Cap. 18)
Le sostanze chimiche e i rifiuti (Cap. 19-21)
Persino i rifiuti radioattivi (Cap. 22)Controllo sulla Società e sull’Economia: Agenda 21 si arroga il diritto di riprogrammare l’intera società. Prevede di “integrare” ambiente e sviluppo in:“Sustainable Human Settlement Development” (Sviluppo di insediamenti umani sostenibili – Cap. 7): Il prototipo delle “città da 15 minuti”, dove la mobilità e la proprietà sono ridefinite.
“Promoting Sustainable Agriculture” (Promuovere l’agricoltura sostenibile – Cap. 14): La base teorica per la guerra all’agricoltura tradizionale e agli allevamenti.
E, cosa più importante, la centralizzazione del potere decisionale (“Integrating Environment and Development in Decision-Making”, Cap. 8).
L’obiettivo non è “aiutare” le nazioni, ma esautorarle, trasferendo il potere decisionale su ogni risorsa e politica cruciale a organismi sovranazionali. È la creazione di fatto di un governo mondiale tecnocratico.
Una delle mosse più geniali e subdole di Agenda 21 è quella di cooptare e mobilitare ogni settore della società, presentandoli come “partner” del progetto. Invece di un’imposizione dall’alto, si crea una falsa impressione di consenso “dal basso”.“Strengthening the Role of…” (Rafforzare il ruolo di…): Il documento dedica capitoli specifici per inquadrare e dare istruzioni a ogni gruppo sociale:Donne (Cap. 24)
Bambini e Giovani (Cap. 25)
Popoli Indigeni (Cap. 26)
ONG (Cap. 27)
Autorità Locali (Cap. 28)
Lavoratori e Sindacati (Cap. 29)
Business e Industria (Cap. 30)
Comunità Scientifica (Cap. 31)
Contadini (Cap. 32)
Ognuno di questi gruppi riceve un “mandato” e viene trasformato in un agente di implementazione di Agenda 21 nella propria sfera. In questo modo, l’agenda non appare più come un piano imposto da una burocrazia lontana, ma come una richiesta “spontanea” della “società civile”. Le ONG, in particolare, sono designate come “partner per lo sviluppo sostenibile”, ratificando la loro funzione di quinta colonna, già delineata nell’NSSM 200.
Agenda 21, presentata al mondo come un innocuo piano d’azione per l’ambiente, è in realtà la “Magna Carta” del totalitarismo tecnocratico del XXI secolo. È la traduzione in linguaggio burocratico e politicamente corretto dell’agenda malthusiana ed eugenetica che abbiamo analizzato. Fornisce la giustificazione ideologica (la “crisi ambientale”); delinea il programma politico (il controllo centralizzato di ogni risorsa); crea la struttura operativa (l’uso strumentale di agenzie ONU, ONG e “stakeholder”) per la sua implementazione.
Non è un caso che il capitolo 5, sulle “Dinamiche Demografiche”, sia al centro del documento. È il perno attorno al quale ruota tutto il resto. L’obiettivo ultimo di Agenda 21 non è un mondo più pulito. È un mondo più vuoto e più controllato. Questo non è un capitolo tra gli altri. È il punto in cui l’agenda malthusiana, fino a quel momento nascosta sotto strati di linguaggio ambientalista, emerge in superficie. È la traduzione, in un gergo burocratico e falsamente scientifico, del programma già delineato in segreto nell’NSSM 200. È la prova definitiva che Agenda 21 non è un piano ecologista, ma un piano di controllo demografico mascherato da ecologismo. Il testo del Capitolo 5 è un capolavoro di manipolazione semantica. Evita accuratamente parole “brutali” come “controllo delle nascite” o “riduzione della popolazione”, ma ne afferma la necessità attraverso un linguaggio tecnico e apparentemente neutrale. Il capitolo inizia stabilendo i suoi assiomi, presentandoli come dati di fatto scientifici:
Citazioni Chiave:
5.2: “Demographic trends and factors and sustainable development have a synergistic relationship.”
(Le tendenze e i fattori demografici e lo sviluppo sostenibile hanno una relazione sinergica.)
5.3: “The growth of world population and production combined with unsustainable consumption patterns places increasingly severe stress on the life-supporting capacities of our planet.” (La crescita della popolazione mondiale e della produzione, combinata con modelli di consumo insostenibili, pone uno stress sempre più severo sulle capacità di sostentamento vitale del nostro pianeta.)
L’Associazione Arbitraria: La “relazione sinergica” è un termine pseudo-scientifico per dire che i due concetti sono legati. Ma il testo dà per scontato che la crescita della popolazione sia una variabile negativa in questa equazione, la causa dello “stress”. Questa è la fallacia malthusiana non dimostrata, elevata a dogma di partenza. L’alternativa (che la crescita demografica sia un motore di innovazione, come sostenuto da economisti come Julian Simon) non viene nemmeno considerata.
Si unisce “crescita della popolazione” a “modelli di consumo insostenibili”, ma tutta la successiva enfasi del documento è sul controllo della prima variabile (la popolazione), specialmente nei paesi poveri, e non sulla riduzione radicale della seconda (i consumi), specialmente nei paesi ricchi.
Il testo svela il suo vero intento: il controllo demografico non deve essere una politica a sé, ma il filtro attraverso cui ogni altra politica (ambientale, economica, sociale) deve passare.Citazioni Chiave:
5.5 (a): “To incorporate demographic trends and factors in the global analysis of environment and development issues;”
(Incorporare le tendenze e i fattori demografici nell’analisi globale delle questioni ambientali e di sviluppo;)
5.16: “But in future, more attention will have to be given to these issues [demographic trends] in general policy formulation and the design of development plans.”
(Ma in futuro, più attenzione dovrà essere data a queste questioni [le tendenze demografiche] nella formulazione delle politiche generali e nella progettazione dei piani di sviluppo.)
5.17: “Full integration of population concerns into national planning, policy and decision-making processes should continue.”
(La piena integrazione delle preoccupazioni demografiche nei processi nazionali di pianificazione, politica e decisionali dovrebbe continuare.)
