
13 set 2025
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by Aldo Maria Valli
di Massimo Viglione
Quanto avvenuto in Vaticano (e dintorni) in questa prima parte di settembre segna una degenerazione dottrinale e morale spaventosa, come un precipizio nel quale si corre a suicidarsi senza più logica né ritegno alcuno. Quanto accaduto solo in pochi giorni non può essere passato sotto silenzio, come tentano di fare i manutengoli a oltranza del potere (l’utilizzo di questo concetto è specifico) gerarchico ecclesiastico. Perché i fatti sono ostinati.
Perfino peggio del culto a Pachamama
Leone XIV ha ricevuto, facendosi fotografare sorridente con lui, il prete, propagandista dell’omosessualismo, James Martin, il quale ha potuto dichiarare pubblicamente il sostegno ricevuto dal pontefice.
Ha inoltre dato il suo consenso al cosiddetto “giubileo lgbt”, permettendo che la “croce” e le bandiere arcobaleno dominassero dentro e fuori la basilica di San Pietro (per non parlare di tutto il contorno umano che conosciamo), ormai profanata più volte al punto tale che è legittimo chiedersi se sia ancora consacrata o meno.
Occorre subito chiarire che l’orrenda profanazione è perfino peggiore di quella di Pachamama.
Pachamama è un idolo pagano, che Bergoglio fece venerare. Ovvero, lui e tutti coloro che parteciparono al rito profanatore, praticarono in San Pietro un atto di idolatria pagana, bestemmiando così Dio e peccando gravemente al primo comandamento.
La “croce” arcobaleno che è entrata in San Pietro è a sua volta un idolo, pagano e pure infernale, ma è carico di un significato che va oltre la Pachamama che, in fondo, è “solo” una divinità. La “croce” arcobaleno, infatti, rappresenta non solo il rifiuto di Gesù Cristo Dio, ma la guerra alla legge divina e naturale.
Quindi la guerra a Dio.
Pachamama è una bestemmia a Dio. La “croce” arcobaleno è una bestemmia e una guerra a Dio e alla Legge divina e naturale. Ma, soprattutto, è la parodia satanica dell’unica vera Croce, quella che Nostro Signore Gesù Cristo ha portato sul Calvario per la nostra Redenzione, patendo la più atroce e per noi incomprensibile sofferenza.
La “croce” arcobaleno è in fondo la sostituzione della Santa Croce. Con l’avallo del potere vaticano e della Conferenza episcopale italiana.
Monsignor Savino, vicepresidente della Cei, ha sentenziato, infatti, che finalmente la Chiesa ha restituito dignità a tutti con il “giubileo delle persone lgbtq+”. Quindi, per la Cei, la Chiesa prima era in difetto, in colpa. E ha ragione, monsignor Savino.
Infatti, il Catechismo della Chiesa cattolica insegna che la sodomia è uno dei “quattro peccati che grida vendetta al cospetto di Dio” (distruzione di Sodoma e Gomorra). Innumerevoli volte i documenti pontifici, il magistero, gli scritti dei Padri, dei Dottori e dei santi hanno condannato la sodomia come un peccato imperdonabile e abominevole. Perfino i documenti di Giovanni Paolo II hanno ribadito il concetto, sebbene con la tipica terminologia ambigua e accomodante del Concilio Vaticano II.
Ora la Cei ci dice che loro hanno posto rimedio a tali mali. Attenzione: non al male della sodomia, ma al male di aver condannato la sodomia. Anzi, vanno oltre: danno sostegno anche al genderismo, che è cosa differente e più sovversiva e anti-naturale dalla semplice sodomia.
Quindi abbiamo a che fare con due dottrine chiaramente opposte, non solo differenti, ma radicalmente opposte. E siccome A non può essere non-A, una delle due è errata.
Non ci pare possa esserci dubbio su quale sia errata, visto che abbiamo l’attuale Cei contro la Bibbia, il Vangelo, la legge naturale e tutto il magistero quasi bimillenario della Chiesa, compreso quello di Giovanni Paolo II.
Allora, a questo punto, ci si pone un problema fondamentale: che legittimità ha la Cei? Quale dovere di obbedienza si ha verso chi propaga l’eresia e la dissoluzione morale, andando contro la Rivelazione e la legge naturale? Sappiamo come Dio ha trattato Sodoma e Gomorra. Dobbiamo obbedire ai normalizzatori di Sodoma?
