Card. Blase Cupich e Mons. Nicola Bux
Di Sabino Paciolla, 19 novembre 2025
Il 18 novembre 2025, don Nicola Bux (teologo e già consulente liturgico di Benedetto XVI e di papa Francesco) ha reso pubblica una lettera aperta al cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, in risposta alle sue recenti critiche alla Messa tradizionale latina. La lettera è stata pubblicata il 18 novembre da Edward Pentin.
Bux contesta duramente l’interpretazione data da Cupich all’esortazione apostolica Dilexit te di Leone XIV: il porporato americano aveva infatti definito la Messa tridentina uno «spettacolo» di derivazione cortigiana, contrapponendola alla sua idea di liturgia come semplice «assemblea fraterna» da aprire soprattutto ai poveri.
Il sacerdote italiano difende invece con decisione l’usus antiquior (la forma straordinaria del rito romano) come espressione autentica e irrinunciabile dell’identità cattolica, confutando punto per punto le affermazioni di Cupich e ribadendo la piena validità teologica, spirituale e storica della Messa latina tradizionale.
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A Sua Eminenza il Cardinale Blase Cupich
Vostra Eminenza Reverendissima,
«Penso infatti che Dio ci abbia esposti, noi apostoli, come ultimi, come condannati a morte, perché siamo diventati uno spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini» (1 Cor 4,9). Questa affermazione dell’Apostolo descrive l’identità del cristianesimo, sia come proclamazione del Vangelo che come culto pubblico della Chiesa. Concentrandosi su quest’ultimo aspetto, si può giustamente affermare che la liturgia è lo spettacolo offerto al mondo da coloro che adorano Cristo, l’unico Signore del cosmo e della storia, al quale appartengono e non al mondo. Ciò è richiamato dall’espressione «servizio liturgico», che è davvero appropriata – a differenza del termine «animazione», ora in voga – come se il culto non fosse già animato da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo.
Dopo le persecuzioni, ciò divenne evidente, perché i cristiani non bruciavano incenso all’imperatore romano, ma a Gesù, il Figlio di Dio. La liturgia cattolica ha quindi caratteristiche regali e imperiali – ce lo insegnano le liturgie orientali – perché il culto di Dio si oppone a qualsiasi culto dei governanti mondani del momento.
Non è vero che il Concilio Vaticano II desiderasse una liturgia povera, poiché chiede che «i riti risplendano di nobile semplicità» (Costituzione sulla liturgia, 34), perché devono parlare della maestà di Dio, che è la nobile bellezza stessa, e non delle banalità mondane. La Chiesa lo ha capito fin dall’inizio, sia in Oriente che in Occidente. Anche San Francesco prescriveva che nell’adorazione fossero usati i lini e i vasi più preziosi.
Che cos’è allora la «partecipazione» dei fedeli, se non essere parte e prendere parte allo «spettacolo» di una fede che afferma Dio e quindi sfida il mondo e i suoi spettacoli profani – che sono davvero spettacolari: pensiamo alle mega-conferenze e ai concerti rock. La liturgia esprime il Sacro, cioè la Presenza di Dio; non è uno spettacolo teatrale. La partecipazione auspicata dall’ultimo Concilio deve essere piena, consapevole, attiva e fruttuosa (ibid. 11 e 14) – cioè una «mistagogia», un ingresso nel Mistero che avviene per preces et ritus [attraverso preghiere e riti], che, come ci ricorda San Tommaso, deve elevarci il più possibile alla verità e alla bellezza divine (quantum potes tantum aude); o, nelle parole dell’allora padre Robert F. Prevost: «La nostra missione è quella di introdurre le persone alla natura del mistero come antidoto allo spettacolo. Di conseguenza, l’evangelizzazione nel mondo moderno deve trovare mezzi adeguati per riorientare l’attenzione del pubblico, spostandola dallo spettacolo al mistero» (11 maggio 2012). L’usus antiquior del rito romano svolge questa funzione; altrimenti non avrebbe potuto resistere alla secolarizzazione del Sacro che è entrata nella liturgia romana, al punto da far credere alla gente che fosse stata voluta dal Concilio stesso. Questa è l’identità e la missione della Chiesa.
Infine, Eminenza, la invito a considerare che la liturgia, fin dai tempi antichi, era solenne per convertire molti alla fede, e per questo deve avere anche un valore apologetico e non imitare le mode del mondo, come ci ricorda san Cipriano (applausi, danze, ecc.), fino alle «deformazioni al limite del sopportabile» che sono entrate nel novus ordo, come ha osservato Benedetto XVI. Questa è l’autenticità della «sacra liturgia»; questa è l’ars celebrandi, come dimostra l’offertorio della Messa, che viene celebrato per le necessità del culto e per i poveri.
Pertanto, Eminenza, le chiedo di impegnarsi in un dialogo sinodale per il bene dell’unità ecclesiale!
Nel Signore Gesù,
Padre Nicola Bux

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