Questo è il mandato per una pianificazione centrale totalitaria. Ogni decisione governativa, a ogni livello, deve essere subordinata a una “preoccupazione demografica”. La domanda “Quanti siamo?” diventa il criterio ultimo per decidere come costruire le città, come gestire l’agricoltura, come pianificare la sanità. È l’esatto opposto di una società libera, dove lo Stato si adatta alle necessità di una popolazione in crescita, e non una società dove la popolazione viene “adattata” alle necessità di un piano. Il capitolo è molto chiaro su come implementare questo controllo. La strategia è quella già delineata nell’NSSM 200: una rete coordinata che coinvolge ogni livello della società.Citazioni Chiave:
5.49: “Reproductive health programmes and services… should… be developed and enhanced… to enable women and men to fulfil their personal aspirations in terms of family size”
(I programmi e i servizi per la salute riproduttiva… dovrebbero… essere sviluppati e potenziati… per permettere a donne e uomini di realizzare le loro aspirazioni personali in termini di dimensione della famiglia.)
5.55: “UNFPA and other relevant agencies should strengthen the coordination of international cooperation activities…”
(L’UNFPA e le altre agenzie rilevanti dovrebbero rafforzare il coordinamento delle attività di cooperazione internazionale…)
5.53: Si richiede “support and commitment from political, indigenous, religious and traditional authorities”
(Supporto e impegno dalle autorità politiche, indigene, religiose e tradizionali.)
L’Eufemismo: “Salute Riproduttiva”. Ecco la maschera umanitaria. Come abbiamo ampiamente dimostrato, il termine “salute riproduttiva”, nel linguaggio delle Nazioni Unite, è il codice che include contraccezione, sterilizzazione e aborto. L’obiettivo è presentare questi strumenti di controllo demografico come un servizio “sanitario”. Il documento designa esplicitamente l’UNFPA come l’agenzia coordinatrice, confermando il suo ruolo di “ministero della de-popolazione” globale.
La cooptazione delle autorità morali. La mossa più cinica è l’invito a cooptare le “autorità religiose”. È la strategia di indebolire la resistenza dall’interno, trasformando i leader religiosi da guardiani della morale naturale a partner nella promozione di un’agenda antinatalista. La crisi della Chiesa post-conciliare e il suo successivo abbraccio all’ambientalismo e al dialogo sono la risposta tragica a questo invito.
Il Capitolo 5 di Agenda 21 non è un capitolo sull’ambiente. È la dichiarazione di guerra dell’ideologia malthusiana all’umanità. Sicut sonat, è il progetto per istituire un sistema di sorveglianza e gestione demografica globale, dove il numero delle nascite umane è considerato la variabile più pericolosa da controllare per la “sostenibilità” di un sistema che non è mai messo in discussione.
Sotto un linguaggio burocratico e falsamente scientifico, si nasconde la stessa, terrificante, idea di fondo del Club di Roma, dell’NSSM 200 e dei padri eugenisti: ci sono troppi esseri umani. E questo documento fornisce il manuale d’istruzioni, approvato dalle Nazioni Unite, su come risolvere, a livello globale e in modo “sostenibile”, questo “problema”.
Fase 7 – La maschera verde: come l’ecologismo è diventato il cavallo di Troia dell’eugenetica
Oggi, l’agenda continua sotto nuove maschere. La vecchia paura della “bomba demografica” è stata sostituita dalla paura, ancora più potente, dell’apocalisse climatica. Ma la logica è la stessa. L’uomo, con la sua “impronta di carbonio”, è il problema. La soluzione, come sostengono le agenzie dell’ONU (nate da questa stessa matrice ideologica), è ancora una volta il controllo delle nascite e la riduzione della popolazione.
La genealogia è chiara e ininterrotta: da Galton a Sanger, da Huxley a Harmsen e Osborn, dai Rockefeller all’IPPF e all’ONU, il filo rosso è unico. L’eugenetica non è morta nei campi di Norimberga. Si è semplicemente tolta la divisa militare e ha indossato il camice bianco del medico, l’abito firmato del filantropo e, oggi, la maglietta verde dell’attivista ecologista. Ma l’obiettivo è rimasto, spaventosamente, lo stesso.
La transizione dell’ideologia eugenetica verso l’ambientalismo, iniziata timidamente negli anni ’70 e diventata egemonica oggi, è stata una mossa di genio strategico. Ha permesso di trasformare un’agenda anti-umana in una crociata per la salvezza del “tutto”. Il trucco consiste in uno slittamento di soggetto. Nella vecchia eugenetica, l’obiettivo era il “bene della razza umana” (purificandola). Era un’argomentazione antropocentrica, anche se perversa. Nell’ambientalismo radicale, l’obiettivo diventa il “bene del Pianeta” (Gaia). L’argomentazione diventa ecocentrica. Questo cambiamento di prospettiva permette di fare qualcosa che l’eugenetica classica non poteva fare: dichiarare l’uomo stesso come il nemico. La “maglietta verde” dell’ecologismo ha capovolto duemila anni di visione giudaico-cristiana. Autori come Leonardo Boff o James Lovelock hanno propagato la narrazione ecologista radicale su un nuovo dogma: l’uomo è il cancro del pianeta. La sua intelligenza non è più un dono a immagine di Dio, ma una maledizione; la sua civiltà non è un progresso, ma una distruzione; la sua procreazione non è una benedizione, ma un atto di inquinamento. Da questo dogma, deriva una nuova etica radicalmente anti-umana. Se l’uomo è il problema, ogni azione che riduce il numero degli uomini o il loro impatto diventa intrinsecamente buona. L’aborto non è più solo una “scelta”, diventa un “atto ecologicamente responsabile”. Avere un figlio, specialmente in Occidente, è l’atto più inquinante che si possa compiere. La sterilizzazione volontaria viene celebrata come un dono al pianeta. Movimenti come il Voluntary Human Extinction Movement non sono più frange folli, ma l’avanguardia logica di questa mentalità. La decrescita economica, l’impoverimento pianificato, la limitazione della mobilità, non sono più visti come mali, ma come sacrifici necessari per “placare la rabbia di Gaia”.
La maglietta verde trasforma ciò che prima era un peccato in una virtù. È la più radicale delle “inversioni di tutti i valori” auspicate da Nietzsche.