Ma sappiamo meno come i papi, i padri, i dottori, i santi del passato hanno giudicato la sodomia, a partire da quella santa Caterina da Siena a sproposito messa in mezzo dall’esercito di quei cattolici sempre molto più ligi al potere ecclesiastico che non alla legge di Dio e al Vangelo. Se lo sapessero veramente, molti tacerebbero per pudore. Dico “molti”, perché invece alcuni, che lo sanno benissimo, continuano a mentire a riguardo.
Ma tutto questo non basta ancora. Rimane la cosa più assurda in sé in quanto veramente senza spiegazione alcuna di nessun genere: Leone ha nominato alla presidenza della Pontifica Accademia delle belle arti un’attivista pro-lgbtq, fomentatrice pubblica di nudismo sodomita, di onanismo e di “club notturni”.
Leggiamo su internet: «Nel 2020 Perrella ha curato una mostra di fotografie dell’artista cinese Ren Hang. La mostra includeva novanta opere, molte delle quali mostravano organi sessuali e pose omosessuali. Una fotografia mostra un uomo nudo che urina su un uomo inginocchiato con un sacchetto di plastica sopra la testa».
Due domande vengono spontanee: 1) Non vi era davvero nessun altro più adeguato alla carica da prendere in considerazione? 2) Perché?
Domande ovviamente retoriche e ironiche. Questa nomina in sé è perfino oggettivamente più folle e a-morale dello stesso “giubileo” ed è la logica continuazione della visita di Martin. Logica perché prosegue il cammino di rovesciamento dottrinale e spirituale della fede cattolica – e, non dimentichiamo, della stessa legge naturale – operato da decenni dal clero conciliare.
Scusanti pretestuose e irrazionali
Sappiamo perfettamente che moltissimi diranno che era tutto programmato da Bergoglio e quindi Leone non ha colpa. Questa scusante, molto di moda, è ridicola.
Anzitutto, è patetico che gli strenui difensori di Bergoglio oggi, per salvare Leone, scarichino tutte le colpe su colui che fino a cinque mesi difendevano strenuamente (oltre ogni dignità intellettiva e morale) e questo solo perché è morto. Ma, al di là di tale ignobile e farsesco atteggiamento, rimane il fatto che Leone è papa: quindi, non solo ha il potere di non fare il male, ma ha il dovere di non avallare il male. Anzi, ha il dovere di insegnare e ordinare il bene. Se esegue o permette il male, ne è complice, come qualsiasi altro essere umano. Solo che lui è Pietro.
Altri continuano a dire (e temo che lo faranno per anni e anni): “Diamogli tempo”. Diamogli tutto il tempo che volete: resta il fatto che ha permesso che tutto ciò accadesse. E lo ha permesso proprio nel tempo che voi gli date.
La vera causa di questa follia
La risposta a questa immensa e indefinibile tragedia sta invece nella vittoria, certamente momentanea eppure concreta, della Rivoluzione anticristica e antiumana all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. Questa vittoria è sempre più evidente, e dimostra che la Chiesa cattolica è sotto occupazione nemica. Poi, Dio solo conosce veramente le anime di ogni singolo ecclesiastico e sarà Lui a impartire il giudizio eterno individuale. Ma negare l’evidenza dei fatti oggettivi e visibili e intellegibili a ognuno vuol dire mettere il servo prima del Padrone. Vuol dire essere menzogneri.
Poi si può discutere in che termini Leone sia veramente libero o condizionato dai malvagi di cui è attorniato. Chi scrive, che ha una certa età, ricorda le infinite discussioni su questo aspetto fin dai tempi di Giovanni Paolo II che baciava il Corano, chiedeva a san Giovanni Battista di “benedire l’Islam” o faceva l’incontro ecumenico di Assisi; e Benedetto XVI che andava in sinagoga e in moschea a “pregare” (si dava sempre la colpa ai collaboratori papali). Discussioni inutili: la morale cattolica insegna che si deve essere pronti a morire, piuttosto che peccare. Figuriamoci rinnegare la Verità o avallare la bestemmia o l’idolatria. Figuriamoci poi se si parla di vescovi o cardinali: i vestiti rossi di questi ultimi simboleggiano proprio la predisposizione al martirio per la Verità. Figuriamoci se parliamo di un papa.