L’inganno consiste nell’aver riciclato il vecchio piano malthusiano del Club di Roma sotto un nuovo marchio, molto più attraente. Per il Club di Roma (“I limiti dello sviluppo”) si doveva fermare la crescita economica e demografica. L’argomentazione era economica e arida. Per il Piano Verde (“Agenda 21”, “Green New Deal”) si deve raggiungere la “sostenibilità” e la “neutralità carbonica”. L’argomentazione è morale e quasi-spirituale (“salvare il pianeta”). Ma in pratica, i provvedimenti sono esattamente gli stessi: la “decrescita felice” di oggi è la “crescita zero” di ieri; la guerra ai combustibili fossili in nome del CO2 porta a una scarsità energetica artificiale che serve a limitare lo sviluppo, esattamente come temevano per la “fine del petrolio”. E soprattutto, sempre e costantemente, controllo della demografia. L’argomento dell’ “impronta di carbonio”, che lega indissolubilmente il numero di persone alle emissioni, è lo strumento con cui la vecchia “bomba demografica” viene reintrodotta al centro del dibattito, questa volta in modo scientificamente “inattaccabile”. La maglietta verde permette di imporre un programma di austerità malthusiana globale presentandolo come un’esigenza morale e scientifica per la salvezza di tutti.
Questa inversione morale ha trovato il suo veicolo propagandistico perfetto nell’Allarmismo sul Riscaldamento Globale (GWA). La vecchia paura della “fine delle risorse” è stata sostituita da una narrazione apocalittica più efficace e, soprattutto, quasi non falsificabile a breve termine.
Il GWA permette di imporre un programma di austerità malthusiana globale (controllo dell’energia, del cibo, della mobilità) presentandolo come un’esigenza morale e scientifica. E al centro di questa narrazione, l’argomento demografico torna con una forza rinnovata. È qui che entra in scena, come braccio istituzionale, l’ UNFPA. L’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, non è un’agenzia neutrale. È l’erede diretto della visione di Frederick Osborn e del Population Council dei Rockefeller. Il suo mandato, fin dalla sua origine, è quello di implementare il controllo demografico su scala globale. Come riportato da Il Foglio[34], Nafis Sadik, ex direttore dell’Unfpa, dichiarò nel 1991 che il governo cinese, colpevole acclarato di eugenetica statale, si comportava “in maniera correttissima” con la politica del figlio unico. Secondo China Population Today, “200 milioni di aborti forzati sono stati eseguiti in Cina negli anni Settanta e Ottanta”. E spesso con il sostegno e la complicità dell’Unfpa.
E la “maglietta verde” dell’allarmismo climatico è diventata la sua arma di ricatto più potente. Il Rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) sostiene che (usiamo le parole di Le Monde in prima pagina) «occorre con urgenza aiutare le donne a fare meno figli per lottare contro il pericolo climatico». giacché, secondo quel rapporto, «la natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo sarebbe uno dei principali motori di riscaldamento e uno dei primi rischi di questo».
La tesi è spudorata e rivelatrice: la “natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo” viene identificata come “uno dei principali motori di riscaldamento”. Con questa mossa, l’UNFPA ha saldato ufficialmente l’agenda del controllo delle nascite con l’agenda climatica. La “pianificazione familiare” (contraccezione, sterilizzazione, aborto) non viene più promossa solo per la “salute della donna”, ma come principale strumento per la lotta al cambiamento climatico. È l’eugenetica riciclata in chiave ecologista. L’UNFPA agisce come un ministero globale. Usa i fondi dei paesi donatori per fare pressione sulle naioni povere. Il messaggio, ora supportato dall’autorità “scientifica” dell’IPCC e degli accordi sul clima, diventa un ricatto: “Se volete gli aiuti per lo sviluppo, se volete i fondi per la transizione verde, dovete adottare politiche ‘responsabili’… cioè, dovete ridurre la vostra popolazione. Dovete raggiungere gli obiettivi di ‘salute riproduttiva’ e ‘uguaglianza di genere’ (eufemismi per contraccezione e aborto di massa) indicati nell’Agenda 2030.”
È documentato anche la complicità dell’UNFPA con la politica coercitiva del figlio unico in Cina. Quella brutalità è l’applicazione estrema, ma logicamente coerente, della loro filosofia. Insomma, l’agenda è sempre la stessa: come esplicitato dal rapporto UNFPA sui “figli dei poveri” che inquinano, la soluzione finale è ancora una volta il controllo della demografia. La “transizione verde” è la maschera moderna di una guerra antica, quella dell’eugenetica contro la vita umana.
Mentre il camice bianco agiva con l’autorità della scienza e l’abito firmato con il potere del denaro, la maglietta verde agisce con l’arma più potente di tutte: il ricatto morale e la coltivazione del senso di colpa. Il messaggio è martellante: “Sei parte del problema. Tu, con il tuo stile di vita, stai uccidendo il pianeta. I tuoi figli distruggono il futuro. Per essere una brava persona, devi consumare meno, viaggiare meno, mangiare meno carne e, soprattutto, riprodurti di meno.” Questa strategia ha avuto un successo terrificante, specialmente tra i giovani delle nazioni occidentali, generando una “eco-ansia” diffusa e un profondo senso di colpa per la propria stessa esistenza. E una persona in colpa è una persona facile da manipolare e controllare.
Fase 8 – Allarmismo sul riscaldamento globale (GWA)
E qui arriviamo all’oggi. Consapevole che la vecchia arma della “fine delle risorse” si era spuntata, perché basata su previsioni grossolane smentite dai fatti, l’élite globalista ha cambiato cavallo. Ha scatenato la sua arma definitiva, la narrazione perfetta: l’Allarmismo sul Riscaldamento Globale (GWA). Il nuovo dogma, martellato incessantemente, è che l’uomo, con la sua procreazione e i suoi consumi (“impronta di carbonio”), stia distruggendo il pianeta. Ma questa narrazione, presentata come “Scienza” con la “S” maiuscola, è in realtà un edificio costruito su fondamenta di profonda disonestà intellettuale e su una sistematica inversione della verità scientifica documentata. La “maglietta verde” dell’ambientalismo si regge su due grandi menzogne che, se analizzate alla luce della letteratura scientifica stessa, crollano miseramente.
La prima menzogna. L’Inversione di Causa ed Effetto e la Firma Isotopica Fantasma.
L’intera tesi del GWA poggia sull’assioma che l’aumento di CO2 sia la causa dell’aumento della temperatura. Questa affermazione, però, è in diretta contraddizione con la prova più importante che abbiamo della storia del nostro clima: le carote di ghiaccio antartiche. Già a partire dagli anni ’90, studi seminali pubblicati su riviste come Science e Nature hanno rivelato una verità agghiacciante. L’analisi ad alta risoluzione delle carote di ghiaccio Vostok ed EPICA Dome C, che coprono 800.000 anni di storia climatica, ha dimostrato in modo conclusivo che esiste uno sfasamento temporale (time lag): è l’aumento della Temperatura che PRECEDE l’aumento della CO2 di circa 200-800 anni, non il contrario (come documentato in studi classici come Fischer et al., 1999, Science; Monnin et al., 2001, Nature; e Caillon et al., 2003, Science).
La spiegazione fisica è chiara: piccole variazioni orbitali scaldano leggermente gli oceani, i quali, a causa della loro immensa inerzia termica, impiegano secoli per rilasciare CO2 nell’atmosfera. La CO2 non è l’innesco, ma un feedback secondario. La narrativa del GWA ha deliberatamente invertito questa sequenza. Questa scoperta storica è stata recentemente corroborata da studi sulla causalità e sugli isotopi, in particolare dal lavoro del Professor Demetris Koutsoyiannis e dei suoi collaboratori. Nel suo accurato studio “Net Isotopic Signature of Atmospheric CO2 Sources and Sinks: No Change since the Little Ice Age” (Sci 2024, 6, 17), egli dimostra due fatti che demoliscono l’intera impalcatura del GWA:La causalità è invertita. L’analisi dei dati moderni conferma che la temperatura è la causa e la CO2 l’effetto.
La “firma umana” è assente. Ancora più importante, l’analisi degli isotopi del carbonio – la presunta “pistola fumante” che dovrebbe provare l’origine fossile della nuova CO2 – mostra che la firma isotopica della CO2 entrante nell’atmosfera non è cambiata in modo significativo negli ultimi 40 anni (e persino dal 1500), nonostante l’aumento esponenziale delle emissioni umane. Koutsoyiannis conclude che nei dati “non si possono discernere segni di emissioni di CO2 umane (da combustibili fossili)” e che il ruolo umano è minoritario (non oltre il 4%) rispetto ai ciclopici flussi della biosfera.
La seconda menzogna: la negazione dei meccanismi di auto-regolazione planetaria.
La propaganda GWA presenta la Terra come un sistema fragile, sull’orlo del collasso. Ma ignora deliberatamente il potentissimo feedback negativo documentato dalla scienza satellitare: il fenomeno del “Global Greening”. La CO2 non è un inquinante; è il cibo delle piante. Come documentato in modo inappellabile dallo studio di Zhu et al. su Nature Climate Change (2016), analizzando decenni di dati satellitari, un aumento della concentrazione di CO2 ha agito come un fertilizzante planetario. Questo ha causato un aumento massiccio della biomassa vegetale su 25-50% delle terre emerse. Questo inverdimento, guidato sorprendentemente da Cina e India secondo uno studio successivo di Chen et al. su Nature Sustainability (2019), ha due effetti che la narrazione GWA censura:Aumenta la produttività globale: più piante significa più cibo e una biosfera più robusta.
Agisce da freno: una maggiore massa vegetale assorbe più CO2, creando un meccanismo di auto-regolazione che frena l’accumulo del gas in atmosfera. Questa scoperta è stata ulteriormente confermata e aggiornata dallo studio di Diodato, Kumar e Bellocchi su Ocean-Land-Atmosphere Research (2024), che, ricostruendo 500 anni di nuvolosità sul Mediterraneo, ha rivelato un altro potente meccanismo naturale. Lo studio dimostra che il riscaldamento moderno, iniziato alla fine della Piccola Era Glaciale e guidato da forzanti naturali come l’attività solare e i cicli oceanici, ha causato un sostenuto declino della copertura nuvolosa. Una minore nuvolosità permette a più energia solare di raggiungere la superficie, amplificando il riscaldamento. Questo suggerisce che i feedback naturali (come le nuvole) hanno un ruolo nel modulare il clima molto più potente e complesso di quanto i modelli basati sulla sola CO2 vogliano ammettere.
Ecco dunque il vero volto della “maglietta verde”. Non è scienza. È il veicolo ideologico perfetto per implementare il vecchio piano malthusiano. Sostituendo la paura falsificabile della “fine delle risorse” con quella non falsificabile a breve termine dell'”apocalisse climatica” – una narrazione costruita sulla deliberata inversione della causalità tra Temperatura e CO2 e sulla censura sistematica dei fenomeni di auto-regolazione del pianeta – l’élite può giustificare un controllo sociale totale e una struttura di potere sovranazionale che erano l’obiettivo fin dall’inizio.
Conclusione
La maglietta verde è l’ultimo, perfetto, travestimento dell’eugenetica. Ha permesso all’ideologia di:Darsi una patina di moralità superiore.
Sostituire la logica falsificabile (risorse) con una narrazione quasi-religiosa e non falsificabile (clima).
Trasformare il suo programma di controllo in un movimento di massa “dal basso”, fatto di attivisti spesso in buona fede. (I “magnifici babbei” di Chesterton).
E, soprattutto, ha permesso di trovare un’alleanza inaspettata nel cuore stesso del suo antico nemico: quella gerarchia post-conciliare che, con encicliche come Laudato si’, ha finito per benedire la maglietta verde, senza forse rendersi conto che sotto di essa batte ancora il vecchio, gelido, cuore dell’eugenetica.
L’obiettivo è rimasto, spaventosamente, lo stesso. Ma questa volta, ce lo impongono in nome della salvezza di “nostra madre Terra“. E in troppi, purtroppo, ci credono.
Andrea Mondinelli
(Foto di José León su Unsplash)
[1] Sanger, M. (1920). Woman and the New Race. New York: Brentano’s Publishers, p. 229
[2] Sanger, M. (1921). The Eugenic Value of Birth Control Propaganda. Birth Control Review, Ottobre 1921, p. 5
[3] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization. New York: Brentano’s Publishers, pp. 108-109.
[4] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 114
[5] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 91
[6] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 35.
[7] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 34.
[8] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 80
[9] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 116; cfr. anche Sanger, M. (1920). Woman and the New Race, p. 63
[10] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, pp. 56-57.