L’ecumenismo è la chiave di volta della penetrazione delle forze infere nella Chiesa, sotto la veste del “dialogo” e della “pace”. È la versione ecclesiastica dell’ecologismo laico, oggi non per niente fatto proprio anche da questi preti. Risultato, è l’accettazione del genderismo come nuova frontiera per l’attuazione del progetto del post-umano globalista, cui questa gerarchia si è piegata.
Ecumenismo, ecologismo e genderismo sono la “anti-trinità” infernale di questo mondo globalista. Una divinità infera che ha i suoi simboli: Pachamama, la “croce” arcobaleno e i suoi “sacerdoti”. Purtroppo, interni alle gerarchie della Chiesa cattolica.
Il valore ineliminabile del passato e il suo eterno insegnamento
Le discussioni senza fine a questi riguardi certamente non servono al Bene, perché “contra factum non valet argomentum”. E certe decisioni che oggi vengono prese vanno giudicate in base alla realtà odierna dei fatti, non in un astratto che non esiste.
Ogni giudizio su di un fatto, di qualsiasi natura, deve basarsi sulle circostanze concrete della realtà del presente in cui avviene. Ve li immaginate i papi, i santi, i dottori e i padri dei secoli passati dinanzi a situazioni come queste? Ne avete una minima onesta consapevolezza? Onesta, soprattutto. Come avrebbero giudicato, tutto quanto accade dal Concilio Vaticano II in poi, Pio XII, Innocenzo III, Gregorio Magno? E san Pio X? Vogliamo parlarne? O santa Caterina da Siena? O san Tommaso d’Aquino? O san Giovanni Bosco? O chiunque altro? E Pietro che, per molto meno, fece schiantare al suolo Simon Mago e annichilì Anania e Saffira?
Vogliamo parlare di Padre Pio? Ecco cosa disse testualmente profetizzando i nostri giorni: «Ricordati… quando verranno quei tempi: i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, Santo Rosario, Sacramenti, catechismo, i santi e fate tutto nella fede dei nostri padri, nella fede dei nostri padri!… nella fede dei nostri padri!… e non ascoltate più nessuno».
Fate tutto nella fede dei nostri padri (ripetuto tre volte) e non ascoltate più nessuno. Più nessuno! E sì! Ha detto proprio “più nessuno”. Perché? Perché amava il Padrone più del servo infedele.
Cosa avrebbero detto tutti i santi, papi, padri e dottori della Chiesa della “croce” arcobaleno in San Pietro o di quella donna messa a presiedere le belle arti della Chiesa cattolica? O magari del prete Martin a pontificare sulla sodomia con il sorriso del pontefice?
Forse avrebbero detto la cosa più ovvia di tutte. Avrebbero riportato le parole eterne di san Paolo Apostolo (Gl, 1,6): «Se anche un angelo vi annunciasse un Vangelo diverso da quello che vi è stato dato, sia anatema».
O magari le parole di san Pietro riportate negli Atti (5,27): «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Pietro e Paolo, principi della Chiesa.
Su queste due colonne della dommatica e della dottrina della Rivelazione e della Chiesa cattolica si schiantano tutte le chiacchiere servilistiche dei moderati e dei conservatori ululanti allo scandalo di chi non obbedisce agli apostati.
Il discorso dell’obbedienza non si risolve con il diritto canonico in mano. Occorre altro. Anzitutto, la consapevolezza piena, corretta, profonda e onesta della realtà della Chiesa presente. Perché nessun giudizio può essere retto se si è privi o deficitari della conoscenza puntuale dei fatti. Molti credono di averla, basandosi su ragionamenti astratti e su tre, quattro notizie di merito (magari solo attuali). Ma non funziona così. È questione talmente immensa che pochi, molto pochi, ne hanno consapevolezza reale e sufficiente. Sono coloro che hanno passato la vita a informarsi e lo hanno fatto con retta coscienza, portando la croce di un dolore costante nella propria anima, per anni, decenni, mentre altri non ci pensavano proprio e oggi pontificano da auto-eletti teologi conciliari.
La conoscenza puntuale dei fatti – non ci riferiamo ora ovviamente solo a questi pochissimi recentissimi esempi, ma a tutto quanto avvenuto nella Chiesa negli ultimi sessant’anni, ovvero a una mole immensa e inconcepibile di eresie dottrinali e di tradimenti e obbrobri morali, liturgici e spirituali, avvenuti quotidianamente a livello mondiale – richiede studio, letture di testi appropriati e scientifici, fortezza di spirito, pazienza, lucidità, equilibrio e coraggio psicologico, oltre che una vita spirituale almeno sufficientemente valida per essere capaci di ricevere e mettere a frutto le illuminazioni dello Spirito Santo.
Personalmente riteniamo, in base a un’esperienza ultratrentennale ma, soprattutto, in base all’evidenza fattuale, che la frequentazione costante della santa messa in rito romano antico ne sia condizione previa indispensabile, senza la quale si ulula alla luna e si rimane in balia dei venti soffiati dai furbastri o dagli ingenui.
La speranza che non deve mancare mai
Ma tutto questo non significa che la Chiesa sia “morta” o che sia sconfitta o che sia venuta meno la gerarchia. Questi giorni sono stati profetizzati, fin dal Vangelo e da san Paolo, e poi varie altre volte, specie nel XIX secolo (Salette, Taigi, Emmerich…). Ora noi li vediamo nel concreto, viviamo la realizzazione di quelle profezie, specie da sessant’anni a questa parte, con un crescendo esponenziale senza apparente fine.
Ma la Chiesa cattolica è sempre viva, perché non è un “ospedale da campo” o una Ong o un qualsiasi altro prodotto umano. Così come Maria Santissima non è “la ragazza della porta accanto”, piacevole richiamo atto a bestemmiare la Madre di Dio.
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, fatto a Sua immagine, di natura divina e natura umana. La natura umana della Chiesa è corrotta, corrottissima, ma non tutta corrotta. Quella divina è immacolata e pura.
In questa natura divina la Chiesa trova la sua vittoria. Come appunto profetizzato.
Desideriamo quindi concludere con un fatto che dona speranza. È l’intervista lasciata dal vescovo Athanasius Schneider riguardo il cosiddetto “giubileo”. Ha usato parole chiarissime e dure per denunciare, senza remore fuori luogo, il male presente (infatti, non abbiamo visto i conservatori, anche suoi “amici”, dare risalto al questa importantissima intervista). Dandoci appunto speranza: la Chiesa continua a vivere nei vescovi, nei sacerdoti e nel popolo fedele che, contrariamente a quanto si crede, si accresce sempre più. Segno evidente che lo Spirito Santo non ha abbandonato la sua Chiesa. Ma questa crescita avviene in totale e assoluta antitesi con quella parte di clero e laici venduta alla rivoluzione anticristiana e antiumana o succube di essa. Questo è un fatto che occorre accettare per quello che è. E qui cascano tutti gli asini.
Ma la Chiesa cattolica, che certamente è una sola, è più forte del male e dei suoi manutengoli. Come la Verità.
Ormai, siamo due popoli in guerra in una sola unica Chiesa: quelli della “croce” arcobaleno e di Pachamama (usiamo queste metafore in senso universale e lato, comprendente ogni errore rivoluzionario) e quelli della vera Croce, “spes unica”. In mezzo, i manutengoli, ovvero coloro che stanno di principio con il secondo popolo, ma sorreggono il primo. Come sempre nella vita e nella storia. Gli storici conoscono bene il richiamo alla “palude” e sanno la fine che spetta alla palude.
Gli uomini di buona volontà e di Verità si schierano, nell’unica Chiesa, con il popolo della Santa Croce, via unica alla salvezza sulla scia di Maria Santissima. Come ha insegnato Padre Pio, restiamo nella fede dei nostri padri, e non ascoltiamo più nessuno – chiunque sia e qualsiasi ruolo abbia – nelle eresie e menzogne o nei mali spirituali, liturgici e morali, che insegna o pratica o permette.
L’obbedienza è legittima, e quindi è virtù da praticare, solo se non è in contrasto evidente con la Verità e con il Bene oggettivi. In un concetto, è subordinata a Dio, al quale occorre obbedire prima che agli uomini. Perché ciò che legittima l’obbedienza facendone virtù (e non tradimento) non è la gerarchia umana in sé, ma è la sua conformità alla volontà e alla legge divina.