[11] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, pp. 88-89
[12] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 283
[13] Sanger, M. (1939). Lettera a Clarence Gamble, 10 Dicembre 1939. Sophia Smith Collection, Smith College, Northampton, MA
[14] Sanger, M. (1957). Intervista con Mike Wallace. The Mike Wallace Interview, ABC, 21 Settembre 1957. Trascrizione: Harry Ransom Center, University of Texas at Austin.
[15] Osborn, F. (1937). Development of a Eugenic Philosophy. American Sociological Review, 2(3), 389-397, p. 393.
[16] Osborn, F. (1956). Galton and Mid-Century Eugenics. Eugenics Review, 48(1), 1-12, p. 8
[17] Osborn, F. (1956). Eugenics Review, 48(1), p. 10
[18] Osborn, F. (1951). Preface to Eugenics (Revised ed.). New York: Harper & Brothers, p. 115.
[19] Osborn, F. (1956). Eugenics Review, 48(1), p. 11.
[20] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity: An Introduction to Eugenics in Modern Society. New York: Weybright and Talley, p. 106.
[21] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 103-104.
[22] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 105.
[23] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 118.
[24] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 107.
[25] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 108
[26] Osborn, F. (1951). Preface to Eugenics, p. 108.
[27] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 94-95.
[28] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 110-111.
[29] https://en.wikipedia.org/wiki/Kingsley_Davis
[30] https://rvs.su/sites/default/files/population_policy_-_will_current_programs_succeed.pdf
[31] https://ia903103.us.archive.org/34/items/fredericks_jaffe_memorandum_to_bernard_berelson/1969.03.11%20-%20Original%20Jaffe%20Memo%20-%20Horvath%20Compilation_text.pdf
[32] https://web.archive.org/web/20061011042246/http://pdf.usaid.gov/pdf_docs/PCAAB500.pdf e https://www.population-security.org/28-APP2.html
[33] https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/Agenda21.pdf
[34] ANNO XIV NUMERO 25 – PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 28 GENNAIO 2009
5.2: “Demographic trends and factors and sustainable development have a synergistic relationship.”
(Le tendenze e i fattori demografici e lo sviluppo sostenibile hanno una relazione sinergica.)
5.3: “The growth of world population and production combined with unsustainable consumption patterns places increasingly severe stress on the life-supporting capacities of our planet.” (La crescita della popolazione mondiale e della produzione, combinata con modelli di consumo insostenibili, pone uno stress sempre più severo sulle capacità di sostentamento vitale del nostro pianeta.)
L’Associazione Arbitraria: La “relazione sinergica” è un termine pseudo-scientifico per dire che i due concetti sono legati. Ma il testo dà per scontato che la crescita della popolazione sia una variabile negativa in questa equazione, la causa dello “stress”. Questa è la fallacia malthusiana non dimostrata, elevata a dogma di partenza. L’alternativa (che la crescita demografica sia un motore di innovazione, come sostenuto da economisti come Julian Simon) non viene nemmeno considerata.
Si unisce “crescita della popolazione” a “modelli di consumo insostenibili”, ma tutta la successiva enfasi del documento è sul controllo della prima variabile (la popolazione), specialmente nei paesi poveri, e non sulla riduzione radicale della seconda (i consumi), specialmente nei paesi ricchi.
Il testo svela il suo vero intento: il controllo demografico non deve essere una politica a sé, ma il filtro attraverso cui ogni altra politica (ambientale, economica, sociale) deve passare.Citazioni Chiave:
5.5 (a): “To incorporate demographic trends and factors in the global analysis of environment and development issues;”
(Incorporare le tendenze e i fattori demografici nell’analisi globale delle questioni ambientali e di sviluppo;)
5.16: “But in future, more attention will have to be given to these issues [demographic trends] in general policy formulation and the design of development plans.”
(Ma in futuro, più attenzione dovrà essere data a queste questioni [le tendenze demografiche] nella formulazione delle politiche generali e nella progettazione dei piani di sviluppo.)
5.17: “Full integration of population concerns into national planning, policy and decision-making processes should continue.”
(La piena integrazione delle preoccupazioni demografiche nei processi nazionali di pianificazione, politica e decisionali dovrebbe continuare.)
Questo è il mandato per una pianificazione centrale totalitaria. Ogni decisione governativa, a ogni livello, deve essere subordinata a una “preoccupazione demografica”. La domanda “Quanti siamo?” diventa il criterio ultimo per decidere come costruire le città, come gestire l’agricoltura, come pianificare la sanità. È l’esatto opposto di una società libera, dove lo Stato si adatta alle necessità di una popolazione in crescita, e non una società dove la popolazione viene “adattata” alle necessità di un piano. Il capitolo è molto chiaro su come implementare questo controllo. La strategia è quella già delineata nell’NSSM 200: una rete coordinata che coinvolge ogni livello della società.Citazioni Chiave:
5.49: “Reproductive health programmes and services… should… be developed and enhanced… to enable women and men to fulfil their personal aspirations in terms of family size”
(I programmi e i servizi per la salute riproduttiva… dovrebbero… essere sviluppati e potenziati… per permettere a donne e uomini di realizzare le loro aspirazioni personali in termini di dimensione della famiglia.)
5.55: “UNFPA and other relevant agencies should strengthen the coordination of international cooperation activities…”
(L’UNFPA e le altre agenzie rilevanti dovrebbero rafforzare il coordinamento delle attività di cooperazione internazionale…)
5.53: Si richiede “support and commitment from political, indigenous, religious and traditional authorities”
(Supporto e impegno dalle autorità politiche, indigene, religiose e tradizionali.)
L’Eufemismo: “Salute Riproduttiva”. Ecco la maschera umanitaria. Come abbiamo ampiamente dimostrato, il termine “salute riproduttiva”, nel linguaggio delle Nazioni Unite, è il codice che include contraccezione, sterilizzazione e aborto. L’obiettivo è presentare questi strumenti di controllo demografico come un servizio “sanitario”. Il documento designa esplicitamente l’UNFPA come l’agenzia coordinatrice, confermando il suo ruolo di “ministero della de-popolazione” globale.
La cooptazione delle autorità morali. La mossa più cinica è l’invito a cooptare le “autorità religiose”. È la strategia di indebolire la resistenza dall’interno, trasformando i leader religiosi da guardiani della morale naturale a partner nella promozione di un’agenda antinatalista. La crisi della Chiesa post-conciliare e il suo successivo abbraccio all’ambientalismo e al dialogo sono la risposta tragica a questo invito.