Ma sulla questione della legittima obbedienza occorrerà tornare nello specifico per chiarire la questione non sentimentalmente, ma nei precisi termini teologici e canonici.
by Aldo Maria Valli
di Massimo Viglione
Quanto avvenuto in Vaticano (e dintorni) in questa prima parte di settembre segna una degenerazione dottrinale e morale spaventosa, come un precipizio nel quale si corre a suicidarsi senza più logica né ritegno alcuno. Quanto accaduto solo in pochi giorni non può essere passato sotto silenzio, come tentano di fare i manutengoli a oltranza del potere (l’utilizzo di questo concetto è specifico) gerarchico ecclesiastico. Perché i fatti sono ostinati.
Perfino peggio del culto a Pachamama
Leone XIV ha ricevuto, facendosi fotografare sorridente con lui, il prete, propagandista dell’omosessualismo, James Martin, il quale ha potuto dichiarare pubblicamente il sostegno ricevuto dal pontefice.
Ha inoltre dato il suo consenso al cosiddetto “giubileo lgbt”, permettendo che la “croce” e le bandiere arcobaleno dominassero dentro e fuori la basilica di San Pietro (per non parlare di tutto il contorno umano che conosciamo), ormai profanata più volte al punto tale che è legittimo chiedersi se sia ancora consacrata o meno.
Occorre subito chiarire che l’orrenda profanazione è perfino peggiore di quella di Pachamama.
Pachamama è un idolo pagano, che Bergoglio fece venerare. Ovvero, lui e tutti coloro che parteciparono al rito profanatore, praticarono in San Pietro un atto di idolatria pagana, bestemmiando così Dio e peccando gravemente al primo comandamento.
La “croce” arcobaleno che è entrata in San Pietro è a sua volta un idolo, pagano e pure infernale, ma è carico di un significato che va oltre la Pachamama che, in fondo, è “solo” una divinità. La “croce” arcobaleno, infatti, rappresenta non solo il rifiuto di Gesù Cristo Dio, ma la guerra alla legge divina e naturale.
Quindi la guerra a Dio.
Pachamama è una bestemmia a Dio. La “croce” arcobaleno è una bestemmia e una guerra a Dio e alla Legge divina e naturale. Ma, soprattutto, è la parodia satanica dell’unica vera Croce, quella che Nostro Signore Gesù Cristo ha portato sul Calvario per la nostra Redenzione, patendo la più atroce e per noi incomprensibile sofferenza.
La “croce” arcobaleno è in fondo la sostituzione della Santa Croce. Con l’avallo del potere vaticano e della Conferenza episcopale italiana.
Monsignor Savino, vicepresidente della Cei, ha sentenziato, infatti, che finalmente la Chiesa ha restituito dignità a tutti con il “giubileo delle persone lgbtq+”. Quindi, per la Cei, la Chiesa prima era in difetto, in colpa. E ha ragione, monsignor Savino.
Infatti, il Catechismo della Chiesa cattolica insegna che la sodomia è uno dei “quattro peccati che grida vendetta al cospetto di Dio” (distruzione di Sodoma e Gomorra). Innumerevoli volte i documenti pontifici, il magistero, gli scritti dei Padri, dei Dottori e dei santi hanno condannato la sodomia come un peccato imperdonabile e abominevole. Perfino i documenti di Giovanni Paolo II hanno ribadito il concetto, sebbene con la tipica terminologia ambigua e accomodante del Concilio Vaticano II.
Ora la Cei ci dice che loro hanno posto rimedio a tali mali. Attenzione: non al male della sodomia, ma al male di aver condannato la sodomia. Anzi, vanno oltre: danno sostegno anche al genderismo, che è cosa differente e più sovversiva e anti-naturale dalla semplice sodomia.
Quindi abbiamo a che fare con due dottrine chiaramente opposte, non solo differenti, ma radicalmente opposte. E siccome A non può essere non-A, una delle due è errata.
Non ci pare possa esserci dubbio su quale sia errata, visto che abbiamo l’attuale Cei contro la Bibbia, il Vangelo, la legge naturale e tutto il magistero quasi bimillenario della Chiesa, compreso quello di Giovanni Paolo II.
Allora, a questo punto, ci si pone un problema fondamentale: che legittimità ha la Cei? Quale dovere di obbedienza si ha verso chi propaga l’eresia e la dissoluzione morale, andando contro la Rivelazione e la legge naturale? Sappiamo come Dio ha trattato Sodoma e Gomorra. Dobbiamo obbedire ai normalizzatori di Sodoma?
Ma sappiamo meno come i papi, i padri, i dottori, i santi del passato hanno giudicato la sodomia, a partire da quella santa Caterina da Siena a sproposito messa in mezzo dall’esercito di quei cattolici sempre molto più ligi al potere ecclesiastico che non alla legge di Dio e al Vangelo. Se lo sapessero veramente, molti tacerebbero per pudore. Dico “molti”, perché invece alcuni, che lo sanno benissimo, continuano a mentire a riguardo.
Ma tutto questo non basta ancora. Rimane la cosa più assurda in sé in quanto veramente senza spiegazione alcuna di nessun genere: Leone ha nominato alla presidenza della Pontifica Accademia delle belle arti un’attivista pro-lgbtq, fomentatrice pubblica di nudismo sodomita, di onanismo e di “club notturni”.
Leggiamo su internet: «Nel 2020 Perrella ha curato una mostra di fotografie dell’artista cinese Ren Hang. La mostra includeva novanta opere, molte delle quali mostravano organi sessuali e pose omosessuali. Una fotografia mostra un uomo nudo che urina su un uomo inginocchiato con un sacchetto di plastica sopra la testa».
Due domande vengono spontanee: 1) Non vi era davvero nessun altro più adeguato alla carica da prendere in considerazione? 2) Perché?
Domande ovviamente retoriche e ironiche. Questa nomina in sé è perfino oggettivamente più folle e a-morale dello stesso “giubileo” ed è la logica continuazione della visita di Martin. Logica perché prosegue il cammino di rovesciamento dottrinale e spirituale della fede cattolica – e, non dimentichiamo, della stessa legge naturale – operato da decenni dal clero conciliare.
Scusanti pretestuose e irrazionali
Sappiamo perfettamente che moltissimi diranno che era tutto programmato da Bergoglio e quindi Leone non ha colpa. Questa scusante, molto di moda, è ridicola.
Anzitutto, è patetico che gli strenui difensori di Bergoglio oggi, per salvare Leone, scarichino tutte le colpe su colui che fino a cinque mesi difendevano strenuamente (oltre ogni dignità intellettiva e morale) e questo solo perché è morto. Ma, al di là di tale ignobile e farsesco atteggiamento, rimane il fatto che Leone è papa: quindi, non solo ha il potere di non fare il male, ma ha il dovere di non avallare il male. Anzi, ha il dovere di insegnare e ordinare il bene. Se esegue o permette il male, ne è complice, come qualsiasi altro essere umano. Solo che lui è Pietro.
Altri continuano a dire (e temo che lo faranno per anni e anni): “Diamogli tempo”. Diamogli tutto il tempo che volete: resta il fatto che ha permesso che tutto ciò accadesse. E lo ha permesso proprio nel tempo che voi gli date.
La vera causa di questa follia
La risposta a questa immensa e indefinibile tragedia sta invece nella vittoria, certamente momentanea eppure concreta, della Rivoluzione anticristica e antiumana all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. Questa vittoria è sempre più evidente, e dimostra che la Chiesa cattolica è sotto occupazione nemica. Poi, Dio solo conosce veramente le anime di ogni singolo ecclesiastico e sarà Lui a impartire il giudizio eterno individuale. Ma negare l’evidenza dei fatti oggettivi e visibili e intellegibili a ognuno vuol dire mettere il servo prima del Padrone. Vuol dire essere menzogneri.
Poi si può discutere in che termini Leone sia veramente libero o condizionato dai malvagi di cui è attorniato. Chi scrive, che ha una certa età, ricorda le infinite discussioni su questo aspetto fin dai tempi di Giovanni Paolo II che baciava il Corano, chiedeva a san Giovanni Battista di “benedire l’Islam” o faceva l’incontro ecumenico di Assisi; e Benedetto XVI che andava in sinagoga e in moschea a “pregare” (si dava sempre la colpa ai collaboratori papali). Discussioni inutili: la morale cattolica insegna che si deve essere pronti a morire, piuttosto che peccare. Figuriamoci rinnegare la Verità o avallare la bestemmia o l’idolatria. Figuriamoci poi se si parla di vescovi o cardinali: i vestiti rossi di questi ultimi simboleggiano proprio la predisposizione al martirio per la Verità. Figuriamoci se parliamo di un papa.