Il Capitolo 5 di Agenda 21 non è un capitolo sull’ambiente. È la dichiarazione di guerra dell’ideologia malthusiana all’umanità. Sicut sonat, è il progetto per istituire un sistema di sorveglianza e gestione demografica globale, dove il numero delle nascite umane è considerato la variabile più pericolosa da controllare per la “sostenibilità” di un sistema che non è mai messo in discussione.
Sotto un linguaggio burocratico e falsamente scientifico, si nasconde la stessa, terrificante, idea di fondo del Club di Roma, dell’NSSM 200 e dei padri eugenisti: ci sono troppi esseri umani. E questo documento fornisce il manuale d’istruzioni, approvato dalle Nazioni Unite, su come risolvere, a livello globale e in modo “sostenibile”, questo “problema”.
Fase 7 – La maschera verde: come l’ecologismo è diventato il cavallo di Troia dell’eugenetica
Oggi, l’agenda continua sotto nuove maschere. La vecchia paura della “bomba demografica” è stata sostituita dalla paura, ancora più potente, dell’apocalisse climatica. Ma la logica è la stessa. L’uomo, con la sua “impronta di carbonio”, è il problema. La soluzione, come sostengono le agenzie dell’ONU (nate da questa stessa matrice ideologica), è ancora una volta il controllo delle nascite e la riduzione della popolazione.
La genealogia è chiara e ininterrotta: da Galton a Sanger, da Huxley a Harmsen e Osborn, dai Rockefeller all’IPPF e all’ONU, il filo rosso è unico. L’eugenetica non è morta nei campi di Norimberga. Si è semplicemente tolta la divisa militare e ha indossato il camice bianco del medico, l’abito firmato del filantropo e, oggi, la maglietta verde dell’attivista ecologista. Ma l’obiettivo è rimasto, spaventosamente, lo stesso.
La transizione dell’ideologia eugenetica verso l’ambientalismo, iniziata timidamente negli anni ’70 e diventata egemonica oggi, è stata una mossa di genio strategico. Ha permesso di trasformare un’agenda anti-umana in una crociata per la salvezza del “tutto”. Il trucco consiste in uno slittamento di soggetto. Nella vecchia eugenetica, l’obiettivo era il “bene della razza umana” (purificandola). Era un’argomentazione antropocentrica, anche se perversa. Nell’ambientalismo radicale, l’obiettivo diventa il “bene del Pianeta” (Gaia). L’argomentazione diventa ecocentrica. Questo cambiamento di prospettiva permette di fare qualcosa che l’eugenetica classica non poteva fare: dichiarare l’uomo stesso come il nemico. La “maglietta verde” dell’ecologismo ha capovolto duemila anni di visione giudaico-cristiana. Autori come Leonardo Boff o James Lovelock hanno propagato la narrazione ecologista radicale su un nuovo dogma: l’uomo è il cancro del pianeta. La sua intelligenza non è più un dono a immagine di Dio, ma una maledizione; la sua civiltà non è un progresso, ma una distruzione; la sua procreazione non è una benedizione, ma un atto di inquinamento. Da questo dogma, deriva una nuova etica radicalmente anti-umana. Se l’uomo è il problema, ogni azione che riduce il numero degli uomini o il loro impatto diventa intrinsecamente buona. L’aborto non è più solo una “scelta”, diventa un “atto ecologicamente responsabile”. Avere un figlio, specialmente in Occidente, è l’atto più inquinante che si possa compiere. La sterilizzazione volontaria viene celebrata come un dono al pianeta. Movimenti come il Voluntary Human Extinction Movement non sono più frange folli, ma l’avanguardia logica di questa mentalità. La decrescita economica, l’impoverimento pianificato, la limitazione della mobilità, non sono più visti come mali, ma come sacrifici necessari per “placare la rabbia di Gaia”.
La maglietta verde trasforma ciò che prima era un peccato in una virtù. È la più radicale delle “inversioni di tutti i valori” auspicate da Nietzsche.
L’inganno consiste nell’aver riciclato il vecchio piano malthusiano del Club di Roma sotto un nuovo marchio, molto più attraente. Per il Club di Roma (“I limiti dello sviluppo”) si doveva fermare la crescita economica e demografica. L’argomentazione era economica e arida. Per il Piano Verde (“Agenda 21”, “Green New Deal”) si deve raggiungere la “sostenibilità” e la “neutralità carbonica”. L’argomentazione è morale e quasi-spirituale (“salvare il pianeta”). Ma in pratica, i provvedimenti sono esattamente gli stessi: la “decrescita felice” di oggi è la “crescita zero” di ieri; la guerra ai combustibili fossili in nome del CO2 porta a una scarsità energetica artificiale che serve a limitare lo sviluppo, esattamente come temevano per la “fine del petrolio”. E soprattutto, sempre e costantemente, controllo della demografia. L’argomento dell’ “impronta di carbonio”, che lega indissolubilmente il numero di persone alle emissioni, è lo strumento con cui la vecchia “bomba demografica” viene reintrodotta al centro del dibattito, questa volta in modo scientificamente “inattaccabile”. La maglietta verde permette di imporre un programma di austerità malthusiana globale presentandolo come un’esigenza morale e scientifica per la salvezza di tutti.
Questa inversione morale ha trovato il suo veicolo propagandistico perfetto nell’Allarmismo sul Riscaldamento Globale (GWA). La vecchia paura della “fine delle risorse” è stata sostituita da una narrazione apocalittica più efficace e, soprattutto, quasi non falsificabile a breve termine.
Il GWA permette di imporre un programma di austerità malthusiana globale (controllo dell’energia, del cibo, della mobilità) presentandolo come un’esigenza morale e scientifica. E al centro di questa narrazione, l’argomento demografico torna con una forza rinnovata. È qui che entra in scena, come braccio istituzionale, l’ UNFPA. L’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, non è un’agenzia neutrale. È l’erede diretto della visione di Frederick Osborn e del Population Council dei Rockefeller. Il suo mandato, fin dalla sua origine, è quello di implementare il controllo demografico su scala globale. Come riportato da Il Foglio[34], Nafis Sadik, ex direttore dell’Unfpa, dichiarò nel 1991 che il governo cinese, colpevole acclarato di eugenetica statale, si comportava “in maniera correttissima” con la politica del figlio unico. Secondo China Population Today, “200 milioni di aborti forzati sono stati eseguiti in Cina negli anni Settanta e Ottanta”. E spesso con il sostegno e la complicità dell’Unfpa.