L’ecumenismo è la chiave di volta della penetrazione delle forze infere nella Chiesa, sotto la veste del “dialogo” e della “pace”. È la versione ecclesiastica dell’ecologismo laico, oggi non per niente fatto proprio anche da questi preti. Risultato, è l’accettazione del genderismo come nuova frontiera per l’attuazione del progetto del post-umano globalista, cui questa gerarchia si è piegata.
Ecumenismo, ecologismo e genderismo sono la “anti-trinità” infernale di questo mondo globalista. Una divinità infera che ha i suoi simboli: Pachamama, la “croce” arcobaleno e i suoi “sacerdoti”. Purtroppo, interni alle gerarchie della Chiesa cattolica.
Il valore ineliminabile del passato e il suo eterno insegnamento
Le discussioni senza fine a questi riguardi certamente non servono al Bene, perché “contra factum non valet argomentum”. E certe decisioni che oggi vengono prese vanno giudicate in base alla realtà odierna dei fatti, non in un astratto che non esiste.
Ogni giudizio su di un fatto, di qualsiasi natura, deve basarsi sulle circostanze concrete della realtà del presente in cui avviene. Ve li immaginate i papi, i santi, i dottori e i padri dei secoli passati dinanzi a situazioni come queste? Ne avete una minima onesta consapevolezza? Onesta, soprattutto. Come avrebbero giudicato, tutto quanto accade dal Concilio Vaticano II in poi, Pio XII, Innocenzo III, Gregorio Magno? E san Pio X? Vogliamo parlarne? O santa Caterina da Siena? O san Tommaso d’Aquino? O san Giovanni Bosco? O chiunque altro? E Pietro che, per molto meno, fece schiantare al suolo Simon Mago e annichilì Anania e Saffira?
Vogliamo parlare di Padre Pio? Ecco cosa disse testualmente profetizzando i nostri giorni: «Ricordati… quando verranno quei tempi: i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, Santo Rosario, Sacramenti, catechismo, i santi e fate tutto nella fede dei nostri padri, nella fede dei nostri padri!… nella fede dei nostri padri!… e non ascoltate più nessuno».
Fate tutto nella fede dei nostri padri (ripetuto tre volte) e non ascoltate più nessuno. Più nessuno! E sì! Ha detto proprio “più nessuno”. Perché? Perché amava il Padrone più del servo infedele.
Cosa avrebbero detto tutti i santi, papi, padri e dottori della Chiesa della “croce” arcobaleno in San Pietro o di quella donna messa a presiedere le belle arti della Chiesa cattolica? O magari del prete Martin a pontificare sulla sodomia con il sorriso del pontefice?
Forse avrebbero detto la cosa più ovvia di tutte. Avrebbero riportato le parole eterne di san Paolo Apostolo (Gl, 1,6): «Se anche un angelo vi annunciasse un Vangelo diverso da quello che vi è stato dato, sia anatema».
O magari le parole di san Pietro riportate negli Atti (5,27): «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Pietro e Paolo, principi della Chiesa.
Su queste due colonne della dommatica e della dottrina della Rivelazione e della Chiesa cattolica si schiantano tutte le chiacchiere servilistiche dei moderati e dei conservatori ululanti allo scandalo di chi non obbedisce agli apostati.
Il discorso dell’obbedienza non si risolve con il diritto canonico in mano. Occorre altro. Anzitutto, la consapevolezza piena, corretta, profonda e onesta della realtà della Chiesa presente. Perché nessun giudizio può essere retto se si è privi o deficitari della conoscenza puntuale dei fatti. Molti credono di averla, basandosi su ragionamenti astratti e su tre, quattro notizie di merito (magari solo attuali). Ma non funziona così. È questione talmente immensa che pochi, molto pochi, ne hanno consapevolezza reale e sufficiente. Sono coloro che hanno passato la vita a informarsi e lo hanno fatto con retta coscienza, portando la croce di un dolore costante nella propria anima, per anni, decenni, mentre altri non ci pensavano proprio e oggi pontificano da auto-eletti teologi conciliari.