E la “maglietta verde” dell’allarmismo climatico è diventata la sua arma di ricatto più potente. Il Rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) sostiene che (usiamo le parole di Le Monde in prima pagina) «occorre con urgenza aiutare le donne a fare meno figli per lottare contro il pericolo climatico». giacché, secondo quel rapporto, «la natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo sarebbe uno dei principali motori di riscaldamento e uno dei primi rischi di questo».
La tesi è spudorata e rivelatrice: la “natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo” viene identificata come “uno dei principali motori di riscaldamento”. Con questa mossa, l’UNFPA ha saldato ufficialmente l’agenda del controllo delle nascite con l’agenda climatica. La “pianificazione familiare” (contraccezione, sterilizzazione, aborto) non viene più promossa solo per la “salute della donna”, ma come principale strumento per la lotta al cambiamento climatico. È l’eugenetica riciclata in chiave ecologista. L’UNFPA agisce come un ministero globale. Usa i fondi dei paesi donatori per fare pressione sulle naioni povere. Il messaggio, ora supportato dall’autorità “scientifica” dell’IPCC e degli accordi sul clima, diventa un ricatto: “Se volete gli aiuti per lo sviluppo, se volete i fondi per la transizione verde, dovete adottare politiche ‘responsabili’… cioè, dovete ridurre la vostra popolazione. Dovete raggiungere gli obiettivi di ‘salute riproduttiva’ e ‘uguaglianza di genere’ (eufemismi per contraccezione e aborto di massa) indicati nell’Agenda 2030.”
È documentato anche la complicità dell’UNFPA con la politica coercitiva del figlio unico in Cina. Quella brutalità è l’applicazione estrema, ma logicamente coerente, della loro filosofia. Insomma, l’agenda è sempre la stessa: come esplicitato dal rapporto UNFPA sui “figli dei poveri” che inquinano, la soluzione finale è ancora una volta il controllo della demografia. La “transizione verde” è la maschera moderna di una guerra antica, quella dell’eugenetica contro la vita umana.
Mentre il camice bianco agiva con l’autorità della scienza e l’abito firmato con il potere del denaro, la maglietta verde agisce con l’arma più potente di tutte: il ricatto morale e la coltivazione del senso di colpa. Il messaggio è martellante: “Sei parte del problema. Tu, con il tuo stile di vita, stai uccidendo il pianeta. I tuoi figli distruggono il futuro. Per essere una brava persona, devi consumare meno, viaggiare meno, mangiare meno carne e, soprattutto, riprodurti di meno.” Questa strategia ha avuto un successo terrificante, specialmente tra i giovani delle nazioni occidentali, generando una “eco-ansia” diffusa e un profondo senso di colpa per la propria stessa esistenza. E una persona in colpa è una persona facile da manipolare e controllare.
Fase 8 – Allarmismo sul riscaldamento globale (GWA)
E qui arriviamo all’oggi. Consapevole che la vecchia arma della “fine delle risorse” si era spuntata, perché basata su previsioni grossolane smentite dai fatti, l’élite globalista ha cambiato cavallo. Ha scatenato la sua arma definitiva, la narrazione perfetta: l’Allarmismo sul Riscaldamento Globale (GWA). Il nuovo dogma, martellato incessantemente, è che l’uomo, con la sua procreazione e i suoi consumi (“impronta di carbonio”), stia distruggendo il pianeta. Ma questa narrazione, presentata come “Scienza” con la “S” maiuscola, è in realtà un edificio costruito su fondamenta di profonda disonestà intellettuale e su una sistematica inversione della verità scientifica documentata. La “maglietta verde” dell’ambientalismo si regge su due grandi menzogne che, se analizzate alla luce della letteratura scientifica stessa, crollano miseramente.
La prima menzogna. L’Inversione di Causa ed Effetto e la Firma Isotopica Fantasma.
L’intera tesi del GWA poggia sull’assioma che l’aumento di CO2 sia la causa dell’aumento della temperatura. Questa affermazione, però, è in diretta contraddizione con la prova più importante che abbiamo della storia del nostro clima: le carote di ghiaccio antartiche. Già a partire dagli anni ’90, studi seminali pubblicati su riviste come Science e Nature hanno rivelato una verità agghiacciante. L’analisi ad alta risoluzione delle carote di ghiaccio Vostok ed EPICA Dome C, che coprono 800.000 anni di storia climatica, ha dimostrato in modo conclusivo che esiste uno sfasamento temporale (time lag): è l’aumento della Temperatura che PRECEDE l’aumento della CO2 di circa 200-800 anni, non il contrario (come documentato in studi classici come Fischer et al., 1999, Science; Monnin et al., 2001, Nature; e Caillon et al., 2003, Science).
La spiegazione fisica è chiara: piccole variazioni orbitali scaldano leggermente gli oceani, i quali, a causa della loro immensa inerzia termica, impiegano secoli per rilasciare CO2 nell’atmosfera. La CO2 non è l’innesco, ma un feedback secondario. La narrativa del GWA ha deliberatamente invertito questa sequenza. Questa scoperta storica è stata recentemente corroborata da studi sulla causalità e sugli isotopi, in particolare dal lavoro del Professor Demetris Koutsoyiannis e dei suoi collaboratori. Nel suo accurato studio “Net Isotopic Signature of Atmospheric CO2 Sources and Sinks: No Change since the Little Ice Age” (Sci 2024, 6, 17), egli dimostra due fatti che demoliscono l’intera impalcatura del GWA:La causalità è invertita. L’analisi dei dati moderni conferma che la temperatura è la causa e la CO2 l’effetto.
La “firma umana” è assente. Ancora più importante, l’analisi degli isotopi del carbonio – la presunta “pistola fumante” che dovrebbe provare l’origine fossile della nuova CO2 – mostra che la firma isotopica della CO2 entrante nell’atmosfera non è cambiata in modo significativo negli ultimi 40 anni (e persino dal 1500), nonostante l’aumento esponenziale delle emissioni umane. Koutsoyiannis conclude che nei dati “non si possono discernere segni di emissioni di CO2 umane (da combustibili fossili)” e che il ruolo umano è minoritario (non oltre il 4%) rispetto ai ciclopici flussi della biosfera.
La seconda menzogna: la negazione dei meccanismi di auto-regolazione planetaria.
La propaganda GWA presenta la Terra come un sistema fragile, sull’orlo del collasso. Ma ignora deliberatamente il potentissimo feedback negativo documentato dalla scienza satellitare: il fenomeno del “Global Greening”. La CO2 non è un inquinante; è il cibo delle piante. Come documentato in modo inappellabile dallo studio di Zhu et al. su Nature Climate Change (2016), analizzando decenni di dati satellitari, un aumento della concentrazione di CO2 ha agito come un fertilizzante planetario. Questo ha causato un aumento massiccio della biomassa vegetale su 25-50% delle terre emerse. Questo inverdimento, guidato sorprendentemente da Cina e India secondo uno studio successivo di Chen et al. su Nature Sustainability (2019), ha due effetti che la narrazione GWA censura:Aumenta la produttività globale: più piante significa più cibo e una biosfera più robusta.
Agisce da freno: una maggiore massa vegetale assorbe più CO2, creando un meccanismo di auto-regolazione che frena l’accumulo del gas in atmosfera. Questa scoperta è stata ulteriormente confermata e aggiornata dallo studio di Diodato, Kumar e Bellocchi su Ocean-Land-Atmosphere Research (2024), che, ricostruendo 500 anni di nuvolosità sul Mediterraneo, ha rivelato un altro potente meccanismo naturale. Lo studio dimostra che il riscaldamento moderno, iniziato alla fine della Piccola Era Glaciale e guidato da forzanti naturali come l’attività solare e i cicli oceanici, ha causato un sostenuto declino della copertura nuvolosa. Una minore nuvolosità permette a più energia solare di raggiungere la superficie, amplificando il riscaldamento. Questo suggerisce che i feedback naturali (come le nuvole) hanno un ruolo nel modulare il clima molto più potente e complesso di quanto i modelli basati sulla sola CO2 vogliano ammettere.
Ecco dunque il vero volto della “maglietta verde”. Non è scienza. È il veicolo ideologico perfetto per implementare il vecchio piano malthusiano. Sostituendo la paura falsificabile della “fine delle risorse” con quella non falsificabile a breve termine dell'”apocalisse climatica” – una narrazione costruita sulla deliberata inversione della causalità tra Temperatura e CO2 e sulla censura sistematica dei fenomeni di auto-regolazione del pianeta – l’élite può giustificare un controllo sociale totale e una struttura di potere sovranazionale che erano l’obiettivo fin dall’inizio.
Conclusione
La maglietta verde è l’ultimo, perfetto, travestimento dell’eugenetica. Ha permesso all’ideologia di:Darsi una patina di moralità superiore.
Sostituire la logica falsificabile (risorse) con una narrazione quasi-religiosa e non falsificabile (clima).
Trasformare il suo programma di controllo in un movimento di massa “dal basso”, fatto di attivisti spesso in buona fede. (I “magnifici babbei” di Chesterton).
E, soprattutto, ha permesso di trovare un’alleanza inaspettata nel cuore stesso del suo antico nemico: quella gerarchia post-conciliare che, con encicliche come Laudato si’, ha finito per benedire la maglietta verde, senza forse rendersi conto che sotto di essa batte ancora il vecchio, gelido, cuore dell’eugenetica.
L’obiettivo è rimasto, spaventosamente, lo stesso. Ma questa volta, ce lo impongono in nome della salvezza di “nostra madre Terra“. E in troppi, purtroppo, ci credono.
Andrea Mondinelli
(Foto di José León su Unsplash)
[1] Sanger, M. (1920). Woman and the New Race. New York: Brentano’s Publishers, p. 229
[2] Sanger, M. (1921). The Eugenic Value of Birth Control Propaganda. Birth Control Review, Ottobre 1921, p. 5
[3] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization. New York: Brentano’s Publishers, pp. 108-109.
[4] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 114
[5] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 91
[6] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 35.
[7] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 34.
[8] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 80
[9] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 116; cfr. anche Sanger, M. (1920). Woman and the New Race, p. 63
[10] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, pp. 56-57.
[11] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, pp. 88-89
[12] Sanger, M. (1922). The Pivot of Civilization, p. 283
[13] Sanger, M. (1939). Lettera a Clarence Gamble, 10 Dicembre 1939. Sophia Smith Collection, Smith College, Northampton, MA
[14] Sanger, M. (1957). Intervista con Mike Wallace. The Mike Wallace Interview, ABC, 21 Settembre 1957. Trascrizione: Harry Ransom Center, University of Texas at Austin.
[15] Osborn, F. (1937). Development of a Eugenic Philosophy. American Sociological Review, 2(3), 389-397, p. 393.
[16] Osborn, F. (1956). Galton and Mid-Century Eugenics. Eugenics Review, 48(1), 1-12, p. 8
[17] Osborn, F. (1956). Eugenics Review, 48(1), p. 10
[18] Osborn, F. (1951). Preface to Eugenics (Revised ed.). New York: Harper & Brothers, p. 115.
[19] Osborn, F. (1956). Eugenics Review, 48(1), p. 11.
[20] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity: An Introduction to Eugenics in Modern Society. New York: Weybright and Talley, p. 106.
[21] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 103-104.
[22] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 105.
[23] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 118.
[24] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 107.
[25] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, p. 108
[26] Osborn, F. (1951). Preface to Eugenics, p. 108.
[27] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 94-95.
[28] Osborn, F. (1968). The Future of Human Heredity, pp. 110-111.
[29] https://en.wikipedia.org/wiki/Kingsley_Davis
[30] https://rvs.su/sites/default/files/population_policy_-_will_current_programs_succeed.pdf
[31] https://ia903103.us.archive.org/34/items/fredericks_jaffe_memorandum_to_bernard_berelson/1969.03.11%20-%20Original%20Jaffe%20Memo%20-%20Horvath%20Compilation_text.pdf
[32] https://web.archive.org/web/20061011042246/http://pdf.usaid.gov/pdf_docs/PCAAB500.pdf e https://www.population-security.org/28-APP2.html
[33] https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/Agenda21.pdf
[34] ANNO XIV NUMERO 25 – PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 28 GENNAIO 2009
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