La conoscenza puntuale dei fatti – non ci riferiamo ora ovviamente solo a questi pochissimi recentissimi esempi, ma a tutto quanto avvenuto nella Chiesa negli ultimi sessant’anni, ovvero a una mole immensa e inconcepibile di eresie dottrinali e di tradimenti e obbrobri morali, liturgici e spirituali, avvenuti quotidianamente a livello mondiale – richiede studio, letture di testi appropriati e scientifici, fortezza di spirito, pazienza, lucidità, equilibrio e coraggio psicologico, oltre che una vita spirituale almeno sufficientemente valida per essere capaci di ricevere e mettere a frutto le illuminazioni dello Spirito Santo.
Personalmente riteniamo, in base a un’esperienza ultratrentennale ma, soprattutto, in base all’evidenza fattuale, che la frequentazione costante della santa messa in rito romano antico ne sia condizione previa indispensabile, senza la quale si ulula alla luna e si rimane in balia dei venti soffiati dai furbastri o dagli ingenui.
La speranza che non deve mancare mai
Ma tutto questo non significa che la Chiesa sia “morta” o che sia sconfitta o che sia venuta meno la gerarchia. Questi giorni sono stati profetizzati, fin dal Vangelo e da san Paolo, e poi varie altre volte, specie nel XIX secolo (Salette, Taigi, Emmerich…). Ora noi li vediamo nel concreto, viviamo la realizzazione di quelle profezie, specie da sessant’anni a questa parte, con un crescendo esponenziale senza apparente fine.
Ma la Chiesa cattolica è sempre viva, perché non è un “ospedale da campo” o una Ong o un qualsiasi altro prodotto umano. Così come Maria Santissima non è “la ragazza della porta accanto”, piacevole richiamo atto a bestemmiare la Madre di Dio.
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, fatto a Sua immagine, di natura divina e natura umana. La natura umana della Chiesa è corrotta, corrottissima, ma non tutta corrotta. Quella divina è immacolata e pura.
In questa natura divina la Chiesa trova la sua vittoria. Come appunto profetizzato.
Desideriamo quindi concludere con un fatto che dona speranza. È l’intervista lasciata dal vescovo Athanasius Schneider riguardo il cosiddetto “giubileo”. Ha usato parole chiarissime e dure per denunciare, senza remore fuori luogo, il male presente (infatti, non abbiamo visto i conservatori, anche suoi “amici”, dare risalto al questa importantissima intervista). Dandoci appunto speranza: la Chiesa continua a vivere nei vescovi, nei sacerdoti e nel popolo fedele che, contrariamente a quanto si crede, si accresce sempre più. Segno evidente che lo Spirito Santo non ha abbandonato la sua Chiesa. Ma questa crescita avviene in totale e assoluta antitesi con quella parte di clero e laici venduta alla rivoluzione anticristiana e antiumana o succube di essa. Questo è un fatto che occorre accettare per quello che è. E qui cascano tutti gli asini.
Ma la Chiesa cattolica, che certamente è una sola, è più forte del male e dei suoi manutengoli. Come la Verità.
Ormai, siamo due popoli in guerra in una sola unica Chiesa: quelli della “croce” arcobaleno e di Pachamama (usiamo queste metafore in senso universale e lato, comprendente ogni errore rivoluzionario) e quelli della vera Croce, “spes unica”. In mezzo, i manutengoli, ovvero coloro che stanno di principio con il secondo popolo, ma sorreggono il primo. Come sempre nella vita e nella storia. Gli storici conoscono bene il richiamo alla “palude” e sanno la fine che spetta alla palude.
Gli uomini di buona volontà e di Verità si schierano, nell’unica Chiesa, con il popolo della Santa Croce, via unica alla salvezza sulla scia di Maria Santissima. Come ha insegnato Padre Pio, restiamo nella fede dei nostri padri, e non ascoltiamo più nessuno – chiunque sia e qualsiasi ruolo abbia – nelle eresie e menzogne o nei mali spirituali, liturgici e morali, che insegna o pratica o permette.
L’obbedienza è legittima, e quindi è virtù da praticare, solo se non è in contrasto evidente con la Verità e con il Bene oggettivi. In un concetto, è subordinata a Dio, al quale occorre obbedire prima che agli uomini. Perché ciò che legittima l’obbedienza facendone virtù (e non tradimento) non è la gerarchia umana in sé, ma è la sua conformità alla volontà e alla legge divina.
Ma sulla questione della legittima obbedienza occorrerà tornare nello specifico per chiarire la questione non sentimentalmente, ma nei precisi termini teologici e canonici.
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